Europa e mondo

Report Eurostat: in Europa evitabile una morte su tre. Infarti e ictus le priorità d’intervento

di Barbara Gobbi

Nel 2013 l’Unione europea ha registrato 1,7 milioni di morti tra la popolazione che ha meno di 75 anni. Ma ben il 33,7% dei decessi sono da considerare “prematuri”, cioè sarebbe stati evitabili, allo stato attuale delle competenze e tecnologie mediche. L’amaro bilancio arriva dall’ultimo studio di Eurostat - l’ufficio statistico della Ue - sulla mortalità evitabile. Un report che indica a chiare lettere anche le aree dove l’“incuria” è stata maggiore: infarti (184.800 morti) e ictus (circa 94mila morti) - seguiti cancro colorettale e della mammella, da ipertensione e polmonite - che nel complesso cumulano il 48% delle morti premature. Ma cosa significa che questi decessi sarebbero stati “evitabili”? In soldoni, che non si sarebbero verificati a quella data, in presenza di interventi sanitari tempestivi ed efficaci. Tradotto: nei sistemi sanitari dove questo dato è maggiore si registrano performance da correggere; in quelli dove la percentuale è più bassa si è sul giusto (ma sempre migliorabile) binario.

La classifica. Nella classifica Eurostat Romania e Lettonia indossano la maglia nera con, rispettivamente, il 49,4% e il 48,5% delle morti evitabili. A ruota, Lituania (45,4%) e Slovacchia (44,6%). Le best practice, dal 30% in giù, si registrano nella più virtuosa Francia (23,8%) e ancora, a seguire, in Danimarca (27,1%), Belgio (27,5%) e Olanda (29,1%). L’Italia, con il 33%, mostra performance comunque leggermente migliori della media europea. Al di sotto dei capolista, ma più positive rispetto a Paesi con sistemi sanitari universalistici (un tempo) e tradizionalmente efficienti come il Regno Unito. Che a sorpresa presenta ben il 34,2% di morti evitabili.

Il punto dell’Iss. Un aspetto che fa notare il presidente del nostro Istituto superiore di Sanità Walter Ricciardi, che così sintetizza e commenta i dati del rapporto: «Eurostat individua alcune componenti importanti sullo stato di salute del Paese: l’Italia ha performance migliori della media europea e anche di altri servizi sanitari come quelli di Gran Bretagna e Svezia; il lavoro avviato nei passati 3 anni è focalizzato su un ulteriore miglioramento di queste performance attraverso l’appropriatezza organizzativa e professionale perseguita attraverso misure sia regolamentari (come il Regolamento per gli standard organizzativi e funzionali delle strutture ospedaliere) sia di lavoro comune con i professionisti per mettere al centro delle strategie diagnostiche e terapeutiche le migliori pratiche per il paziente; gli investimenti in prevenzione che il Paese intende avviare a partire dai prossimi Livelli essenziali di assistenza consolideranno la strategia di prevenzione di malattie e la riduzione della mortalità evitabile.

La prevenzione che latita. Prevenzione è dunque la parola e l’obiettivo da centrare, se si vuole far sì che l’Italia risalga la china di quel 33% di morti evitabili. In cui come detto il cardiovascolare è un vero e proprio tallone d’Achille. E questo significa lavorare sui corretti stili di vita fin dall’infanzia, sull’equità di accesso alle cure da nord a sud del Paese, sull’alimentazione e su dotazioni anche basilari ma salvavita come i defibrillatori. I governi sono avvertiti. Anche quello italiano, che continua a destinare alla prevenzione un misero 4% più spiccioli rispetto al target 5% indicato da ultimo nel Patto per la salute.


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