Dal governo

Cantone e Lorenzin firmano la convenzione anticorruzione, ma la malasanità resiste

di red. san.

Sembra una nemesi: oggi è il giorno in cui la ministra della Salute Beatrice Lorenzin ha firmato con il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, il protocollo di intesa per la creazione di una task force che dovrà monitorare l'attuazione del piano anticorruzione nella sanità. E giusto oggi arriva una nuova serie di episodi di cronaca nera e malasanità. Una causalità, è chiaro, ma è difficile non rilevare la beffarda coincidenza cronologica fra il tentativo di arginare criminalità e malaffare nel settore sanitario e una nuova ondata di criminalità e malaffare proprio nel sistema sanitario. A Reggio Calabria 11 persone tra medici e ostetriche (4 agli arresti domiciliari e 7 sospesi dal servizio) sono coinvolte in un giro di aborti avvenuti senza consenso delle madri e di neonati morti. Le indagini hanno permesso di scoprire un sistema di copertura illecito, condiviso dall'intero apparato sanitario, attuato in occasione di errori medici commessi nell'esecuzione dell'intervento su gestanti o pazienti per evitare di incorrere nelle conseguenti responsabilità soprattutto giudiziarie. Ci sarebbero stati i decessi (in casi distinti ) di due bimbi appena nati, irreversibili lesioni causate a un altro bimbo dichiarato invalido al 100 per cento, traumi e crisi epilettiche e miocloniche per una partoriente, procurato aborto a una donna non consenziente nonché lacerazioni strutturali ed endemiche di parti intime provocate ad altre pazienti. Inoltre gli errori sarebbero stati cancellati dalle cartelle cliniche con il bianchetto.
Sempre in Calabria, un blitz avvenuto all'alba ha permesso di mettere fine all'Asp di Rossano a una serie di assenza ingiustificate dal posto di lavoro. L'accusa nei conforti dei 21 indagati è assenteismo dal posto di lavoro nella pubblica amministrazione. Una sorta di tradizione presso l'Asp di Rossano, che il 50 per cento dei dipendenti non ha mai smesso di rispettare. Mentre i colleghi ‘meno furbi' lavoravano, loro timbravano il ‘cartellino' a volte anche con l'auto ancora in moto davanti ai cancelli e poi andavano via. Alcuni tornavano direttamente a casa, altri andavano al bar con gli amici, le donne dal parrucchiere o a fare spese. Tutte attività al di fuori delle proprie mansioni lavorative, ma scrupolosamente effettuate durante l'orario lavorativo. Neanche la ‘soffiata' che vi fossero dei controlli in atto ha fermato i presunti assenteisti che per evitare di essere scoperti avevano montato un cartellone sul dispositivo in cui si strisciano i badge. Il dipendente con il più alto numero di ore ‘trafugate' avrebbe falsamente testimoniato di aver lavorato per un totale di giornate lavorative pari a duemila euro su uno stipendio di poco superiore.
Infine nelle Marche, ad Ancona, la Procura ipotizza i reati di associazione a delinquere, turbativa d'asta, abuso d'ufficio e truffa ai danni dell'Asur. Fra i nomi eccellenti coinvolti, l'attuale dirigente del Servizio sanità della Regione, Piero Ciccarelli (all'epoca dei fatti numero uno dell'Asur), Alberto Carelli (ex direttore amministrativo dell'Azienda Sanitaria), Giulietta Capocasa, ex direttore amministrativo Asur e ora direttore dell'Area Vasta 5 e Massimiliano Picardi, gestore della Medilife spa, l'azienda al centro degli appalti contestati dalla Procura in particolare per l'esternalizzazione dei servizi stampa dei documenti sanitari. Le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza, che avrebbe eseguito una serie di perquisizioni, oltre che nelle Marche, anche nel Lazio e in Emilia Romagna .


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