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Elezioni/ Nei programmi pensioni in primo piano: tutte le proposte in campo, le promesse e le speranze

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Nel turbinio delle varie proposte elettoralistiche di tutti i partiti, la parte del leone la fanno le pensioni, dopo che lo scioglimento delle Camere ha interrotto il dossier previdenza inaugurato da Draghi.
In Italia nel 2022 i pensionati sono quasi 18 milioni. Infatti le pensioni vigenti al 1° gennaio 2022, e liquidate dall’Istituto nel 2021, sono 17.749.278 di cui 13.766.604, ovvero il 77,6 %, di natura previdenziale ( vecchiaia, invalidità e superstiti ) e 3.982.674, ovvero il 22,4 %, di natura assistenziale ( invalidità civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali), con una spesa annua di 218 miliardi ! Una platea di interessi e di interessati assolutamente prioritaria, per la sua vastità, nei programmi di tutti i partiti.
E allora avanti con le promesse, gli obiettivi, le speranze.
Per le promesse Forza Italia, e soprattutto il suo leader, è stata la più pronta. Con lo slogan di portare ad almeno mille euro mensili le pensioni di coloro che le avessero di importo inferiore ha accentrato l’interesse di molti. E se è pur vero che l’importo mensile della pensione di vecchiaia in Italia è in media di 1.285,44 euro, con un valore più elevato nel Settentrione, ovvero pari a 1.379,92 euro, analizzando la distribuzione per classi d’ importo mensile, si osserva una forte concentrazione nelle classi più basse. Questa percentuale, che per le donne raggiunge addirittura il 71,1 %, in sostanza indica che il 58,4 % delle pensioni ha un importo inferiore a 750 euro.
Ben venga, allora, l’aumento a 1.000 euro anche se il costo prevedibile raggiunge, e per alcuni analisti supera, i 18 miliardi. Alcuni prevedono addirittura 30 miliardi e solamente per le mamme, specifico obiettivo della proposta, 10 miliardi !
La proposta appare simile a quella lanciata anche da Fratelli d’Italia. Proposta da finanziare abolendo il reddito di cittadinanza, costato, però, 9 miliardi nel 2021.
Ma dove il confronto si fa più agguerrito è sulle modifiche alla legge Fornero, che, se rimanesse inalterata, porterebbe, dal 1° gennaio 2023, i limiti d’uscita dal lavoro per vecchiaia a 67 anni, ovvero, per l’ anticipata, con 42 anni e dieci mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Sull’attacco alla Fornero, ormai da alcuni anni, il partito più impegnato è stato la Lega. Salvini ribadisce lo slogan “ cancelleremo la legge Fornero ” con la “ Quota 41 ”. Cioè la possibilità di uscire con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età. Abbastanza improvvidamente. Infatti, secondo l’Inps, ma la Lega non concorda, la misura costerebbe in tre anni , 18 miliardi, più di 4 miliardi nel primo anno di “ attivazione ” fino ad oltre 9 miliardi nel decimo anno. Resta poi irrisolto il problema di quando potranno uscire coloro che non raggiungessero la quota prevista di 41, avendo avuto un ingresso nel mondo del lavoro ritardato. Forse solamente a 67 anni come prevede appunto la legge Fornero.
Nel centrosinistra ancora non ci si è espressi chiaramente, ma il Pd punta a confermare e rafforzare Ape sociale e Opzione donna.
Il ministro del Lavoro Andrea Orlando aveva già annunciato l’intenzione di rinnovare “Opzione donna” e “Ape sociale”, anche perché hanno ottenuto buoni risultati, ampliando e rendendo più strutturale la platea degli interessati.
Proprio su Ape sociale ( un’indennità garantita dallo Stato a lavoratori in stato di difficoltà, che chiedono di andare in pensione al compimento dei 63 anni ) e Opzione donna ( la possibilità per le lavoratrici di conseguire la pensione anticipata optando per il calcolo contributivo ) punta il Pd.
Sul fronte di una riforma del sistema le ipotesi in campo sono diverse.
Nel M5S trova strada la proposta di andare in pensione a 63 anni col contributivo, a cui si aggiunge la parte retributiva a 67 anni. Possibilità avanzata già dal Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che aveva ipotizzato la possibilità, appunto, di una pensione anticipata a 63-64 anni con la sola quota del contributivo alla quale si aggiungerebbe poi l’ulteriore quota a partire dai 67.
Una soluzione che costerebbe circa 2 miliardi e mezzo in più per i primi anni ma con risparmi a medio termine. Il presidente dell’Inps e il M5S, inoltre, proporrebbero di estendere il riscatto gratis della laurea ( che potrebbe costare 4-5 miliardi l’anno ), già attivo in diversi Paesi.
Dall’analisi sulle pensioni 2022 emersa dall’osservatorio INPS, il 48,4 % è in carico alle pensioni erogate dalle gestioni dei dipendenti privati.
Quello di maggior rilievo è il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti che gestisce il 58,7 % degli importi in pagamento.
Invece, le gestioni dei lavoratori autonomi erogano il 28,2 % delle pensioni per un importo in pagamento pari al 24,3 % del totale. Le gestioni assistenziali poi, erogano il 22,4 % delle prestazioni, con un importo in pagamento pari al 10,6 % del totale. Da questi dati appare importante portare avanti la differenziazione fra quota pensionistica e quota assistenziale. Obiettivo sempre richiesto da tanti ma mai volutamente attuato.
Vedremo cosa potrà fare il nuovo Governo sfruttando, verosimilmente, la legge di Bilancio per il prossimo anno.


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