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Aceti: nel riparto del Fondo sanitario nazionale inaccettabile che l'equità pesi appena lo 0,5%

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

“L’equità nel nuovo riparto del Fondo sanitario nazionale pesa appena per lo 0,5% e questo non è accettabile: è la dimostrazione che di disuguaglianze in sanità si parla molto ma si agisce ancora troppo poco”. Così Tonino Aceti, presidente di SalutEquità, commenta la bozza Mef-Salute di riparto del Fondo sanitario nazionale che tiene conto delle istanze, portate avanti da anni dalle Regioni del Sud e rilanciate in particolare dalla Campania, rispetto alla pesatura di elementi “altri” oltre alla mera popolazione.

Le carature nel documento sono decisamente diversificate. Il fabbisogno “standard” secondo il testo è ripartito secondo i quattro criteri di: popolazione residente, “frequenza dei consumi sanitari per età”, tassi di mortalità degli under 75 e “indicatori relativi a particolari situazioni territoriali ritenuti utili al fine di definire i bisogni sanitari delle Regioni”. Questi ultimi, in particolare, si sostanziano in “incidenza della povertà relativa individuale”, livello di bassa scolarizzazione e tasso di disoccupazione.

Uno “sforzo” di introduzione di parametri di deprivazione, richiesto dalle norme nel corso degli anni, che però sul fronte equità sarebbe ancora del tutto insufficiente. Il 99% delle risorse da ripartire, infatti, secondo la ‘bozza’ è distribuito sulla base della popolazione e della frequenza dei consumi per età, mentre uno 0,5% è assegnato in base al tasso di mortalità della popolazione al di sotto dei 75 anni e il residuale 0,5% in base al dato complessivo che risulta dagli indicatori che “definiscono particolari situazioni territoriali”.“Nel complesso queste timide novità rappresentano un passo avanti – commenta Aceti – ma la prova del nove del fatto che l’equità non è tenuta ancora in debito conto è che questa residualità la si ritrova anche nel sistema di garanzia dei Lea, dove la stessa voce equità è inserita tra gli indicatori di performance ‘no core’ e quindi non concorre all’assegnazione del punteggio Lea alle Regioni”.

Eppure due precedenti avevano lasciato ben sperare: il decreto di riparto del Fondo da 60 milioni da ripartire tra le Regioni e ideato per ‘alleggerire’ il superticket (poi definitivamente abolito dal ministro Speranza) – che all’epoca inserì la deprivazione sociale tra gli indicatori, raddoppiando nella versione definitiva le quote di accesso al “fondino” delle Regioni deprivate - e la più recente previsione del Pnrr, secondo cui almeno il 40% delle risorse destinate alla Sanità devono essere assegnate alle Regioni del Sud. Oggi questa bozza di riparto dà un segnale decisamente più timido.

Infine, come ultima notazione: la “frequenza dei consumi per età” è un indicatore potenzialmente utile ma, sottolinea ancora Aceti, questo criterio ha senso soltanto in presenza di un’attività concreta di stratificazione della popolazione che individui l’identikit di chi ‘consuma’. La stratificazione della popolazione la prevedeva già il Piano nazionale cronicità e ora la ritroviamo come premessa all’attuazione del Dm 77 di riordino delle cure sul territorio: “L’importante è va implementarla davvero nelle Regioni, lasciandosi alle spalle il criterio non certo significativo dei consumi storici”, afferma Aceti.


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