Dibattiti-e-Idee

A dieci anni dalla morte, pubblicate le memorie di Franca Ongaro Basaglia

di Silvia Jop (coordinatrice lavoroculturale.org)

Nel gennaio del 2005 Franca Ongaro Basaglia se ne andava con la stessa salda gentilezza e la stessa grazia che l'avevano accompagnata per tutto il corso della sua vita. Poche settimane prima, senza che l'indebolimento dovuto alla malattia le impedisse di esercitare il pensiero con la tenacia e la finezza di sempre, aveva scritto la nota introduttiva che sarebbe andata ad aprire la raccolta di scritti di Franco Basaglia, pubblicati da Einaudi e curati da lei, nella primavera del medesimo anno, sotto il titolo "L'utopia della realtà".
Mentre moriva, Franca Ongaro Basaglia insisteva, in virtù di uno straordinario impeto vitale, sull'importanza della possibilità del cambiamento e, soprattutto, sulla responsabilità che questo cambiamento portava con sé. L'utopia, realizzabile, e la realtà, imprescindibile, hanno un rapporto di reciproca necessità al quale non è possibile sottrarsi. E lo diceva entrando a piè pari in quella storia, politica, che era stata la storia della sua vita. «La scelta dei testi di questo libro è stata fatta seguendo i passaggi dell'evoluzione teorico-pratica di quella che è stata l'impresa di una vita», annunciava in apertura del testo. Un testo profondamente radicato all'evoluzione del percorso concreto di smantellamento del manicomio e delle sue retoriche e alla ricontestualizzazione del concetto di malattia mentale. Una condizione umana, quella della malattia mentale, letta in un'ottica non più securitaria e medicalizzante, bensì capace di mettere al centro la persona e di includere «un'analisi politica di tutte le variabili presenti in ciò che costituisce esclusione/autoesclusione della persona malata, l'internamento e la stessa natura vessatoria dell'internamento». Siamo poco abituati a immaginare il tempo della malattia come un tempo non solo di aumento delle percentuali del rischio di morte ma anche di vita piena. Siamo portati a rimuovere la contraddizione di fronte alla quale la malattia ci mette, o negandola oppure oggettivandoci nei processi di cura. Franca Ongaro Basaglia invece, a settantasei anni, sapeva incarnare completamente questa consapevolezza rendendo anche le sue ultime giornate piene di quel tenore e di quella ferma attenzione che avevano caratterizzato la sua esistenza.
Già tra il 1978 e il 1979, nel proseguire una riflessione sollecitata sempre da Einaudi, per la stesura di alcune delle voci dell'Enciclopedia che in quegli anni l'editore stava progettando, Franca Ongaro aveva avviato una lettura critica del rapporto tra salute, malattia e dispositivi di cura. «Alla fine di una serie di rinvii, capita anche di morire, ma non si tratta più dell'incontro dell'uomo con la morte e con la propria finitudine, ma di un'operazione tecnica mal riuscita che lascia sul letto un cadavere: l'esperienza della morte, diventata il limite della medicina di fronte alla malattia». Continuando quindi un percorso di riflessione pratica, Franca Ongaro nel 2001, nel corso della lectio magistralis tenuta all'Università di Scienze politiche di Sassari in occasione della Laurea honoris causae conferitale, diede testimonianza personale dell'importanza dell'acquisizione piena di un certo tipo di consapevolezza: «Sono una persona che ha dovuto ricorrere a più riprese all'aiuto indispensabile della medicina e del servizio pubblico. Ma credo di essere qui, in questo momento, anche grazie agli spazi di libertà, di decisione che mi sono stati consentiti e che ho salvaguardato, alla protezione non invasiva di cui sono stata circondata, alla caparbietà - che mi è congeniale - di non delegare la mia vita, la mia malattia, il mio corpo ad altri».
