Dal governo

Incarichi, orari e buste paga: ecco l'Atto di indirizzo per il rinnovo del contratto 2019-2021 dell’Area della Sanità

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Proprio nello stesso giorno 6 ottobre in cui il Consiglio dei ministri rilasciava il parere favorevole per l’invio alla Corte dei Conti del CCNL del comparto, il Comitato di Settore ha diramato l’Atto di indirizzo per il rinnovo del contratto 2019-2021 dell’Area della Sanità. Si tratta del contratto scaduto da ormai quasi due anni e riguarda 134.636 dirigenti (120.063 medici e 14.573 sanitari). Il contratto precedente, attualmente in regime di proroga, risale al 19 dicembre 2019. Il documento di cui parliamo è informale e, per così dire, esplorativo, perché attende un via libera da parte del Consiglio dei ministri, passaggio in realtà non prescritto dall’art. 47, comma 4, del d.lgs. 165/2001 ma che, per prassi consolidata, viene effettuato prima di ufficializzare l’Atto di indirizzo con l’invio formale all’ARAN per l’apertura delle trattative. Viene così ad essere confermato quello che avevo osservato mesi fa citando il DEF 2021 (nella Sezione II - Analisi e tendenze della finanza pubblica, si legge chiaramente a pag. 28) e cioè che i rinnovi per tutte le Aree dirigenziali avverranno nel 2023. Si ricorda, a tale proposito, che resta ancora privo di notizie l’Atto di indirizzo per la dirigenza professionale, tecnica e amministrativa che dovrà preliminarmente risolvere la questione dei dirigenti sociologi alla luce dell’art. 34, comma 9-ter, della legge n. 106 del luglio 2021 che ha istituito il ruolo sociosanitario all’interno del quale troviamo il Sociologo, unitamente all’Educatore professionale, all’Assistente sociale e all’Operatore sociosanitario.

Il sociologo, non appartenendo più al ruolo tecnico, non potrà essere ricompreso nella sezione dell’Area delle Funzioni locali dedicata alla dirigenza PTA ma anche in quella della dirigenza sanitaria sembra estraneo: un bel rebus che, a parere di chi scrive, avrebbe dovuto risolvere il CCNQ del 10 agosto scorso sulla composizione delle Aree di contrattazione laddove, invece, i commi 3 e 5 dell’art. 2 non affrontano nemmeno la questione. Gli indirizzi formulati dalle Regioni sono, come sempre, un mix di prescrizioni generiche e indistinte con alcuni punti tuttavia – almeno tre – di sicuro impatto concreto per il negoziato. Vediamo in dettaglio, iniziando con la segnalazione che il quadro finanziario di riferimento è identico a quello del comparto, come si evince dalle Tavole 1 e 2; per la dirigenza sanitaria ovviamente non viene previsto lo 0,55% del monte salari che era destinato alla revisione dell’ordinamento professionale, tematica relativa al solo comparto.

Nel paragrafo 1 – Premessa viene confermata la cornice negoziale della Direttiva-madre dell’aprile 2021 che, tuttavia, è estremamente generica. Si afferma che l’Atto ha recepito gli obiettivi contenuti nel Patto per il lavoro pubblico del 10.3.2021 e ciò è vero soltanto con riferimento al superamento, parziale, della tagliola dell’art. 23, comma 2 del d.lgs. 75/2017 ma, riguardo agli altri due punti nodali, il primo non interessa le aree dirigenziali (revisione dell’ordinamento professionale) e del secondo non c’e nessuna traccia né nell’Atto di indirizzo né in tutta la legislazione intervenuta nell’ultimo anno. Sto parlando della defiscalizzazione dell’accessorio che, naturalmente, non poteva essere trattata in sede negoziale ma poteva, e doveva, costituire un prodromo per l’apertura delle trattative perché credo si possa affermare che la realizzazione di quell’impegno del Governo avrebbe di per sé rappresentato un vero e proprio rinnovo contrattuale.

Il paragrafo 2 tratta le Linee di contesto generale che affrontano tematiche ben conosciute senza proporre soluzioni e quanto precisato nell’ultimo capoverso più che un indirizzo, sembra un rimprovero: era un’altra la sede per verificare – e intervenire – riguardo alla circostanza, sicura e diffusa, della mancata applicazione del precedente sistema degli incarichi.

