Dal governo

Riparte il Piano cronicità, ma ora va aggiornato e servono risorse ad hoc

di Marzio Bartoloni (da Il Sole 24 Ore)

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È stato approvato nel 2016 dall’Italia che ha fatto da battistrada in Europa, ma poi è stato recepito con forti ritardi dalle Regioni che hanno avuto difficoltà a “scaricarlo a terra” anche perché manca di risorse ad hoc. È il destino degli ultimi 5 anni del Piano nazionale sulla cronocità varato con tutti gli onori il 15 settembre 2016 dalla Stato Regioni, ma finora rimasto in gran parte incompiuto e soprattutto “invecchiato” dopo due anni di emergenza Covid che con il rinvio di cure e visite di controllo ha allargato ancora di più il buco nero delle malattie croniche che secondo l’Istat interessano 147 persone per mille abitanti e rappresentano la principale causa di morte in quasi tutto il mondo, mentre in Europa si stima una spesa sanitaria intorno ai 700 miliardi di euro l’anno.
Ora arriva una possibile occasione per rilanciare il Piano sulla cronicità: nei giorni scorsi il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato un decreto che prevede la ricostituzione della Cabina di regìa nella quale siederanno rappresentanti del ministero - tra gli altri Andrea Urbani, dg programmazione e Giovanni Rezza, dg Prevenzione - delle Regioni, delle società scientifiche e degli Ordini professionali oltre che delle associazioni dei pazienti. Un organismo che dovrà monitorare applicazione ed efficacia del piano definendo anche tempistiche per raggiungere gli obiettivi e proporre, se necessario, un aggiornamento del Piano.
«È un piano importante che si occupa di una priorità che dopo il Covid è ancora più cruciale e che traccia in modo uniforme il modello di presa in carico dei pazienti con malattie croniche», avverte Tonino Aceti presidente dell’associazione Salutequità e tra gli esperti che lavorarono alla stesura di quel piano varato oltre 5 anni fa. Il primo adempimento formale era il recepimento del piano a livello regionale, cosa che è avvenuta - come ha registrato nel suo report Salutequità - con forti ritardi (si veda la tabella in fondo) e poi si doveva provvedere alla «stratificazione della popolazione in base alle malattie croniche per pianificare programmi e servizi, ma tranne alcune Regioni - avverte Aceti - la grande maggioranza non l’ha ancora fatto».
Ora con la Cabina di regìa ricostituita per il presidente di Salutequità «bisogna ripartire con il monitoraggio dell’attuazione del piano in modo da stimolare gli interventi nelle Regioni più in ritardo, ma anche valutare la necessità di aggiornare il Piano» che si compone di due grandi blocchi: il primo è il modello di presa in carico del cronico il secondo è un focus su 10 condizioni patologiche. «Questo elenco era solo parziale e sapevamo dall’inizio che andava aggiornato con altre patologie come la Sla o la psoriasi, ma questo finora non è avvenuto e invece adesso è fondamentale anche perché c’è stato il Covid e molte novità organizzative come l’infermiere di famiglia o le Usca». E infine c’è il nodo delle risorse ad hoc: ci si provò all’inizio e più recentemente anche nell’ultima legge di bilancio. «Inutile invocare i fondi del Pnrr che servono ad altro, serve un finanziamento specifico conclude Aceti - che può essere di 100 milioni l’anno e poi serve una relazione annuale al Parlamento sulla presa in carico delle cronicità con l’attuazione del Piano che deve diventare uno degli indicatori di valutazione delle performance delle Regioni».


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