Europa e mondo

Lo European Dementia Monitor promuove l’Italia sulla ricerca ma bacchetta i servizi

di Gabriella Salvini Porro (presidente Federazione Alzheimer Italia - www.alzheimer.it)

Confrontare e valutare le strategie e le politiche dei Paesi europei di fronte alla sfida della demenza. È questo l'obiettivo del neonato “European Dementia Monitor”, un'indagine promossa da Alzheimer Europe - l'organizzazione che riunisce 39 Associazioni Alzheimer in Europa e di cui facciamo parte anche noi della Federazione Alzheimer Italia – presentata al Parlamento Europeo come nuovo strumento per misurare quanto uno Stato sia in grado di rispondere alle urgenze e alle esigenze imposte dalla demenza, che colpisce nel mondo 50 milioni di persone, una ogni 3 secondi.
In questo panorama l’Italia, con la sua stima di 1.241.000 persone colpite, si colloca a metà strada, superata di gran lunga dagli Stati del nord Europa, che sono in grado di attuare e garantire politiche più aperte e favorevoli rispetto al resto del continente nei confronti delle persone con demenza e delle loro famiglie, assicurando loro un significativo supporto e trattamento.
I numeri ci aiutano nel confronto. Il Monitor, infatti, basa la sua classificazione su un punteggio attribuito a 10 specifiche categorie, applicate in ognuno dei 36 Paesi considerati, relative alla disponibilità e all'accessibilità dei servizi di assistenza, al rimborso dei medicinali, agli studi clinici e alla ricerca, al riconoscimento della demenza come priorità, allo sviluppo di iniziative di inclusione sociale, al riconoscimento dei diritti delle persone con demenza e dei loro familiari. Ogni categoria contribuisce con un 10% al risultato totale.
L'Italia si posiziona a metà della classifica con un punteggio complessivo del 52,9%. In testa: Finlandia (75,2%), Inghilterra (72,4%), Paesi Bassi (71,2%), Germania (69,4%), Scozia (68,8%).
Se da un lato noi italiani dobbiamo essere orgogliosi perché abbiamo ottenuto il primato nella categoria del “coinvolgimento nelle iniziative europee di ricerca sulla demenza”, siamo invece molto carenti sul fronte della disponibilità dei servizi di assistenza (23esimo posto su 36) e ancora più nella loro accessibilità (30esimo posto). A ciò si aggiunge un basso riconoscimento della demenza come priorità di salute pubblica (26esimo posto).
Questo è il dato forse più sconfortante, perché da anni ci battiamo – e in questo “noi” includo decine e decine di associazioni nazionali e internazionali, governi ed enti – per far riconoscere la demenza come priorità di salute pubblica, ma è evidente che l'obiettivo in Italia sia ancora lontano da raggiungere. Nell'aprile del 2012 anche l'OMS, insieme ad Alzheimer's Disease International, invitava i Paesi ad agire fornendo una panoramica autorevole sull'impatto della malattia nel mondo: un impatto che nel 2018 costerà al mondo mille miliardi di dollari e che nel 2050, per fare una proiezione a lungo termine, conterà 150 milione di persone colpite. Io credo che queste cifre parlino da sole ed evidenzino senza dubbio la necessità di considerare la demenza una priorità di salute pubblica.
L'iniziativa delle Dementia Friendly Community, che abbiamo avviato ormai da un anno sulla scia del modello inglese di Alzheimer's Society e in collaborazione con diversi enti sul territorio, va proprio nella direzione di cercare di colmare queste mancanze. Essere una Comunità Amica significa infatti migliorare la qualità di vita delle persone con demenza e delle loro famiglie, promuovendo l'inclusione attraverso iniziative mirate e incontri formativi che rendano ogni cittadino, ogni lavoratore, ogni persona più informata e quindi più consapevole.
Ad oggi sono sette le città italiane che, da nord a sud, stanno muovendo i primi passi per diventare Comunità Amiche delle persone con demenza: da Abbiategrasso (Milano) a Giovinazzo (Bari), Val Pellice (Torino), Conegliano (Treviso), Scanzorosciate (Bergamo), Albino (Bergamo), Tradate (Varese). Sono solo le prime esperienze, ma i risultati sono positivi e stimolanti per indurci a coinvolgere un numero sempre maggiore di realtà sul territorio.
Dal locale al globale: vogliamo continuare anche a farci portavoce in Italia degli sviluppi a livello internazionale, nella speranza che le nostre istituzioni si rendano conto della portata e dell'urgenza delle demenze. E nella speranza ancora maggiore che le persone con demenza e le loro famiglie siano messe nella condizione reale di credere che una qualità di vita migliore sia possibile e raggiungibile.


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