II paragrafo 3 – Quadro finanziario, ricalca lo schema del comparto e prevede anch’esso a regime aumenti pari al 3,78% del monte salari 2018 cui si aggiunge, come detto, un ulteriore 0,22% per il superamento del blocco del salario accessorio. Dopo la citazione integrale del comma 604 – francamente inutile, visto che è conosciutissimo – si entra nel vivo della finalizzazione delle risorse assegnate. Le tre indicazioni riguardano la specifica indennità per i medici che lavorano al Pronto soccorso (importo indistinto di 27 ml di €), le risorse che le leggi di Bilancio 2018 e 2019 hanno stanziato per il recupero della RIA (a regime nel 2022 per 43 ml di € + ulteriori 28) e, infine, quelle relative ai compensi che l’INAIL deve assegnare alle Regioni per i certificati di infortunio. Se sulla prima tematica non c’è molto da dire se non che verosimilmente le parti negoziali troveranno (quasi) le stesse difficoltà che hanno suggerito al tavolo del comparto di prevedere una “anticipazione”, rispetto alla seconda questione rilevo almeno due punti contraddittori: la decorrenza “a partire dall’annualità successiva alla sottoscrizione del contratto”, cioè dal 2024 e l’esclusione dei dirigenti delle professioni dalle risorse di cui al comma 435. In relazione alla terza finalizzazione, si segnala innanzitutto la impropria citazione del comma 528 che riguarda la medicina generale, ma soprattutto non si dà alcuna indicazione in merito alla diatriba che si trascina da anni (l’inclusione o meno delle Regioni a Statuto speciale dello stanziamento) e che ha messo in stallo la ripartizione in sede di Conferenza Stato/Regioni. Senza commento la precisazione che queste risorse devono essere destinate “prioritariamente verso i servizi di pronto soccorso”: e a chi dovrebbe andare visto che i certificati sono rilasciati soltanto da loto ?

Nel paragrafo 4 – Linee principali di intervento, si inizia nella lettera a) con il sistema degli incarichi. I riferimenti al decreto 165/2001 sono piuttosto pericolosi perché i contenuti dell’art. 19 del 165 potrebbero costituire una dirompente variabile in un sistema degli incarichi consolidato da decenni. Dei tre punti suggeriti, il primo è molto generico e privo di concretezza, il secondo è al contrario estremamente preciso perché indica con chiarezza che l’importo della minima contrattuale deve essere aumentato rispetto agli attuali 1.500 € annui. La terza, poi, parla di una generale “armonizzazione” dei valori massimi degli incarichi ma poiché il riferimento comprende anche la maggiorazione per i capi dipartimento, non è dato comprendere come possa avvenire “con esclusione, comunque, di maggiori oneri a carico dei bilanci degli enti del S.s.n.”. La successiva lettera b) tratta dei Fondi contrattuali che si confermano in tre (posizione, risultato, condizioni di lavoro). Di rilievo è il richiamo all’obbligo di spendere tutto e di disciplinare attentamente la gestione dei residui che è sempre stata una pietra tombale della contrattazione integrativa aziendale. Viene considerata una “priorità assoluta” quella di valorizzare le condizioni di lavoro e, in particolare, quelle dell’emergenza/urgenza e le sedi disagiate. In proposito si forniscono sei specifiche indicazioni: la prima è una ripetizione priva di contenuto concreto, le successive tre ribadiscono li finalizzazioni già dette (Pronto soccorso, RIA, certificazioni INAIL), la quinta consente di aumentare il valore delle indennità del Fondo 3 ma nel limite della sua capienza (quindi senza incrementi “freschi”), la sesta indica alle parti negoziali di finalizzare il fondo di perequazione della libera professione “privilegiando” i medici del Pronto soccorso.

