Imprese e mercato

Spending review e contratti: la ricetta giusta per aumentare la spesa e frenare gli investitori

di Veronica Vecchi e Niccolò Cusumano (Sda Bocconi Public Private Factory)

L’emendamento del Governo al Disegno di Legge di recepimento del DL 78/2015 articoli 9-bis-9-septies taglia di 2,3 miliardi il fondo sanitario a valere sul 2015. Tra le misure contenute nel decreto torna il taglio del 5% “per l'acquisto dei beni e servizi…dei contratti in essere che abbia l'effetto di ridurre i prezzi unitari di fornitura e/o i volumi di acquisto, rispetto a quelli contenuti nei contratti in essere, e senza che ciò comporti modifica della durata del contratto”.
Il comma 2 specifica che tale disposizioni “si applicano anche ai contratti per acquisti dei beni e servizi… previsti dalle concessioni di lavori pubblici, dalla finanza di progetto, dalla locazione finanziaria di opere pubbliche e dal contratto di disponibilità” e che “In deroga all'articolo 143, comma 8, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, la rinegoziazione delle Condizioni contrattuali non comporta la revisione del piano economico finanziario dell'opera, fatta salva la possibilità per il concessionario di recedere dal contratto”.
Oltre al fatto che non si capisce bene se si debbano tagliare anche i contratti già rivisti ai sensi del DL 95/2012 o si debba intervenire solo sui nuovi, questo articolo, specialmente per quel che concerne la sua applicazione ai contratti di PPP solleverà molti dubbi. Il legislatore nel suo elenco dei contratti di PPP sembra poi, essersi scordato delle concessioni di servizi ex art. 30 del Codice, a questi contratti si applica ancora la norma?

La difficoltà a ricavare il prezzo unitario
Innanzitutto non sempre tali contratti, prevedono dei “prezzi unitari di fornitura”, ma dei canoni che coprono un dato quantitativo di prestazioni. La difficoltà a ricavare il prezzo unitario può essere superata per le prestazioni a misura, come i servizi di lavanderia. In questi casi si potrà agire anche sui volumi erogati. Molto più difficile condurre un ragionamento simile per le prestazioni a corpo, come le manutenzioni. E ancora di più sui canoni dei servizi che remunerano anche le opere realizzate. In questi casi, infatti, il taglio sarebbe applicato non solo alla componente di fornitura o di servizio, ma anche all'investimento realizzato e agli interessi finanziari, visto che indirettamente le concessione di costruzione e gestione (e contratto di disponibilità, in realtà non ancora applicato in sanità) sono operazioni anche di natura finanziaria.
Le disposizioni del DL 78 così emendato non sembrerebbero applicarsi al canone di disponibilità, non menzionato nella tabella A, ovvero a quel canone che nelle più recenti concessioni di costruzione e gestione è stato introdotto per remunerare quella quota di investimento non coperto dal contributo a fondo perduto che in generale ha caratterizzato queste operazioni in Italia.

Ai fornitori e ai concessionario è lasciata la facoltà di recedere dal contratto
In relazione al leasing, la tabella A menziona i canoni sanitari e non sanitari. Ma a che cosa si riferisce? Sarebbe alquanto problematico se si riferisse alle operazioni di leasing finanziario, in quanto significherebbe applicarlo al capitale investito dall'intermediario finanziario e ai relativi oneri finanziari. Non essendo menzionati i mutui, probabilmente la tabella A fa riferimento alle operazioni di leasing operativo, nelle quali a prevalere è la componente di servizio rispetto alla componente di investimento e di finanziamento.
Ai fornitori e ai concessionario è lasciata la facoltà di recedere dal contratto. Ma il concessionario è assimilabile a un semplice fornitore? La risposta è no, il concessionario è il gestore dell'opera e dell'insieme dei servizi. Di fronte alla richiesta di revisione del contratto da parte del concedente, sarà quindi il concessionario a dover poi trattare con i singoli prestatori di servizi. Questi possono essere soci della società di progetto oppure dei soggetti terzi. È evidente che l'incentivo del concessionario a trattare sarà molto diverso a seconda che ci si trovi nel primo o nel secondo caso e che in ogni caso a rimetterci saranno le aziende più piccole su cui sarà scaricato l'aggiustamento. Più in generale ci si domanda quanto il recesso sia strada percorribile nelle operazioni di PPP, e soprattutto a quali costi è percorribile. Uno strumento più efficace di controllo della spesa nei servizi in concessione sarebbe stata l'introduzione di una disciplina più organica di come il concessionario affida tali servizi e la previsione di clausole “open book” da applicare ai contratti, in modo da renderli più trasparenti e confrontabili.
Per quei fornitori che scegliessero di esercitare il diritto di recesso il decreto recita che “per garantire l'attività gestionale e assistenziale, stipulare nuovi contratti accedendo a convenzioni-quadro, anche di altre regioni, o tramite affidamento diretto a condizioni più convenienti in ampliamento di contratto stipulato, mediante gare di appalto o forniture, da aziende sanitarie della stessa o di altre regioni o da altre stazioni appaltanti regionali per l'acquisto di beni e servizi”.

