Sentenze

La Cassazione boccia la Sap: il caso del bimbo conteso va esaminato di nuovo

di Flavia Landolfi

«Devianza dalla scienza medica ufficiale». Consulenza psicologica «senza conforto scientifico». Con queste parole la prima sezione della Corte di cassazione ifa a pezzi la Sindrome di alienazione parentale, una teoria secondo la quale un bambino può venire plagiato da un genitore al punto da rifiutare l'altro. E così il bambino di Cittadella di Padova, internato mesi fa in una casa famiglia a causa di una consulenza piscologica con diagnosi di Sap, potrà adesso tornare dalla madre in attesa che la Corte di appello di Brescia torni a pronunciarsi sul caso. Questa volta però con pezze di appoggio scientifiche, avvertono gli ermellini. D'altra parte, dice lla Cassazione, «non può ritenersi che, soprattutto in ambito giudiziario, possano adottarsi delle soluzioni prive del necessario conforto scientifico, come tali potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che le teorie ad esse sottese, non prudentemente e rigorosamente verificate, pretendono di scongiurare».

La sentenza. La decisione dei giudici n.7041 del 20 marzo (presidente Maria Gabriella Luccioli) è arrivata a seguito del ricorso della madre contro la decisione della Corte di appello di Venezia, che ribaltando la decisione del Tribunale dei minori che aveva disposto l'affidamento del bambino in via esclusiva alla madre collocandolo presso di lei, aveva al contrario deciso, sulla base di una consulenza tecnica di ufficio, che il piccolo era stato plagiato ed era affetto da una forma di alienazione genitoriale (conosciuta come Sap). E che quindi andava "deprogrammato" e rinchiuso in una casa famiglia per costringerlo a ripristinare i rapporti con il padre.

Il caso. La vicenda fece scalpore anche per le modalità con cui il piccolo era stato prelevato a forza per essere condotto nella struttura protetta. Un filmato inviato a Chi l'ha visto? e trasmesso in tv aveva suscitato non poche critiche a partire proprio dagli esperti del settore. La comunità psichiatrica internazionale ha rifiutato di inserire questa patologia nella revisione del Dsm, e cioé il manuela che contiente i disturbi di natura mentale.
Successivamente, anche il Ministero della salute aveva preso le distanza dalla Sindrome di alienazione parentale: «Sebbene la Pas - disse al Parlamento il sottosegretario alla Salute Adelfo Elio Cardinale - sia stata denominata arbitrariamente dai suoi proponenti con il termine «disturbo», in linea con la comunità scientifica internazionale, l'Istituto superiore di sanità non ritiene che tale costrutto abbia né sufficiente sostegno empirico da dati di ricerca, né rilevanza clinica tali da poter essere considerata una patologia e, dunque, essere inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici». Cardinale in quella occassione non lesinò sullo sdegno che avevano sucistato le immagini del bambino prelevato a forza da scuola. «Se posso, poi, alla fine della risposta ufficiale esprimere una mia valutazione, come medico e cittadino, credo che provvedimenti si dovrebbero prendere contro alcuni genitori che si vedono strappati i figli e non intervengono in maniera brutale».

La Cassazione. Ora la decisione degli ermellini potrebbe mettere la parola fine alla Sap usata all'interno dei procedimenti di affidamento della prole in caso di separazione e divorzio. Le critiche esposte dalla difesa della mamma nel ricorso, dice la Suprema Corte, «non sono state esaminate nel provvedimento impugnato così violandosi il principio secondo cui il giudice del merito non é tenuto a esporre in modo puntuale le ragioni della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, potendo limitarsi ad un mero richiamo di esse, soltanto nel caso in cui non siano mosse alla consulenza precise censure, alle quali, pertanto, é tenuto a rispondere per non incorrere nel vizio di motivazione». Non solo. «Passando all'esame delle cnesure dedotte - proseguono i giudici - deve rilevarsi che la loro fondatezza disende dall'intrecccio di due principi, parimenti disattesi, costantemente affermati da questa Corte in presenza di elaborati peritali che, interamente recepiti da giudice del merito, siano stati sottoposti a specifiche censure, soprattutto quando, come nel caso in esame, venga presa in considerazione una teoria (la Sap, ndr) non ancora consolidata sul piano scientifico ed anzi molto controversa».
Altro principio «disatteso e non meno importante» nel decreto della Corte d'appello di Venezia, riguarda, rilevano i giudici di piazza Cavour, «la necessità che il giudice del merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche, ovvero avvalendosi di idonei esperti, verifichi il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale». Infatti, si legge nella sentenza, «il rilievo secondo cui in materia psicologica, anche a causa della variabilità dei casi e della natura induttiva delle ipotesi diagnostiche, il processo di validazione delle teorie, in senso popperiano, può non risultare agevole, non deve indurre a una rassegnata rinuncia, potendosi ben ricorrere alla comparazione statistica dei casi clinici».