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Dispositivi medici: l'Agenzia delle entrate restringe i limiti per la deducibilità delle spese promozionali

di Roberta Pirola e Alberto Santi

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24 Esclusivo per Sanità24

Le spese promozionali per dispositivi medici sottostanno agli stessi limiti di deducibilità fiscale previsti per i costi scaturenti da analoghe iniziative che riguardano i prodotti farmaceutici. È questa la (sorprendente) conclusione a cui è giunta l’Agenzia delle entrate in risposta ad interpello del 17 gennaio 2023, n. 39, con cui una società che sviluppa e commercializza integratori alimentari, cosmetici e dispositivi medici ha chiesto chiarimenti sull’ambito di applicazione dell’art. 2, comma 9, della legge n. 289/2002 e dell’art. 36, comma 13 della legge n. 449/1997.

La normativa di riferimento
La prima disposizione stabilisce che non sono deducibili i costi sostenuti per l’acquisto di beni o servizi destinati, anche indirettamente, a medici, veterinari o farmacisti, allo scopo di agevolare - in qualsiasi modo - la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto ad uso farmaceutico.

Si tratta di una norma che ha suscitato numerosi dubbi interpretativi, in capo alle imprese del settore farmaceutico, scaturiti essenzialmente dal tenore generico del suo dato letterale, che si limita a qualificare come non “inerenti all’attività d’impresa” i costi indicati.A distanza di alcuni anni, con la fondamentale Circolare 18 gennaio 2006, n. 3/E, l’Agenzia delle entrate ha avvalorato un’interpretazione logico-sistematica della norma, secondo la quale il legislatore ha inteso servirsi dello strumento fiscale, al fine di penalizzare l’attività sul farmaco, condotta dalle imprese in maniera non conforme alle prescrizioni poste dall’ordinamento a presidio degli interessi collettivi, quali risultanti in special modo ora dal D.Lgs. 219/2006, e sanzionata dal Testo unico delle leggi sanitarie, oltre che dal codice di deontologia medica e dalle norme di autoregolamentazione elaborate dall’associazione di categoria.

In sostanza, in modo condivisibile, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che l’art. 2, comma 9 rappresenti il deterrente - per le pregiudizievoli conseguenze di natura fiscale che fa derivare - rispetto a quelle iniziative in senso lato promozionali, che abbiano caratteristiche tali da porsi in contrasto con gli interessi protetti dalla legislazione sanitaria, e tuttavia diverse da quelle che possono configurare un illecito penale (alle quali ultime si applica il comma 8 dello stesso art. 2). Lo strumento attraverso cui detta penalizzazione viene conseguita è individuato dal legislatore in una presunzione assoluta di difetto del requisito di inerenza dei costi medesimi, rispetto all’attività d’impresa.

L’indeducibilità riguarda pertanto tutte le spese che ordinariamente sono riconducibili alla categoria di quelle di rappresentanza, sostenute per offrire a titolo gratuito beni e servizi agli operatori sanitari che superino il modico valore e, quindi, non “siano di valore trascurabile”. Per quanto riguarda i costi sostenuti per l’attività informativa svolta attraverso convegni e congressi aventi ad oggetto tematiche connesse a specialità medicinali, invece, valgono le previsioni stabilite ad hoc dall’art. 36, comma 13, della legge 448/1997, per effetto del quale la deducibilità è limitata al 20% del relativo ammontare.

La risposta dele Entrate
La società istante ha chiesto all’Agenzia se tale quadro normativo – che definisce un regime eccezionale per le spese di pubblicità dei medicinali rispetto alle ordinarie regole del TUIR - trovi applicazione anche con riferimento alle spese da essa sostenute per promuovere presso medici e farmacie la commercializzazione di integratori alimentari, cosmetici e dispositivi medici.

La risposta è negativa, per le iniziative che riguardano gli integratori ed i prodotti cosmetici, che non rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 2, comma 9, della legge 289/2002, in quanto non si tratta di prodotti assimilabili ai farmaci sul piano della tutela della salute pubblica. Fa difetto, in questo caso, il requisito oggettivo richiesto dalla norma speciale e, pertanto, le spese sostenute dall’istante per la promozione presso medici e i farmacisti sono deducibili normalmente secondo le regole generali.

Diverso il discorso, invece, per i dispositivi medici che, pur non essendo prodotti medicinali (non esplicano la propria azione, infatti, tramite meccanismi farmacologici e/o biologici, bensì con meccanismi di tipo fisico e/o meccanico), costituiscono prodotti direttamente incidenti sulla tutela della salute pubblica.

L’Agenzia delle entrate, quindi, valorizza la finalità della disciplina speciale valevole per i medicinali, che consiste nel contenere attraverso i limiti alla deducibilità dei costi sostenuti dalle aziende operanti nel settore quei comportamenti che si riflettono sui prezzi dei beni destinati alla tutela della salute pubblica e sulle quantità prescritte.

Nella risposta in commento, si rileva che anche i dispositivi medici, così come i farmaci, essendo entrambi strumentali alla cura e alla prevenzione delle malattie, costituiscono prodotti direttamente incidenti sulla tutela della salute pubblica e come tali devono sottostare allo stesso regime di rigore, a prescindere dal differente meccanismo di funzionamento sul corpo umano. Diversamente argomentando, si trascurerebbe la ratio della legge e il bene giuridico da essa protetto.

Per tal motivo, non rileva neppure la circostanza che l’azienda non sia in senso stretto “farmaceutica”, non disponendo di un codice identificativo SIS.

*Pirola Pennuto Zei & Associati
Medical & Pharma Industry


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