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56° Rapporto Censis/ Il 61% degli italiani ottimista sul futuro del Ssn: migliorerà anche grazie alla lezione della pandemia. Plebiscito: la sanità è un investimento per il 93,7%. Lo scenario: un popolo spaventato dalla guerra che ricerca il benessere

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Per il 61,0% degli italiani nei prossimi anni il Servizio sanitario migliorerà anche grazie alle lezioni apprese durante la pandemia. Come? Tra le cose di cui nei prossimi cinque anni ha bisogno, il 50,9% dei cittadini indica l’aumento del numero di medici di medicina generale, il 46,7% la modernizzazione di tecnologie e attrezzature diagnostiche per accertamenti, il 45,3% l’attivazione o il potenziamento dei servizi sul territorio, come le case della salute, il 39,6% più posti letto negli ospedali, il 34,0% l’attivazione dell’assistenza domiciliare digitale (teleconsulto, teleassistenza). Questo è parte di quanto emerge dal Capitolo Welfare del 56° Rapporto Censis. Inoltre - rilevano ancora dal Centro studi investimenti sociali - per il 93,7% degli italiani la spesa pubblica per la ricerca in salute e sanità è un investimento, non un costo. Il 94,4% si attende che ricerca scientifica e innovazione migliorino l’efficacia delle cure e la qualità della vita in caso di malattie croniche, il 92,0% che si scoprano tecniche innovative per contrastare nuovi virus e batteri, il 91,1% che si riduca il rischio di ammalarsi. Il 70,1% dei cittadini è pronto a rendere disponibili i dati sulla propria salute per studi, ricerche, sperimentazioni. E l’80,2% si aspetta che lo studio dei big data dia un aiuto concreto alla creazione di terapie e farmaci personalizzati.
Identikit del paziente futuro già in formazione. La rinnovata centralità sociale della salute imposta dalla pandemia accresce la volontà dei cittadini di giocare un ruolo attivo nei processi riguardanti la propria salute. Il 66,9% degli italiani dichiara di informarsi in autonomia su web e social network su aspetti della sua salute, dai sintomi alle patologie, con valori più elevati tra le donne (70%), i giovani (77,1%) e i laureati (74,4%). La soggettività matura si esprime anche nella richiesta di farmaci, servizi, prestazioni e soluzioni terapeutiche sempre più individualizzate: è molto o abbastanza importante per il 94,3% degli italiani avere una maggiore personalizzazione delle cure, per il 92,9% che i percorsi di cura, dal domicilio al territorio, fino agli ospedali, siano modulati sulle esigenze personali del paziente. In tale quadro, il 92,1% dichiara di avere molta o abbastanza fiducia nei medici e per l’83,9% devono essere al centro della sanità del futuro. Pur nella straordinaria importanza attribuita alla sanità digitale, oltre l’80% degli italiani è convinto che il digitale non dovrà mai sostituirsi al rapporto umano con il medico.
Più sostenibili, più in salute. Il 91,1% degli italiani si dichiara pronto a cambiare il proprio stile di vita per una società più sostenibile, di cui il 41,0% è pronto ad attuare un cambio radicale delle proprie abitudini. La mobilità, settore ad alto impatto sull’inquinamento atmosferico con ricadute negative anche per la salute delle persone, è un ambito in cui opinioni e comportamenti dei cittadini stanno evolvendo verso una maggiore sostenibilità. Il 64,5% dichiara di muoversi a piedi, evitando di utilizzare l’automobile o altri veicoli, quando la distanza tra il luogo di partenza e quello di arrivo lo consente. E il 62,2% è favorevole alle domeniche in cui vige il divieto di circolazione per i mezzi più inquinanti. Nei consumi alimentari, per il 48,1% degli italiani impatto sulla salute e attenzione all’ambiente sono fattori che coesistono e orientano scelte e decisioni di acquisto.
Pochi, in difficoltà, ma con tante risorse da mettere in campo: i giovani oggi. Attualmente vi sono 7,5 milioni di 0-14enni (il 12,7% della popolazione) e 12,1 milioni di 15-34enni (il 20,5% del totale): rispetto a vent’anni fa sono diminuiti rispettivamente di 620.470 e 3,1 milioni di unità. Tra vent’anni ci sarà una riduzione ulteriore di 1,1 milioni di 0-14enni e di 1,7 milioni di 15-34enni. La crisi demografica accende una luce sulla difficile condizione attuale dei giovani. Nel 2021 in Italia il tasso di occupazione dei lavoratori 15-34enni è pari a 41,0% (media Ue: 56,5%). Il reddito medio lordo a parità di potere d’acquisto di un giovane di 18-24 anni in Italia (17.810 euro) è inferiore di 836 euro rispetto a quello di un coetaneo in Francia e di circa 6.600 euro rispetto a quello di un giovane tedesco. Ampia è la distanza anche dal reddito di un giovane in Belgio (-5.232 euro) e in Austria (-7.800 euro circa). Ma la generazione attuale di giovani è la più qualificata che ci sia mai stata nel nostro Paese: possiede la laurea il 28,3% dei 25-34enni.
L’enigmatico futuro dei pensionati italiani. Dopo essersi ritrovati nel periodo pandemico al vertice della piramide dei garantiti, il ritorno improvviso e inatteso dell’inflazione ha collocato i pensionati tra coloro che sono più esposti all’erosione del potere d’acquisto. Pensando al proprio futuro, solo il 38,7% si sente con le spalle coperte sul piano economico (nel 2019 il dato era al 68,2%). La fragilizzazione della condizione economica dei pensionati non solo rischia di mettere in crisi il «silver welfare» a supporto di figli e nipoti, ma alimenta anche la loro paura verso alcuni rischi sociali. Il 35,2% dei pensionati - sottolineano ancora dal Censis - si sente poco coperto in caso di malattia e della necessità di ricorrere a prestazioni sanitarie, il 45,4% in caso di non autosufficienza. Più di 16 milioni di pensionati attivano una spesa complessiva annua per le pensioni di oltre 312 miliardi di euro, con un importo medio di 1.500 euro circa per tredici mensilità. Ma esistono differenze significative nei redditi pensionistici che rendono alcune tipologie di pensionati più esposte ai rischi di questo momento. Al Sud le pensioni medie sono di circa il 20% inferiori a quelle del Nord e quelle delle donne sono inferiori di circa il 28% rispetto a quelle degli uomini.


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