Europa e mondo

Proteggere la ricerca e non i confini

di Luca De Fiore (associazione Alessandro Liberati - Network Italiano Cochrane, www.associali.it)

Ha vissuto tra il Friuli e la Toscana per 25 anni, poi il Quebec della Université Laval e finalmente la chiamata della Harvard University: Luca Freschi, genetista, era pronto per prendere servizio in marzo ma, con il visto in mano, il trasferimento è stato bloccato dalla executive action del presidente degli Stati Uniti firmata il 27 gennaio 2016, perché Luca è sposato con Maryam, iraniana. La firma sul documento “Protecting the Nation from Foreign Terrorist Entry into the United States” ha sovvertito la vita di moltissimi ricercatori di cui abbiamo letto le storie negli scorsi giorni: Kaneh Daneshvar, biologo molecolare a Harvard, Ali Shourideh, economista della Carnegie Mellon University di Pittsburg, Babak Seradjeh, fisico della Indiana University, Muhamad Alhaj Moustafa, medico specializzando all'ospedale di Washington. Il divieto ha suscitato un dibattito intenso: la norma impediva per 90 giorni l'accesso agli Usa dei cittadini di una serie di Stati a maggioranza musulmana (Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Yemen e Siria) – nel caso della Siria il blocco è a tempo indeterminato – e sospendeva l'accoglienza di rifugiati politici per 120 giorni. Oggi si attende una nuova versione delle regole, essendo la prima stata sospesa in seguito all'intervento del 9th Circuit federal appeals court.

Molte voci si sono levate contro la scelta politica di Donald Trump. Tra queste, anche quelle di importanti istituzioni accademiche e centri universitari. Oltre 65 mila scienziati, tra cui più di 60 premi Nobel, si sono pronunciati contro la discriminazione prodotta dall'executive order. Così si è espresso il presidente della Harvard University: «In times of unsettling change, we look toward our deepest values and ideals. Among them is the recognition that drawing people together from across the nation and around the world is a paramount source of our University's strength. Thousands of students and scholars and visitors come to Harvard each year from all over the globe—to study, to teach, to propel our research enterprise, to join in conferences and colloquia, to share insights and abilities that transcend nationality».
Anche l'American medical association si è esplicitamente pronunciata in modo critico riguardo l'ordine esecutivo, seguita da oltre 300 società scientifiche nordamericane, tra cui la quasi totalità delle associazioni di area oncologica. Nello statement a firma di American society of hematologists, American association for cancer research, Association of american cancer institutes, American society for radiation oncology, American society of pediatric hematology/oncology e LUNGevity Foundation leggiamo: «Molti dei progressi fatti dalla ricerca contro il cancro sono stati ottenuti grazie al lavoro di ricercatori provenienti da ogni angolo del mondo. Per far sì che questi progressi continuino ad arrivare servirà una collaborazione ancor più grande tra organizzazioni internazionali, governi, istituzioni pubbliche e private e singoli ricercatori devoti alla causa».
Anche l'American society of clinical oncology (Asco) e il Memorial Sloan Kettering Cancer Center hanno preso posizione netta, utilizzando canali ufficiali di comunicazione e i social media: le decisioni dell'amministrazione Trump «potrebbero incidere negativamente sulla ricerca oncologica, l'assistenza ai malati e la collaborazione scientifica internazionale». Come sostiene l'ASCO, «gli Stati Uniti dipendono dal contributo delle più grandi menti di tutto il mondo per mantenere l'elevata qualità degli standard della ricerca biomedica e dell'assistenza sanitaria».
Con uno statement a firma del presidente, Richard A. Chazal, l'American college of cardiology ha condannato con decisione le norme che limitano la libera circolazione dei cittadini del mondo: «The ability to share ideas and knowledge necessary to address this epidemic is imperative. Policies that impede this free-flow of ideas will have a detrimental impact on scientific discovery, as well as the lives of patients around the world. If we are to realize a future where cardiovascular disease is no longer the No. 1 killer of men and women worldwide we must ensure that our system of scientific exchange allows for healthcare professionals to learn from each other regardless of their nationality».

Preoccupa anche l'impatto sulla partecipazione ai congressi medico-scientifici che si svolgeranno in territorio statunitense, privati del contributo di migliaia di ricercatori di paesi emergenti. In un editoriale su Science, Rush Holt – presidente dell'American association for the advancement of science (AAAS) – ha citato il caso del presidente della World academy of science che, essendo sudanese, ha dovuto cancellare la propria presenza al congresso annuale della AAAS previsto per la fine di febbraio 2017: «For science to be effective and provide its benefits to people, some fundamental principles must be observed and defended—among them, the freedoms of open communication, collaboration, and diversity of perspectives». «This is strange world – ha commentato privatamente via email una ricercatrice di nazionalità mediorientale, coinvolto nel lavoro di un gruppo Cochrane –. We were very glad that now our government is ruled by Moderates and we can collaborate more easily with our colleagues around the world».

Alle voci di tante società scientifiche si è aggiunta quella della Cochrane internazionale che si è espressa richiamando due valori essenziali: collaborazione e partecipazione ed è necessario pronunciarsi con chiarezza raccogliendo l'esortzione di Holt: «Taking action is the best course when science is threatened or when science can illuminate public issues».

Sono queste le ragioni che hanno suggerito all'Associazione Liberati e al network Cochrane italiano di farsi promotrice di una lettera aperta delle società scientifiche italiane, già firmata da diverse associazioni – dalla Associazione italiana di epidemiologia alla Società italiana di pediatria e alla Associazione culturale pediatri – alle quali speriamo se ne aggiungano molte altre: invitiamo a scrivere una email di adesione a associazionealessandroliberati@gmail.com.
Servono ponti e non barriere: è semmai necessario moltiplicare le opportunità di contatto e di scambio, perché la ricerca vive e cresce nel confronto.


© RIPRODUZIONE RISERVATA