Europa e mondo

Mostra del Cinema di Venezia: la sanità “mostro” nel Messico delle diseguaglianze

di Eugenio Bruno

C'è un piccolo gioiello che è passato quasi inosservato, ieri, nella giornata inaugurale della 72esima edizione del festival di Venezia, forse perché schiacciato dalla maestosità (più pubblicitaria che tecnica) di “Everest”. Stiamo parlando di “Un monstruo de mil cabezas”, in concorso nella sezione Orizzonti e quarto lungometraggio dell'uruguaiano di nascita e messicano di adozione (almeno dal punto di vista cinematografico) Rodrigo Plá. Già noto al pubblico veneziano per il suo notevole esordio con “La zona” nel 2007.

Anche questa la volta la vera protagonista del film è la società messicana, non quella un po' stereotipata del narcotraffico e della criminalità organizzata che siamo abituati a vedere nella produzione cinematografica soprattutto statunitense, ma quella polarizzata in fasce sociali sempre più divise a compartimenti stagni. Il mostro dalle mille teste del titolo è la sanità sempre meno pubblica e sempre più privata. Dove neanche il possesso di un'assicurazione privata ti garantisce cure adeguate e prospettive di guarigione. Dal cancro nel caso specifico.
Proprio per assicurare al marito un protocollo sperimentato con successo negli Usa ma dalla diffusione ancora limitata in Messico, la protagonista Sonia (un'intensa Jana Raluy), accompagnata dal figlio Dario e dotata di una pistola dalla provenienza sconosciuta, inizia una personalissima lotta contro la burocrazia, l'ottusità e la corruzione. Che la porteranno, in un crescendo di tensione e drammi spesso involontari, a sfidare tutto e tutti per assicurare almeno una speranza di vita al suo consorte.
Ed ecco scorrere sullo schermo tante situazioni tipiche del mondo sanitario, ahinoi, anche di casa nostra. Dall'impossibilita di ottenere un semplice consulto medico attraverso il centralino delle prenotazioni telefoniche ai medici che per assicurarsi il bonus annuale devono respingere quante più pratiche possibili, dalle assicurazioni private che mettono lo scopo di lucro in cima alla loro ragione sociale dimenticandosi che il loro core business coincide con il bene più prezioso: la salute dell'essere umano.
Convincenti sono anche le scelte stilistiche di Plá, che ricorre con frequenza alla voce fuori campo per raccontarci gli sviluppi del processo che è seguito a quelle vicende e alterna la ripresa della stessa scena da più punti di vista, con uno stratagemma che ha fatto le fortune di due grossi calibri del cinema contemporaneo come Alejandro Inarritu e Quentin Tarantino. Il risultato è un film teso, vibrante, essenziale. Nella forma e nella durata. Che, prendendo spunto dalla realtà che abbiamo sotto gli occhi quotidianamente, colpisce al cuore e parla alla testa. Due missioni che la settima arte non dovrebbe mai trascurare.


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