Europa e mondo

Reclutamento di personale sanitario, il Codice di condotta Oms strumento per scongiurare la fuga di competenze e tutelare il diritto alla salute

di Giulia De Ponte (Coordinatrice Advocacy, Amref Italia; Coordinatrice del partenariato Health Workers for All)

S
24 Esclusivo per Sanità24

L'Assemblea dell'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) che si è chiusa il 26 maggio ha riportato all'attenzione internazionale l'urgenza di arrivare ad una gestione sostenibile delle migrazioni internazionali di personale sanitario: si tratta del cosiddetto fenomeno della fuga dei cervelli, che porta oggi tanti medici, infermieri e ostetriche ad andare a lavorare all'estero, alla legittima ricerca di condizioni di lavoro e di vita migliori. Un fenomeno in crescita a livello globale - dice l'Oms - a causa di una crescente domanda di operatori sanitari in tutto il mondo, a sua volta alimentata dall'invecchiamento della popolazione e dalla diffusione delle malattie croniche.

Il diritto di scegliere il paese dove vivere e lavorare va promosso e tutelato. In alcuni settori che toccano beni comuni delle nostre società, come la salute, questo diritto va in più coniugato - afferma in sostanza l'Oms - con l'esigenza di non “svuotare” i sistemi sanitari di origine di questi operatori delle proprie migliori risorse, nell'ottica di tutelare anche il diritto alla salute dei cittadini dei paesi di provenienza.
Il Codice di Condotta per il reclutamento internazionale di personale sanitario dell'Oms, di cui si è discusso all'Assemblea, è uno strumento che raccomanda a tutti i paesi membri dell'Oms di pianificare al meglio le proprie esigenze future di personale sanitario, per evitare di dover “andare a caccia” di medici e infermieri provenienti da paesi che ne hanno invece carenza. O, peggio, di diventare “terreno di caccia”, perdendo i propri migliori investimenti in capitale umano. Uno strumento che guarda dunque alla crescente interdipendenza dei sistemi sanitari e di welfare, e che pone fondamentalmente una questione di equità tra sistemi sanitari.

Quest'anno gli Stati Membri dell'Oms hanno chiesto al Segretariato di accelerare il suo lavoro di promozione e diffusione del Codice; e a se stessi di aumentare i propri sforzi per dare applicazione a questo strumento, che rimane di natura volontaria. Una chiamata all'accelerazione, dunque, il cui primo banco di prova è alle porte, ovvero la consegna da parte di tutti gli stati membri del proprio rapporto di monitoraggio sull'applicazione del Codice, prevista per il 31 luglio prossimo.

Come si pongono dunque l'Europa e l'Italia, in questo dibattito ? La Commissione Europea ha ben chiaro quanto cruciale sia questa partita: sa che nel 2020 mancheranno in Europa 1
milione di medici, infermieri e ostetriche (2 milioni se si includono anche le professioni cosiddette “ancillari”); sa che il 14% dei nostri bisogni di cura non potranno essere soddisfatti in queste condizioni. La Commissione sa, in più, che il settore sanitario è un settore la cui espansione è portatrice anche di occupazione, e di occupazione qualificata, quella che così disperatamente inseguiamo nel nostro continente. Ed è proprio su questo settore che punta, per la ripresa dell'occupazione interna.
Allo stesso tempo, dalla lettura della recentissima Agenda Europea sulle Migrazioni si evince che, fuori dai propri confini, l'Europa intende attrezzarsi per competere sul mercato globale del personale qualificato (sempre più liberalizzato, questo, a differenza di quanto accade per i migranti poco qualificati), attirando dunque anche operatori sanitari da paesi terzi. Lo farà attraverso la rivisitazione di strumenti quali la - finora poco utilizzata - Blue Card; o, più marginalmente, i Partenariati di mobilità. Ma anche guardando agli accordi di libero commercio nell'ambito dei servizi come a una modalità di gestione di personale qualificato temporaneamente distaccato in Europa da aziende extra europee.

Il dibattito dell'Oms sul Codice di condotta introduce una cautela in questo ragionamento: ci sono settori, quali quello della salute, che sono troppo vitali per le nostre società per essere lasciati in gestione ad un mercato del lavoro globalizzato, e che vanno invece governati attraverso pianificazione del fabbisogno, incentivi e misure di “restituzione”. Il rischio di creare inequità di accesso alle cure nei sistemi sanitari più deboli è troppo alto. Ce lo insegna peraltro lo stesso Mercato Unico europeo, dove paesi come la Romania perdono operatori sanitari, a tal punto da raggiungere densità di 2 medici per 1000 abitanti, quasi la metà di alcuni paesi nord-europei. Ma lo vediamo anche in Italia, dove - dall'inizio della crisi nel 2009, il numero di medici che si è attivato per trasferirsi all'estero è sestuplicato, raggiungendo nel 2014 le 2363 unità.
Abbiamo dunque bisogno, in questi settori, di strumenti transnazionali come il Codice Oms, che ci permettano di governare le migrazioni di personale sanitario tutelando in contemporanea il diritto a migrare e quello alla salute. Abbiamo bisogno di dare potere e mordente a questo strumento, perché altri strumenti - quali gli accordi di libero scambio come TISA e TTIP, in corso di negoziazione - rischiano di occupare pezzi di questo spazio in modo forse assai efficace, ma senza una prospettiva sui diritti né un'aspirazione all'equità in salute.
In una prospettiva forse più campanilistica, è necessario anche perché l'Italia oggi non è vincente sul mercato globale del personale sanitario: le politiche di austerità ci hanno spinto a tagliare gli investimenti sul nostro personale sanitario di 1 miliardo solo dal 2010 al 2012 . Oggi siamo tra i paesi che formano a caro prezzo i propri medici e infermieri, per poi vederli partire: come pochi decenni fa successe a tanti paesi africani, dove gli aggiustamenti strutturali di fatto “espulsero” dai sistemi sanitari nazionali medici e infermieri, immettendoli sul mercato globale.
Non a caso l'Italia è tra i promotori della risoluzione sul Codice appena passata all'Oms. Amref è certa dunque che, coerentemente, l'Italia non mancherà di partecipare al processo di monitoraggio dell'applicazione del Codice che si chiude a fine luglio.


© RIPRODUZIONE RISERVATA