Imprese e mercato

Dalle neuroscienze un esempio di come promuovere le capacità italiane

di Paolo Gazzaniga, direttore centro studi Assobiomedica

Da oggi al 12 settembre si terrà a Roma il 15° Interim Meeting della Federazione mondiale delle società di neurochirurgia (World Federation of Neurosurgical Societies). Migliaia di neurochirurghi da oltre cento paesi si ritroveranno in quei giorni in Italia. Ben 144 verranno dalla Cina, risultando essere la rappresentanza più numerosa; 113 dal Giappone, 55 dall'Egitto, 53 dalla Corea del Sud, 40 dall'India e, per la prima volta dopo la rimozione dell'embargo, 29 dall'Iran. Da qui l'idea di cogliere tale occasione per attirare l'attenzione del mondo sulle capacità italiane di offrire prodotti, innovazioni, servizi ad alto valore aggiunto - quali la progettazione di nuovi dispositivi medici, la loro sperimentazione clinica, la formazione specialistica e l'aggiornamento professionale - in questo campo. Due giornate, il 10 e l'11 settembre, saranno quindi dedicate a promuovere la filiera italiana della salute nelle neuroscienze, ovvero le nostre eccellenze in neurodiagnostica, neurochirurgia, neuroriabilitazione, neuro-oncologia, medicina rigenerativa.
Ebbene, di questo evento ha senso parlarne qui per diversi motivi.
Innanzitutto perché sarà la prima volta in assoluto che si promuoverà un'intera filiera, in questo caso composta da università, centri di ricerca, cluster tecnologici, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, centri clinici, start up e imprese. E questo all’insegna del “sistema paese”, ovvero con le Istituzioni impegnate a dare forza e credibilità all'iniziativa. Fatti questi eccezionali in un paese come l'Italia così caratterizzato dalla parcellizzazione economica, istituzionale e soprattutto culturale che solitamente spinge ad affrontare con un approccio individualista anche le questioni che sono per loro natura “di sistema”. La ripartenza economica del nostro paese ha grande bisogno di iniziative con questo respiro e l'auspicio, quindi, è che essa sia la prima di una lunga serie.
Un secondo motivo è che le neuroscienze rappresentano un caso paradigmatico di come la moderna sanità - quella in grado di assicurare oggi qualità e appropriatezza di assistenza e, un domani, continui progressi - non possa in alcun modo prescindere né dalle tecnologie né dall'essere protagonista, e non solo consumatrice, dell'innovazione. Ventidue innovazioni tecnologiche, di cui oltre la metà presentate da start up; quindici eccellenze cliniche e scientifiche. Questi pochi e semplici numeri, da un lato, rappresentano una misura certamente parziale di quanto esiste e merita di essere valorizzato in questo campo in Italia; basti pensare, infatti, che - parlando solo di imprese e start up - quelle potenzialmente coinvolgibili erano complessivamente oltre settanta; dall'altro, danno comunque un segnale forte di un “made in Italy” al quale non corre immediatamente il pensiero quando si pronunciano queste parole, ma sul quale dobbiamo puntare e investire di più. Anche da questo punto di vista, quindi, ben venga se dopo l'evento di settembre, che a tutti gli effetti va considerato un prototipo, si sfrutteranno altre occasioni per promuovere ulteriori filiere italiane della salute. A questo proposito abbiamo solo l'imbarazzo della scelta.
E veniamo al terzo aspetto importante che merita di essere sottolineato. Tra gli attori della filiera della salute, le strutture sanitarie hanno evidentemente un ruolo centrale ed è interesse di tutti potenziarne la capacità di attrarre investimenti sia pubblici sia privati. Concentriamoci su questi ultimi, e in particolare sugli investimenti in studi clinici. La competizione per attrarre tali investimenti si gioca a livello mondiale, e a quel livello le competenze non sono sufficienti, serve massa critica. E più si guarda avanti si vede che più sarà così. Chi l'ha capito si è dato una strategia improntata alla collaborazione interaziendale e interterritoriale tesa a cogliere sinergie e fare massa critica, in modo da offrire all'industria servizi di questo genere presentandosi come un'unica piattaforma o rete specialistica composta da più centri di eccellenza. Sotto questo aspetto noi italiani siamo un passo indietro perché le nostre pur numerose eccellenze tendono tuttora ad agire singolarmente, finendo così per competere maggiormente tra loro nello spartirsi “le briciole” che gli headquarters delle multinazionali destinano all'Italia piuttosto che insieme competere su scala globale nell'attrarre gli investimenti per i grandi studi clinici, quelli che fanno la differenza in tutti i sensi.

Ecco che quindi l'evento di metà settembre a Roma avrà successo anche nella misura in cui contribuirà a diffondere nel nostro paese questa consapevolezza: abbiamo da un lato grandi capacità, ma dall'altro un assetto frammentato che non le valorizza come meriterebbero. Una strada da percorrere sarebbe quella di mappare le eccellenze in ciascun campo e creare reti specialistiche di respiro nazionale che le ricomprendessero; non reti virtuali, bensì reti reali; ciascuna dotata di una propria governance, una propria funzione di marketing internazionale e del personale dedicato alla gestione degli studi clinici. Queste reti potrebbero offrire servizi ad alto valore aggiunto per l'industria di tutto il mondo, partecipare con autorevolezza e peso specifico ai bandi europei, e supportare altresì processi di sviluppo e internazionalizzazione dell'industria italiana del settore.
Il quarto e ultimo punto su cui si vuole attirare l'attenzione si riferisce alle start up. In base all'articolo 25, comma 2, del Dl 179/2012, lo status di “start up innovativa” presuppone, oltre ad altri requisiti, che l'attività sia avviata da non più di quattro anni. Tale limite temporale è, da un lato, ragionevole; tuttavia, non facendo distinzioni in base al settore, esso finisce, dall'altro, per penalizzare chi si affaccia ai mercati più difficili, come ad esempio le aspiranti imprese che rientrano nella filiera della salute. A prova di ciò si consideri che quasi la metà delle quattordici “start up” che saranno protagoniste nell'evento del prossimo settembre ha un'età compresa tra i 6 e i 10 anni; bene, questa volta, che esse siano state selezionate in base alle innovazioni che hanno da proporre e non sulla rispettiva età anagrafica.
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