E con la medesima straordinaria e costante tensione alla libertà, Franca Ongaro Basaglia ha vissuto sino all'ultimo istante. Senza mai rinunciare a una prospettiva capace di tenere assieme le contraddizioni, e facendosi sempre carico delle fatiche, dei dolori e dei conflitti che questa tensione perenne comportava, Franca Ongaro ha praticato un'intera esistenza presa nel tentativo di scardinare il modello culturale dell'aut aut che ha ingabbiato la realtà in un insieme di vicoli ciechi. Lo ha fatto nella "lotta con e contro" che ha condotto con l'uomo che ha amato e accanto al quale ha attraversato la battaglia per la distruzione del manicomio, nelle riflessioni sulla donna che ha raccolto in "Una voce", dove il dolore dell'esser donna in un mondo integralmente maschile non le ha impedito di perdere di vista la necessità della relazione con l'altro, con l'altra; lo ha fatto nell'instancabile lavoro parlamentare che l'ha portata a dover fare i conti con le resistenze di un sistema di governo e di un Paese poco abituati ad accogliere cambiamenti così radicali e paradigmatici e ha continuato a farlo nell'occuparsi di tossicodipendenze, di violenze, di dispositivi di contenzione, di trattamenti fine-vita e di tutte le questioni bioetiche che negli anni hanno affollato il panorama culturale e intellettuale dell'Italia assieme al resto d'Europa. A dieci anni dalla sua morte, lo scorso 31 gennaio, si è svolto a Venezia, nella sede di S. Servolo della Fondazione Franca e Franco Basaglia, un incontro dal titolo "Le carte e la memoria" - Ricordando Franca Ongaro in occasione della presentazione dell'inventario dell'archivio.
L'incontro, patrocinato dalla Regione del Veneto e dal Comune di Venezia e organizzato in collaborazione con la Direzione generale degli Archivi del ministero dei Beni culturali, la società San Servolo Servizi e l'associazione «il lavoro culturale», ha raccolto attorno alla figura della Ongaro e attorno al patrimonio di scritti prodotti da lei e dal marito Franco Basaglia nell'arco di una vita, amici, amiche, ricercatori, ricercatrici, compagni e istituzioni.
La Fondazione, mossa dall'intenzione di «valorizzare il filo che unisce la memoria e l'esperienza di un cambiamento all'importanza di farne indispensabile eredità nel presente», ha costruito un'architettura di interventi capaci di restituire continuità all'approccio che ha caratterizzato il lavoro di una vita dei Basaglia. L'interdisciplinarità infatti, assieme all'intergenerazionalità, ha fatto da vettore nel corso di tutta la mattinata.
Il seminario, coordinato da Simonetta Fiori, giornalista de La Repubblica, ha preso il via con la presentazione del progetto "Toponomastica al femminile" condotto, sotto la supervisione della professoressa Enrica Lazzari, dalle ragazze e dai ragazzi della scuola media del Lido di Venezia già "Vettor Pisani" e che ha portato, recentemente, alla re-intitolazione della medesima scuola in onore di Franca Ongaro. Assieme a loro, Maria Grazia Giannichedda e Alberta Basaglia, presidente e vicepresidente della Fondazione stessa, hanno accompagnato gli interventi e i contributi di Gisella Trincas, presidente dell'Unione Nazionale Associazioni Salute Mentale, di Giovanna del Giudice, presidente Con/F/Basaglia, di Franco Rotelli, presidente della Commissione Sanità del Consiglio regionale Friuli Venezia Giulia e di Domenico Casagrande, già membro del Comitato scientifico della Fondazione San Servolo, attorno alla figura di Franca Ongaro e all'attualità del suo pensiero.
Nel secondo tempo, invece, si è avviata una riflessione sulle funzioni attuali della memoria e sulle politiche del presente, coordinata da Maria Grazia Giannichedda, nel corso della quale si sono confrontati, assieme a "il lavoro culturale" , Fabio Mugnaini, del Dipartimento di Scienze sociali, politiche e cognitive dell'Università di Siena, Tommaso Lo Savio, già direttore dell'Ospedale Psichiatrico Santa Maria della Pietà di Roma, Leonardo Musci, supervisore dell'archivio della Fondazione e Daniele Pulino, ricercatore dell'Università di Sassari. La ricchezza del materiale prodotto, che si direbbe, erroneamente, teorico, e che risiede tra i materiali dell'archivio della Fondazione Basaglia, sta nel fatto che all'origine di tante parole ci sia stata un'immersione di pratica sconfinata. Dove la fenomenologia del reale è imprescindibilmente legata alla costruzione di un pensiero che la interpreti e ne suggerisca, assieme a una lettura contestuale, una serie di possibilità alternative. Per questo oggi, a distanza di anni, darsi e dare la possibilità di avviare nuove ricerche su materiali per lo più inediti, prodotti e raccolti dai Basaglia, costituisce una possibilità irrinunciabile a cui non dobbiamo e non possiamo sottrarci.

L'INTERVISTA ALLA FIGLIA ALBERTA BASAGLIA