Deroga alla disciplina del Codice degli Appalti
Pur essendo opzione forse praticabile solo per gli acquisti di semplici servizi e forniture, si introduce qui, di fatto, una deroga alla disciplina del Codice degli Appalti sugli affidamenti diretti, in particolare le procedure negoziate ex art. 57 e i cottimi fiduciari ex art. 125 del Codice. Le ASL potranno, infatti, non soltanto accedere ove esistono, a delle convenzioni, ad esempio di Consip o altre Centrali Regionali, ma affidare direttamente a fornitori esistenti propri o di altre aziende i contratti a cui un fornitore ha effettuato il recesso, purché “a condizioni più convenienti in ampliamento di contratto stipulato” e “previo consenso del nuovo esecutore”. Questa disposizione, oltre a far diventare quasi di pratica corrente una procedura, l'affidamento diretto, che dovrebbe avere caratteri di eccezionalità finisce per rafforzare ulteriormente l'incumbent a scapito del mercato. Non si fissano, infatti, limiti temporali o quantitativi per un ritorno al mercato e l'indizione di una nuova gara.
Ancora più dubbi, in operazioni infrastrutturali pone il c.4 art. 9-ter del decreto emendato, il quale stabilisce che “gli enti del Servizio sanitario nazionale hanno diritto di recedere dal contratto, in deroga all'articolo 1671 del codice civile, senza alcun onere a carico degli stessi. È fatta salva la facoltà del fornitore di recedere dal contratto entro 30 giorni dalla comunicazione della manifestazione di volontà di operare la riduzione, senza alcuna penalità da recesso verso l'amministrazione”.
Questa disposizione si applica, verrebbe da dire, alla sola componente di servizi oppure ai soli appalti. Se si decidesse di recedere da una concessione, l'azienda sanitaria dovrebbe riacquistare quella quota di investimento non ancora ammortizzato. E se il PPP è stato spesso una scelta obbligata per non aumentare il livello del debito pubblico, il riacquisto significherebbe contabilizzare on-balance questi investimenti, un'operazione il cui conto sarebbe molto salato per i conti pubblici.
Probabilmente nessun concessionario avrà interesse a recedere, visto che queste operazioni garantiscono una rendita di lungo termine ed essendo comunque state aggiudicate in un contesto di scarsa competizione (caratteristica non solo italiana) in molti casi hanno e hanno generato marginalità che possono certamente attutire un eventuale taglio. Ma non è questo il punto. E soprattutto se si ritiene che queste operazioni siano molto onerose, data la loro unicità, dovrebbero essere valutate caso per caso, come peraltro in alcuni casi è stato fatto. Il punto è un altro.

Ennesime disposizioni emergenziali
Queste ennesime disposizioni emergenziali, oltre a ledere il legittimo affidamento, rischiano di minare la fiducia nelle istituzioni da parte, ad esempio, di quegli investitori internazionali che lo stesso Governo vorrebbe attrarre per finanziare gli investimenti infrastrutturali. Il rischio paese, che è già alto per l'instabilità normativa e politica, crescerebbe ulteriormente e farebbe comunque aumentare il costo dei futuri contratti e dei futuri progetti.
Il risparmio immediato rischia, infatti, di trasformarsi in un maggiore esborso futuro, poiché le aziende fornitrici interiorizzeranno nei prezzi di offerta il rischio di tagli futuri introdotti unilateralmente. Inoltre, questi tagli colpiscono di più i fornitori seri che hanno offerto un prezzo coerente rispetto al servizio fornito, senza cioè avendo esercitato un azzardo morale di qualunque tipo finalizzato a incrementare la loro marginalità.
Ma quali sono stati gli effetti delle disposizioni di spending review precedenti?
Andando a osservare quanto è accaduto nel periodo 2008-2014 la spesa si è contratta del 3,03% a valori di mercato. Questo risultato si è ottenuto agendo sugli stipendi e riducendo gli investimenti (che però rappresentano il 3% della spesa). La caduta dei tassi di interesse e l'assenza di nuovi investimenti ha inoltre permesso di ridurre le spese per rimborso prestiti.
La spesa per acquisto di beni e servizi è invece aumentata. Facendo uno zoom su alcune classi di spesa, per un aggregato di quasi 19 miliardi di euro, osserviamo nella seconda tabella che la principale voce responsabile dell'aumento è la spesa farmaceutica cresciuta del 32,81% - esclusa dal DL 95/2012. I servizi sanitari da privati, invece, si sono contratti effettivamente del 5,15%, mentre i servizi sanitari da soggetti pubblici hanno registrato quasi un +7%.
Revisione della spesa offrendo servizi migliori è un obiettivo di medio periodo, richiede azioni strutturali non dettate dall'emergenza e soprattutto investimenti: ridefinizione della rete di assistenza, riprogettazione dei processi di cura, formazione del personale (ci sarebbero peraltro i fondi per fare questo - l'obiettivo tematico 11 del Fondo Sociale Europeo), informatizzazione.
In tema di PPP il governo inglese quando si è reso conto che stava pagando un conto salato agli operatori e agli investitori, molti dei quali tra l'altro con sede nei paradisi fiscali, si è ben guardato da applicare tagli lineari. Ha varato, invece, una nuova policy per utilizzare i capitali privati, la Private Finance 2 (PF2), policy che si applica però soltanto alle nuove operazioni e non ai contratti in essere.
Il rispetto dei vincoli di bilancio e le politiche volte alla riduzione del carico fiscale richiedono certamente misure straordinarie per l'entità dello sforzo, ma non devono trasformarsi però in azioni punitive nei confronti del mercato che rischiano poi di trasformarsi in un boomerang. La fiducia è un elemento intangibile, ma molto prezioso, una volta persa è molto difficile da riguadagnare.
Il PPP è una strada utilizzata da molti paesi nel mondo per ragioni di bilancio e di qualità ed efficienza della spesa. Il fiscal compact rende questo strumento una strada quasi obbligata per il nostro paese. Ma allora servono capitali e operatori capaci, anche internazionali. E quindi fiducia e competenze sono elementi fondamentali da cui non è possibile prescindere.


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