Imprese e mercato

Prezzi e occupazione, Federfarma: le stime sballate di chi vuole la ricetta fuori farmacia

di Federfarma

I soggetti che, come i liberi farmacisti e i portatori di interessi della Gdo, continuano a insistere per portare la ricetta medica fuori farmacia, sbandierano argomentazioni strumentali prive di fondamento sia quando affermano che tale misura porterebbe grandi risparmi per i cittadini che quando ipotizzano un aumento dei posti di lavoro.

Sul fronte dei possibili risparmi per i cittadini hanno torto. Chi invoca la deregulation dei farmaci con ricetta, sostiene che la liberalizzazione consentirebbe economie importanti, 500 milioni secondo alcune fonti o 600 secondo il Mnlf (che cita Altroconsumo). Cifre di non poco conto, perché nel 2014 la spesa degli italiani per i farmaci di fascia C con ricetta ha toccato i 2,9 miliardi di euro (Fonte Aifa). Una cosa però sono le previsioni e un'altra la realtà che poi si concretizza, e i liberi farmacisti di stime sballate se ne intendono.

Basta tornare indietro alla liberalizzazione dei farmaci senza obbligo di ricetta, decretata nel 2006 dalle cosiddette “lenzuolate” di Bersani: nei mesi precedenti i fautori della deregulation sostennero che il provvedimento avrebbe determinato ribassi medi dei prezzi del 20-25%; tenuto conto che nel 2006 la spesa degli italiani per i farmaci senza obbligo di ricetta (Sop e Otc) ammontò a 2 miliardi di euro, nell'anno successivo le famiglie avrebbero dovuto risparmiare almeno 400 milioni. I dati diffusi a febbraio dall'Aifa, però, dimostrano che le cose sono andate diversamente: nel 2008, infatti, gli italiani consumarono esattamente lo stesso numero di confezioni registrato nel 2006 spendendo sostanzialmente la stessa cifra. Le previsioni dei liberalizzatori non si sono concretizzate neanche negli anni a seguire: nel 2011 sono state consumate 11 milioni di confezioni in meno rispetto al 2006, ma la spesa degli italiani anziché scendere è salita, fino a superare i 2,1 miliardi. Morale, la “lenzuolata” è stata solo propaganda perché i prezzi non sono scesi ma al contrario saliti.
Ovviamente, a questo fallimento i liberalizzatori possono soltanto rispondere insistendo nell'errore: se le “lenzuolate” non hanno funzionato, diventa allora necessario allargarle. Nessuno, invece, che provi a chiedersi se forse l'errore sia all'origine: quando la domanda del mercato è anelastica (cioè non cresce al calare dei prezzi, come nel caso dei farmaci che si acquistano se si sta male, non se sono più convenienti) il gioco di compensare i ribassi alzando i volumi si fa difficile, soprattutto in presenza di farmaci sottoposti a obbligo di ricetta medica.

A fronte di risparmi inesistenti, i danni per i cittadini sarebbero certi e concreti. Infatti, i cittadini non disporrebbero più di un servizio capillare sul territorio perché le farmacie farebbero la fine dei piccoli esercizi di vicinato che sono stati spazzati via dalla GDO, a partire dalle piccole farmacie rurali che spesso costituiscono l'unico presidio sanitario a disposizione del cittadino sul territorio.

Un altro argomento sbandierato volentieri da liberi farmacisti e deregolamentatori è quello dell'occupazione. E anche qui il Mnlf semina numeri in libertà: l'uscita della fascia C con ricetta dalla farmacia farebbe spuntare 5.000 nuovi posti di lavoro, 3.000/3.500 nuove aziende e 700 milioni d'investimenti. Anche in questo caso c'è l'effetto “déjà vu”, perché le stesse ottimistiche previsioni vennero messe in giro dieci anni fa per ottenere la deregulation dei farmaci da banco.

Se, a detta degli stessi liberi farmacisti, la sola liberalizzazione dei farmaci otc non è bastata a dare di che vivere a questi negozi, ci si chiede come potrebbe l'ulteriore liberalizzazione dei farmaci con ricetta sostenere l'apertura di altri 3.500 punti vendita, ognuno dei quali dovrebbe poi dare lavoro a più di un farmacista (per arrivare ai 5.000 / 5.500 nuovi posti di lavoro favoleggiati dal Mnlf). Non e' così. Vero è invece che le farmacie, se perdessero una parte del mercato dei farmaci con ricetta, sarebbero certamente costrette a rivedere in diminuzione i propri organici.

La vera occupazione qualificata verrà invece dall'imminente apertura delle 2500 farmacie messe a concorso dal Governo Monti, che daranno occupazione ad almeno 7.500 nuovi addetti. A queste si aggiungeranno altre 500 farmacie che, sempre in base al decreto Monti, le Regioni potranno aprire nei centri commerciali, nelle stazioni, negli aeroporti, dando lavoro ad altri 1.500 addetti. Tra l'altro va ricordato che i farmacisti delle parafarmacie hanno avuto un punteggio di favore, maggiorato nel 30%, nei concorsi per l'assegnazione delle nuove farmacie con l'obiettivo di dare una risposta alle difficoltà economiche e occupazionali denunciate dalle parafarmacie, tanto che dal concorso medesimo sono stati esclusi i titolari di farmacia, con l'eccezione di quelli rurali sussidiati.


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