L’orario di lavoro è oggetto della lettera c) e sembra che il Comitato di settore sia interessato soltanto a non sconvolgere lo status quo dell’orario di lavoro dei primari, problematica aperta da più di quindici anni e mai definita in modo trasparente e “comprensibile” a tutti. Nel secondo capoverso di questa lettera c) è presente una indicazione che lascia sbalorditi perché si presume che il continuo e massiccio abbandono del S.s.n. sia dovuto alla mancata armonizzazione tra esigenze di vita e di lavoro e si auspica un aumento del part time. O si fa finta di non capire quale è il problema o non lo si vuole risolvere. Tra l’altro l’indicazione proviene dai soggetti che un anno fa per superare la carenza di medici hanno proposto al Governo la soluzione di farli lavorare di più. Interessante è quanto prescritto nella lettera d) sulle Prestazioni aggiuntive. Premesso che sono sconosciute “le norme di legge che regolano la materia”, sembra che questo istituto contrattuale venga contingentato perché per ben tre volte si ricorda l’invarianza finanziaria complessiva. Ma la vera novità è quella dell’ultimo capoverso, laddove si ipotizza di coinvolgere gli extramoenisti nelle prestazioni aggiuntive per garantire le guardie notturne. In disparte da questioni ideologiche, per prevedere come potrebbe essere l’accoglienza sul campo di questa estensione ci si dovrebbe solo chiedere perché un dirigente a rapporto non esclusivo ha scelto quella tipologia di rapporto. La conclusiva lettera e) tratta di una non meglio precisata uniformità dell’indennità di esclusività. Forse ci si riferisce al comma 407 della legge 178/2020 (legge di bilancio 2021) che ha incrementato l’indennità di cui si parla del 27% ma differenziando i destinatari in modo irragionevole per incarico e anzianità, cioè per variabili che non hanno nulla a che fare con l’emergenza; tanto per capirci questi sono stati gli aumenti nelle buste paga di gennaio 2021:

direttore di SC = 4.987 annui

sopra i 15 anni = 3.634

sopra i 5 anni = 1.561

fino a 5 anni = 461

Cioè, per intenderci, un medico sotto i cinque anni di anzianità ha avuto un beneficio di 35 € lordi (!!!) al mese: e il colmo è che nella relazione illustrativa alla norma si parlava dell’”obiettivo di rendere più attrattivo il SSN per i giovani specialisti”. Questo obiettivo, se due anni e mezzo fa era importante, oggi è addirittura drammatico e si continua a non fare nulla di mirato e concreto.

Sul contenuto del paragrafo 5 - Il sistema delle relazioni sindacali, credo si debba prendere atto che le funzioni dell’Organismo paritetico non interessano nessuno, né i sindacati né le aziende. Nel conclusivo paragrafo 6 si ricorda la sistemazione dei dipendenti assunti in tutte e otto le professioni con il solo terzo anno di specializzazione perché è evidente che non possono avere il trattamento giuridico ed economico di un professionista assunto per concorso e in possesso della specializzazione; quanto meno l’indennità di esclusività e quella di specificità medica sono da approfondire. Infine, viene citato il Dirigente ambientale, tematica assolutamente incomprensibile perché tale figura appartiene al ruolo tecnico ed è disciplinata nell’art. 72 del CCNL dell’Area delle Funzioni locali.

Nemmeno una parola viene spesa per la questione delle violenze nei confronti dei sanitari o come contrastare il ricorso ormai diffusissimo alle cooperative. Riassumendo, al netto di quanto era già stato deciso dalle leggi di bilancio, i punti di rilevanza concreta che dovrà realizzare il contratto sembrano essere:

•l’aumento della retribuzione di parte fissa;

•la finalizzazione nel fondo 2 dei residui dei fondi 1 e 3;

•la priorità dell’utilizzo del fondo di perequazione per i servizi di pronto soccorso;

•l’accesso degli extramoenisti alle prestazioni aggiuntive.

Veramente poco per tentare di salvare il S.s.n. dalla sua costante e inarrestabile criticità. A seguire, nei prossimi giorni proverò ad indicare alcuni punti che il rinnovo del CCNL dovrebbe prendere in considerazione ma se si pensa che i grandi e drammatici problemi dei medici possano essere risolti investendo il 4% del monte salari quando già oggi l’inflazione supera l’8%, allora si dovrebbe avere il coraggio civile di smantellare tutto e dire chiaramente ai cittadini che è meglio che tutti comincino a stipulare polizze assicurative.


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