Dal governo

Partenariato pubblico-privato: l'eredità di Draghi per superare carenze diffuse e benefici limitati

di Carlo Bottari* ed Ettore Jorio**

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24 Esclusivo per Sanità24

Mario Draghi ha lasciato in eredità un suo importante atto politico-istituzionale a tutela delle difficoltà registrate dalla pubblica amministrazione a mandare avanti il suo apparato e ad assicurare le rispettive erogazioni istituzionali Ciò nel senso di continuare il suo isolato impegno ad investire nelle iniziative produttive dei servizi essenziali e a gestirle. Lo ha fatto attraverso una circolare amministrativa, costituente un atto interno alla PA, rivolto quindi alle istituzioni pubbliche, ma con riflesso e grandi ricadute all’esterno, dal momento che sanciscono gli obblighi e doveri di comunicazione degli addetti in materia di partenariato pubblico-privato.
Non solo. Ribadendo il catalogo delle tipologie di ricorso al partenariato pubblico-privato e la gamma degli adempimenti dei contraenti diversificati per varietà dell’oggetto contrattuale.

Le fonti essenziali
Con la sua circolare del 19 maggio 2022, pubblicata sulla G.U. nr. 185/2022, il già Presidente del Consiglio dei Ministri Draghi ha messo in chiaro le sue esigenze: la prima nella premessa e la seconda nei paragrafi due/quattro, rinviando alla disciplina recata dalla fonte normativa europea di riferimento, la decisione Eurostat dell’11 febbraio 2004, attualizzata al 2019, ivi utilmente interpretata.
Quanto alle prima, ha inteso sollecitare l’occorrenza irrinunciabile, viste le condizioni di disagio economico e burocratico che il Paese è costretto a sopportare nella contingenza di lunga durata, di coinvolgere il privato imprenditore di livello negli investimenti che occorrono per assicurare le iniziative, immobiliari e organizzative, erogatrici di servizi pubblici fondamentali e di pubblica utilità nonché garanti dei diritti sociali, prime fra tutte le prestazioni essenziali attraverso una esigibilità esauriente dei Lea. Relativamente alla seconda di pervenire ad una disciplina, conforme e unitaria, di perfezionamento dei contratti di partenariato pubblico-privato cui pervenire attraverso finanza di progetto, concessione di costruzione e gestione, concessione di servizi, contratti di disponibilità e qualunque altra procedura co-realizzativa di opere e servizi.

Occorre una accelerazione nella pratica
A ben vedere, un atto amministrativo di istruzioni e di indirizzo inteso a facilitare la messa in campo del principio di sussidiarietà orizzontale a tutela del contenimento del debito pubblico. Il tutto, facendo tuttavia residuare la titolarità del manufatto e dell’erogazione dei servizi in mano pubblica, senza distrarre alcunché in quella privata se non la disponibilità, per un convenuto lasso di tempo, dei frutti che l’intervento genera a seguito della domanda dell’utenza. Ciò nell’ottica della recente deliberazione dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) nr. 432/2022 che alimenta l’interesse economico del privato ad intervenire più favorevolmente in siffatto genere di partnership (si veda Jorio e Petretto , del 24 ottobre).

Un pronto ricorso a rimedio delle debolezze sistemiche
Una metodologia, quella sostenuta dalla Eurostat distinta con l’acronimo PPP, che trova la massima ricezione applicativa nella sanità, solo che la si voglia tirare fuori dal guado ove è impantanata da decenni, perché riformata male nel 1992 e offesa dall’evento pandemico, con la incapacità ad affrontarlo sul terreno di “guerra”.
Due fenomeni che l’hanno spogliata di tutto, nell’incapacità di evitare le stragi di persone compiute dal Covid-19, che ha fatto strati di persone e di risorse buttate al vento in contribuzioni che non hanno prodotto alcunché di strutturale.

Le ragioni pubbliche
Al riguardo, mettendo insieme l’attenzione risalente, sul tema delle PPP, dell’Eurostat e la sollecitazione in tal senso di Mario Draghi, consapevole di dovere lasciare il premierato, è facile intuire una ratio consolidata di volere condividere tra pubblico e privato le responsabilità nella realizzazione delle opere pubbliche e, con questo, di accollare al privato imprenditore il rischio di impresa retribuendolo con la partecipazione agli utili ovvero con la loro totale attribuzione in favore dei medesimi derivanti dal perfezionamento realizzativo di progetti di utilità sociale, nella parte suscettibile di domanda onerosa a carico della collettività utilizzatrice della parte dell’opera data in concessione.

Le opzioni possibili, tante
Pertanto, alle regole di consolidata compartecipazione pubblico-privata, poste già a presidio della erogazione dei servizi e delle prestazioni essenziali di prevalente competenza pubblica attraverso il sistema accreditamento attuativo della sussidiarietà sociale di cui all’art. 118.4 della Costituzione, vengono ad aggiungersi altre opportunità contrattuali. Tra queste, una consacrata nell’art. 9 bis del vigente d.lgs. 502/92, regolatrice delle sperimentazioni gestionali, e altre di derivazione del diritto e della prassi giuridico-economica anglosassone.

Prime fra tutte quelle individuate nelle formule del project financing ovvero ricorrendo a configurazioni contrattuali del tipo build-operate, prevalentemente del tipo build–operate–transfer (Bot) e build–own–operate–transfer (Boot). Tipologie contrattuali funzionali a convenire un percorso scandito dalla consegna di un progetto, per lo più complesso perché avente ad oggetto la realizzazione di opere infrastrutturali con oneri a carico dell’imprenditore progettista, in cambio dell’anzidetta concessione dell’istituzione pubblica interessata in favore di quest’ultimo partner della gestione di settori connessi, compensativi e retributivi delle spese di investimento, di esercizio di manutenzione del manufatto programmato. E’ il caso che ha coinvolto la costruzione di grandi presidi ospedalieri e non solo, con concessione a valle in favore del partner investitore e realizzatore degli utili provenienti dall’esercizio dei parcheggi, dei servizi di recezione, di lavanderia, di pulizia e, perché no, di gestioni di servizi ausiliari.

Una siffatta modalità è divenuta tanto in uso da impegnare consistenti variazioni ai programmi di investimento pubblico nel sociosanitario, da imporre alle associazioni imprenditoriali un grande impegno a ricercare soluzioni da proporre, in modo ovviamente adattato alle esigenze dei territori, alle diverse aree del Paese per assicurare una migliore e più celere esigibilità dei Lea. Il tutto, non solo destinato al miglioramento della rete ospedaliera bensì con un occhio lasciato in direzione della novellata assistenza distrettuale.

*Università di Bologna
**Università della Calabria


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