Europa e mondo

Accesso ai nuovi farmaci oncologici nei diversi sistemi sanitari europei e il bisogno di una direzione comune

di Vincenzo Montesarchio (primario di Oncologia Medica, Aorn Ospedali dei Colli di Napoli) e Bruno Daniele (primario di Oncologia Medica AO Rummo di Benevento)

I tumori sono una delle principali cause di morte nel mondo e l'accesso alle nuove terapie - per il costo spesso molto elevato - rappresenta un problema importante anche in Paesi economicamente avanzati. Nelle nazioni che aderiscono all'Ocse, i costi per la cura del cancro costituiscono circa il 5% del totale delle spese per l'assistenza sanitaria e la percentuale è destinata a incrementarsi in futuro a causa dell'aumento dell'incidenza dei tumori, del miglioramento della sopravvivenza dei pazienti affetti da cancro, ma anche dei costi sempre più alti dei nuovi farmaci e delle nuove tecnologie.
Uno studio pubblicato nel 2015 sulla rivista scientifica Lancet Oncology ha confrontato il prezzo di 31 farmaci oncologici in 18 nazioni (16 nazioni europee più Australia e Nuova Zelanda) e ha osservato differenze notevoli. La differenza di prezzo dello stesso farmaco tra la nazione in cui è più alto e quello in cui è il più basso è compresa tra il 38 e il 50% per 10 farmaci, tra il 50 e il 100% per 16 farmaci e tra il 100 e il 200% per 3 farmaci. I paesi europei con i costi più bassi dei farmaci oncologici sono risultati la Grecia, il Portogallo, la Spagna e il Regno Unito, mentre quelli più alti sono la Svizzera, la Germania, la Danimarca e la Svezia. Dei 31 farmaci esaminati, 9 hanno il prezzo più alto in Svizzera e 8 in Germania e in Svezia. In Italia e nel Regno Unito nessun farmaco ha il prezzo più alto tra le 16 nazioni europee considerate.
Nel complesso, questi dati indicano una grande variabilità del costo dei farmaci nelle nazioni europee: in molte di esse viene fissato facendo riferimento al prezzo del farmaco in una o più nazioni nelle quali è stato già commercializzato e sul quale definire o negoziare il prezzo. Questa pratica, tuttavia, da un lato non elimina il rischio di pagare un costo eccessivo e dall'altro può essere causa di ritardi nell'immissione dei farmaci sul mercato, in quanto i produttori sono incentivati a commercializzare i loro farmaci nei Paesi dove il prezzo è più alto e rinviare l'ingresso in mercati dove è più basso per evitare di influenzare negativamente il prezzo internazionale di riferimento.
A causa dell'effetto sui bilanci sanitari del costo dei nuovi farmaci antitumorali, in alcune nazioni (in particolare Italia, Regno Unito, Olanda) sono stati sottoscritti accordi negoziali - identificati come Managed Entry Agreements (Mea) - tra il produttore e il pagatore istituzionale per ottenere sconti che riducono il prezzo nominale di alcuni farmaci oncologici ad alto costo e che ne accelerano l'accesso sul mercato. La spinta commerciale dei produttori da un lato e la richiesta di clinici e pazienti verso farmaci sempre più innovativi dall'altro, fanno si che tali accordi siano stati accettati dagli Enti Regolatori con meccanismi peculiari dei vari Stati.

Il modello britannico
Nel Regno Unito nel 2009 sono stati introdotti i Patient Access Schemes (Pas) per quei farmaci per i quali non c'è sufficiente evidenza di costo/efficacia. I Pas possono avere una base finanziaria o di esito. Nel primo caso il prezzo del farmaco viene ridotto; alternativamente, non viene modificato dal produttore, il quale però offre sconti o incentivi in base al numero dei pazienti trattati, al numero delle dosi acquistate o alla risposta dei pazienti trattati. Nel caso dei Pas basati sull'esito il produttore concorda una variazione di prezzo solo dopo che il valore del farmaco è stato dimostrato.

Il modello tedesco
In Germania, l'obiettivo comune dichiarato di tutti gli stakeholder (industria, enti regolatori, pagatori istituzionali, medici e pazienti) è l'accesso precoce e sostenibile dei pazienti oncologici ai farmaci innovativi, che dipende da più processi decisionali conseguenziali da parte di decisori diversi.

Il modello tedesco distingue chiaramente tre momenti:
1) la valutazione scientifica da parte dell'Agenzia Europea del Farmaco del rapporto rischio beneficio di un farmaco e la conseguente decisione regolatoria dell'autorizzazione all'immissione in commercio;
2) la valutazione nazionale del “beneficio addizionale” del nuovo farmaco, vale a dire la sua superiorità rispetto ad altre opzioni terapeutiche disponibili in Germania;
3) la negoziazione di un prezzo equo basato sulle necessità cliniche, sulla dimensione del “beneficio addizionale” e sul costo delle terapie alternative disponibili, con la possibilità di modificare significativamente il prezzo sei o dodici mesi dopo l'immissione in commercio. La negoziazione finale del prezzo dei farmaci avviene tra il produttore e le casse mutue (GKV-SV). In caso di mancato accordo, una commissione arbitrale provvede a “imporre” lo sconto, anche in considerazione del prezzo presente in altri Paesi dell'Unione Europea.

I l modello italiano
In Italia sono stati concordati tra Agenzia Italiana del Farmaco e produttori di farmaci oncologici numerosi e diversi MEA, dai tetti di spesa per singolo farmaco, ad accordi prezzi-volume, al limite di spesa per singolo paziente. Sono stati poi applicati sconti secondo diverse modalità, dal cost-sharing (sconti sui primi cicli di terapia per tutti i pazienti) al risk-sharing (lo sconto si applica solo ai pazienti che non rispondono dopo i primi cicli di terapia) al payment by result (in caso di fallimento totale dopo i primi cicli di terapia l'intero costo del farmaco ricade sul produttore).
Regno Unito, Germania e Italia, insieme ad altre nazioni europee, hanno sviluppato un'ottima esperienza negli accordi per l'accesso dei nuovi farmaci sul mercato, ma in questo modo si è notevolmente incrementato il carico burocratico da parte degli Enti regolatori, delle industrie farmaceutiche e delle strutture sanitarie a valle. In Italia la complessa gestione centralizzata dei Mea da parte dell'Aifa, anche se ha avuto un impatto importante sulla scontistica dei prezzi, ha sicuramente appesantito il carico di lavoro burocratico di oncologi medici e farmacisti.
Nel complesso, in Europa emerge una grande variabilità sia nell'approccio alla definizione del prezzo dei nuovi farmaci oncologici sia nelle modalità per ottenere sconti. Tuttavia, nell'ultimo quinquennio molti Paesi europei hanno fatto ricorso a modelli di negoziazione più o meno articolati ma caratterizzati da sistemi esclusivamente basati sulla semplice scontistica, come in Inghilterra e Galles, e sistemi finalizzati a valutare innanzitutto la risposta dei pazienti ai trattamenti, e quindi la reale efficacia di nuovi farmaci, come i sistemi utilizzati in Germania ed ancor più in Italia.
Questo scenario estremamente variegato, di cui si è ampiamente discusso nel corso del recente XX Congresso Nazionale Cipomo, rende evidente la necessità di approcciare il sempre più importante problema del costo dei nuovi farmaci oncologici secondo una modalità comune ed unica per l'Unione Europea.


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