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Il diabete e la malattia cardiovascolare

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La correlazione fra diabete e malattia cardiovascolare è ben nota ma non adeguatamente considerata in termini di gestione del paziente diabetico.
Innanzitutto vanno prese in considerazione tutte le condizioni morbose cardiovascolari - ipertensione arteriosa, coronaropatia, insufficienza cerebrovascolare, insufficienza cardiaca - nelle diverse varietà, nonché gli eventi già verificati e in diverse condizioni di gravità (tabella 5).
Sapevamo già da tempo che il paziente diabetico ha lo stesso indice di sopravvivenza di un non diabetico che ha avuto un precedente infarto miocardico. Analogamente l'incidenza di infarto fatale o non fatale è praticamente identica nel diabetico (22%) o nel non diabetico con pregresso infarto (19%) . L'associazione di diabete e precedente infarto diventa poi realmente perniciosa: in questo caso il rischio di reinfarto è del 45%.
In altri termini - come evidenziato già nel 1993 dal celebre studio MrFIT - il diabete aumenta di due-quattro volte il rischio di malattia coronarica e cerebrovascolare.
Non è il caso di ribadire i meccanismi fisiopatologici che sostengono la correlazione fra diabete e cardiopatia, spesso sovrapposti ad altri consueti fattori di rischio come il fumo, l'età, l'ipertensione e altre sfavorevoli predisposizioni costituzionali o familiari. Vanno menzionati invece alcuni nuovi aspetti, di interessante rilevanza, che favoriscono lo sviluppo di patologie cardiovascolari in corso di diabete:
• la riduzione della sintesi di ossido di azoto (No), con conseguente difetto dell'azione vasodilatativa;
• la glucotossicità e la lipotossicità associate al diabete favoriscono la liberazione di citochine proinfiammatorie, e quindi il mantenimento di una condizione infiammatoria cronica responsabile di un danno endoteliale;
• l'aumento di specie reattive dell'ossigeno, anch'esse responsabili di danno endoteliale;
• l'aumento di proteine infiammatorie e di fattori trombogeni.

In termini pratici questo si traduce in:
• un aumento di 2-5 volte di sviluppare un evento ischemico cardiaco o cerebrale;
• 60% di probabilità di exitus per un evento ischemico cardiaco o cerebrale.

Va ricordato che anche condizioni di diabete di gravità lieve-moderata comportano un significativo aumento del rischio cardiovascolare, come evidenziato dallo studio Epic e dallo studio Interheart, in cui risulta che la morbilità e la mortalità cardiovascolare aumentano in misura considerevole anche per condizioni di emoglobina glicosilata considerate nell'ambito della norma.
Un altro studio di proporzioni molto ampie, oltre 300 mila pazienti diabetici seguiti per sei anni, ha mostrato non soltanto che l'aumento della morbilità e mortalità cardiovascolare è direttamente proporzionale all'aumento dell'emoglobina glicosilata, ma anche che tale incremento è indipendente dai principali fattori di rischio associati (Zhao W et al.; Diabetes Care 37: 428-35) (grafico 8 e 9).

Queste considerazioni hanno indotto alcuni autori a considerare il diabete come una malattia cardiovascolare.
Un esempio concreto: nell'azienda ospedaliera di Grosseto la divisione diabetica è inserita in un dipartimento apposito di Patologia cardioneurovascolare, evidenziando il coinvolgimento diretto del rischio cardiovascolare nel malato diabetico. Si può sollevare l'obiezione che in questa definizione manchi un po' a sorpresa il termine diabete, ma nella sostanza l'esempio organizzativo è molto interessante.
Altrove invece la diabetologia è abitualmente inserita nelle patologie specialistiche o nei reparti di Medicina Interna.
Un aspetto rilevante nella prevenzione cardiovascolare in corso di malattia diabetica è la morbilità nascosta. Se il 50% dei pazienti con diabete di tipo 2 ha una malattia coronarica, circa la metà di questi non manifesta alcun sintomo né segno Ecg. Ciò implica che un uomo su 8 e una donna su 16 soffrirà di infarto miocardico o necessiterà di un intervento di rivascolarizzazione; e che un uomo (o donna) su 16 sarà colpito da ictus nell'arco di dieci anni.
Un altro modo di vedere il problema del rischio cardiovascolare nel diabete è il concetto di "anticipo di malattia": nel paziente diabetico la malattia cardiovascolare compare con notevole anticipo, circa quindici anni prima, rispetto allo stesso soggetto con identici fattori di rischio ma senza diabete.
Un parametro capace di predire attendibilmente il rischio e mortalità cardiovascolare è l'emoglobina glicosilata, il cui incremento costituisce quindi un fattore di rischio indipendente. Ciò ha indirizzato i maggiori sforzi negli ultimi anni nel controllare l'iperglicemia e quindi l'HbA1c. I risultati di questo impegno sono stati importanti in termini di riduzione degli eventi su base microvascolare, mentre lo stesso non si è ottenuto con il macrovascolare, talvolta riportando addirittura un aumento della mortalità legata a eventi macrovascolari quando si trattavano intensamente i diabetici.

* Il focus è frutto di incontri a cui hanno partecipato esperti del settore


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