Europa e mondo

La Brexit imprevista e la salute nel Regno Unito

di Giancarlo Biasini (Associazione Culturale Pediatri)

Il risultato della Brexit ha infranto il tenace mito della imperturbabilità britannica di fronte ai terremoti anche politici. Nel 1945 Winston Churchill che aveva guidato la Gran Bretagna alla vittoria contro le potenze dell'Asse perdette le elezioni che furono vinte a sorpresa da Clement Attlee un leader laburista piuttosto opaco. Gli inglesi non fecero una piega, ma nel 1951 Churchill rivinse le elezioni contro Attlee. Dopo la Brexit le cose sono andate diversamente. Milioni di cittadini, specialmente giovani, si sono mobilitati per chiedere una impossibile ripetizione del referendum. Il primo ministro David Cameron, che aveva voluto il referendum sperando di uscirne indenne e continuare la sua carriera ha dichiarato che se ne andrà e la cosa è sembrata ragionevole per un perdente. Però anche il vincitore del referendum, Boris Johnson, l'ex sindaco di Londra, capo di coloro che volevano uscire dalla Ue, e naturale candidato a sostituire David Cameron alla carica di primo ministro, ha dichiarato la sua rinuncia a succedergli. Nigel Farage focoso capo del partito antieuropeista e, dopo la vittoria del “Leave”, punto di riferimento per tutti i movimenti e i partiti anti-Ue d'Europa si è ritirato a vita privata. Jeremy Corbyn, leader dell'opposizione laburista è stato invitato dal suo gruppo parlamentare a dimettersi per il suo scarso impegno a favore di Remain. Non lo ha fatto, ma tutti ritengono che lo farà.

Insomma il referendum ha decapitato una intera classe dirigente, sia di perdenti che di vincitori. La discussione sulla Brexit ha registrato in Gran Bretagna una novità. Il mondo sanitario inglese ha rotto l' abitudine consolidata secondo la quale la stampa scientifica britannica interviene nelle discussioni che riguardano il Servizio Sanitario Nazionale ma non in quelle più squisitamente politiche o addirittura nelle scelte internazionali.

Così nel corso della campagna elettorale l' Editor-in-Chief del BMJ Fiona Godlee (doi.org/10.1136/bmj.i3302) ha scritto un editoriale dal titolo “Why doctors should vote to remain in the EU on 23 June”. Nature, il 16 giugno, ha titolato il suo editoriale “ Brexit: UK should remain” (doi:10.1038/534295°). Gli oncologi inglesi hanno chiamato in aiuto gli oncologi europei su The Lancet Oncology (DOI: http://dx.doi.org/10.1016/S1470-2045(16)30062-6) per dare un deciso supporto a un voto che permettesse alla Gran Bretagna di rimanere nella Ue. Il BMJ giustificava questo intervento a gamba tesa precisando che si era in un giorno “momentous” per il Regno Unito. « In a break with tradition we, on behalf of The BMJ, have decided to come out and state our considered view that the UK should remain in the EU».

Si sono poi pronunciati per il “Remain” altri autorevoli esponenti del mondo scientifico inglese. Alla base di questa posizione stava la previsione dell'Economist che la Brexit avrebbe determinato una riduzione di spesa per il NHS di 135 sterline per cittadino.

L'editoriale di Nature del 15 giugno (!Brexit: UK should remain”) prevedeva che fuori dal Regno Unito l’influenza della scienza inglese sarebbe fortemente diminuita: citava una rassegna che dimostrava che l'83% di oltre 2000 scienziati intervistati auspicava che il Regno Unito rimanesse nella Ue e solo il 12% era a favore della sua uscita. L'opinione riassuntiva era «The UK is too small to sustain a world-class programme in isolation».

L'opinione dei sindacati era che il National Health Service dipende fortemente per la formazione medica dalla Ue: 30.000 medici inglesi fra quelli in servizio (l'11% del totale ) sono stati formati in paesi della Ue. Anche se questi medici non saranno perduti immediatamente essi saranno tentati di scegliere un paese europeo che garantisca la libertà di movimento. Questo prevedibile abbandono impensierisce le organizzazioni sanitarie inglesi perché comporterà una modifica delle condizioni di lavoro dei medici inglesi in termini di ore lavorative.

La British Medical Association commenta «Nobody wants to return to the times when physicians worked so long that it became dangerous for patients». Il Royal College of Midwifes, molto potente, ha suggerito un voto per il Remain e così la Genetic Alliance in UK a nome dai malati di affezioni genetiche e rare e con lei molte altre sigle mediche.

Conseguenze sono temute sui circa 125.000 studenti delle università britanniche che provengono da paesi della Ue con borse di studio supportate da programmi speciali come l'Erasmus riconosciuti dalla università di provenienza. Per parte loro gli studenti inglesi temono di non poter usufruire degli stanziamenti della Ue per frequentare le università europee. Questi rischi hanno richiamato l'attenzione dei dirigenti del Nhs. IL direttore del personale medico del Nhs Bruce Keogh riferendosi a certi atteggiamenti della campagna elettorale rileva come in Gran Bretagna si stia verificando da parte di alcuni uno sgradito cambiamento verso i medici stranieri che non si sentono più benvenuti. Keogh , pur deplorando la decisione di uscire dalla Ue, cerca di rassicurare il personale straniero che lavora nel Nhs. Altre conseguenze temute riguardano la Ema ( European Medicines Agency) che certamente dovrà lasciare Londra e per la quale ci sono già candidature europee e anche italiane. Sempre nell'ambito farmaceutico incertezza esprime la European Federation of Pharmaceutical Industries. Un suo documento sembra avere impressionato il governo conservatore soprattutto in quella parte del comunicato in cui si dichiara disponibile a lavorare a stretto contatto con i governi e le istituzioni della UE dato che l'incertezza inevitabile generata dal voto sulla Brexit rende problematiche le decisioni di investimenti a lungo termine che finora hanno interessato il Regno Unito.

Insomma sanità e organizzazioni sanitarie inglesi sono in subbuglio per un risultato che non avevano atteso e al quale non erano preparate. Come del resto tutta la classe politica inglese.


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