Imprese e mercato
Sanità, per le imprese crediti insoluti a quota 6 miliardi
di Roberto Turno
Un credito non incassato che è tornato a superare in totale quota 6 mld, pesante anche come “soglia psicologica” oltre che come indice di depressione industriale. E tempi d’attesa che dopo la discesa del 2013-2014, hanno ripreso a crescere, o comunque a non scendere più, impiantandosi tra 150 e 170 giorni. Con le solite regioni canaglia del Sud - Molise, Calabria e Campania nell'ordine - che si confermano le superstar dei “pagherò” in tempi biblici. Anche ben oltre i 600 giorni per il minuscolo Molise, che però è un gigante dei debiti non onorati nei tempi di legge, tanto meno dei mitici 60 giorni targati Ue. E, come se non bastasse, ecco il caso nel caso: l’azienda ospedaliera «Mater Domini» di Catanzaro, che onora i debiti verso le imprese creditrici ben 1.405 giorni dopo. Praticamente quattro anni. Quando magari il creditore è stato asfissiato dai crediti non recuperati.
Resta un terreno minato e pieno di incognite, e di rischi che non finiscono mai per le aziende private, l’operazione di recupero di crediti nella sanità pubblica. Lo confermano i dati aggiornatissimi elaborati da Farmindustria (farmaceutiche) al secondo trimestre dell’anno, e quelli di Assobiomedica (biomedicale) che arrivano a luglio. Per Assobiomedica il credito insoluto ha toccato i 3,023 mld, addirittura in aumento di 37 mln da giugno. Mentre per le industrie del pharma i crediti impigliati sono tornati a toccare i 3 mld. Tutto questo mentre ha rallentato naturalmente il rubinetto dei giorni d’attesa: per i biomedicali è di 170 giorni a giugno, valore ormai pressoché costante da mesi, che ha smesso di calare da mesi e che sembra avere ormai esaurito quella dinamica di discesa che aveva dato un colpo d'accetta a tempi di pagamento che erano arrivati perfino a 317 giorni a inizio 2012, prima che il ciclo cambiasse rotta con le ripetute iniezioni di liquidità decise dal Governo di Enrico Letta in poi. Ma quel ciclo virtuoso adesso s’è frenato. Esattamente come sta accadendo per i crediti delle industrie farmaceutiche: i tempi d’attesa nel secondo trimestre dell’anno erano di 151 giorni: il 5% in meno dello stesso trimestre 2014, ma l'11% in più (15 giorni) rispetto al trimestre precedente (fino a marzo). Segno, appunto, dello stop allo sprint dei pagamenti di asl e ospedali.
Effetto split payment e fatturazione elettronica, forse. Ma non solo. Perché le due novità di quest’anno non possono spiegare da sole la frenata in corso. Che non a caso preoccupa, e fortemente, le imprese dei due settori. Quelle del pharma, alle prese con la prossima (fine mese) revisione (onerosa) del Prontuario, la modifica dei tetti di spesa e il payback (ripiano) per le imprese. E quelle del biomedicale, nella morsa di spending, nuovo pay back e rinegoziazione dei contratti. Evidente che la frenata sui rimborsi delle fatture possa avere un effetto ancora più pesante per entrambi i settori.
Spiega Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria: «È innegabile, i dati stanno peggiorando di nuovo. E sulla fatturazione elettronica non hanno aiutato le decisioni delle singole regioni. Fatto sta che ora il quadro si complica, mentre serve una governance che faccia chiarezza e aspettiamo il nuovo Prontuario. Per poterlo valutare. Nessuno scordi che per occupazione, investimenti, export, siamo all’avanguardia». Aggiunge Luigi Boggio, presidente di Assobiomedica: «Certo, non siamo al Medioevo dei vecchi tempi di pagamento, ma questi segnali di frenata ci preoccupano parecchio. Non vorremmo che altre regioni, come accaduto per il Piemonte, abbiano usato come spesa corrente i fondi per rimborsare i fornitori. La situazione per noi è molto critica, visti i tagli decisi».
Intanto è rosso nei rimborsi per troppe regioni. Al Sud poi le fatture restano nei cassetti: nel Molise 674 giorni per i farmaci e 633 per il biomedicale,in Calabria rispettivamente 294 e 561 giorni. Nel biomedicale la Campania (398 mln) ha il 13,2% di tutto il debito di settore. Mentre la Calabria vanta le due peggiori pagatrici: dopo i 1.409 giorni dell’ospedale di Catanzaro, ecco gli 800 di ritardo del «Ciaccio», pure di Catanzaro. Un’altra Italia rispetto ai 30 giorni (sotto l’obbligo Ue) della Asl 1 dell’Umbria. Ma così va l’Italia, anche in sanità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA