Europa e mondo

Giornata mondiale/ Il silenzio colpevole sull’Aids

di Lucilla Vazza

Il 1° dicembre di ogni anno si torna a riparlare di Aids. Sì, bisogna farlo e farlo di più. Perché in Europa, compresi i Paesi dell’Unione, i nuovi contagi da Hiv nel 2014 sono stati oltre 142mila (dati Ecdc-Oms). Con il boom in Romania, Polonia e Slovacchia, dove i numeri sono fuori controllo, più che raddoppiati rispetto ai valori del 2005.

E, anche se i dati sono molto diversi, non va bene neppure da noi. In Italia lo scorso anno si sono infettate 3.700 persone circa, l’80% uomini e di età compresa tra i 25 e i 29 anni (dati Iss). E il dato è stabile, non decresce, da almeno tre anni. E quanto sia assordante il silenzio sulla malattia lo dice il numero di persone sieropositive inconsapevoli della propria condizione. Gente “normale” che scopre di avere l’Aids quando ormai è a uno stadio conclamato. E succede a sette malati su dieci, ignari completamente del fatto di essere sieropositivi magari da molti anni.

Aids: la rimozione collettiva
Dunque l’Aids, quello che negli anni ’80 ci affrettammo a definire l’epidemia del secolo, si è ridotto a essere un fantasma dimenticato nella nostra società. Non se ne parla quasi più. Pochi i fiocchetti rossi sui baveri di personaggi famosi e star internazionali, quasi nessuna campagna, nessun concerto. E pochi editoriali, poche notizie relegate nelle ultime pagine dei giornali. Un dramma rimosso. Con l’illusione che ci si ammali solo nei Paesi poveri.

Se è vero che in 30 anni tutto è cambiato e il contagio da Hiv non equivale a una condanna a morte, resta l’emergenza legata alla sottovalutazione del problema. L’Europa da tempo ha attivato un programma comunitario di sorveglianza legato al fenomeno Aids. L’Ecdc (European Centre for Disease Prevention and Control) spiega che al boom di contagi nell’Europa dell’Est storicamente correlato all’uso di stupefacenti per via parenterale, è subentrato recentemente quello legata a rapporti eterosessuali non protetti. Nell’Europa dell’Ovest, a cui l’Italia appartiene, prevale la modalità di trasmissione omosessuale maschile Msm (Men having sex with men), che è cresciuta del 15%, mentre quella tra eterosessuali è scesa del 44%. E anche nei Paesi dell’area centro europea, che fino al 2007 riconosceva come modalità di trasmissione più frequente i rapporti eterosessuali, si è poi allineata all’area Ovest, e in quanto la modalità di trasmissione Msm ha superato quella legata a rapporti eterosessuali. Mentre nei Paesi del Nord Europa la trasmissione dell’Hiv è diminuita drasticamente, arrivando a livelli minimi nell’area scandinava. Di sicuro, ci sono delle falle nella prevenzione in molti sistemi sanitari pubblici, aggravati dalla crisi economica. Le Ong attive sul fronte della lotta all’Aids portano nell’agenda europea i temi emergenti come la tutela della salute dei sex worker, categoria ovviamente esposta al virus e la diffusione di programmi di sostegno ai malati nei Paesi dove la crisi ha colpito gravemente il sistema di cure pubbliche, come è successo in Grecia, dove sono periodicamente a rischio le coperture antiretrovirali ai malati di Aids.

E proprio le Ong, come la Lila in Italia, promuovono, attraverso campagne periodiche, la diffusione del test salivare, basato su tecnica immunocromatografica, che consente di avere i risultati in appena 20 minuti. Ma ci vuole più impegno da parte delle istituzioni e maggiore comunicazione sulle fasce giovanili, le più esposte al rischio contagio. Di Aids si muore di meno, ma si muore ancora e certamente il fatto di poter tenere sotto controllo la malattia non deve essere un alibi per fare meno prevenzione. Per fortuna lo “stigma” sociale sui malati di Aids si è ridotto, ma non può essere sottovalutato il rischio, reale e non immaginario che esiste ed è forte. Anche nei nostri Paesi europei. Anche in Italia


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