Imprese e mercato

Innovazione tecnologica, la chance dei contratti di partnership pubblico-privato

di Veronica Vecchi (professore di Public management, Sda Bocconi) e Stefano Bergamasco ( vice-presidente Associazione italiana Ingegneri clinici)

I contratti di partnership pubblico-privato (Ppp), soprattutto secondo la forma della concessione di costruzione e gestione finanziata in project finance, sono stati da anni utilizzati in sanità per la realizzazione di grandi investimenti con lo scopo precipuo di far integrare risorse pubbliche (principalmente quelle dell’articolo 20 della legge 67/1988) e private. La complessità del modello e la mancanza di adeguate competenze non ha consentito in passato di utilizzare al meglio queste soluzioni, anche se un importante risultato raggiunto è stato il rinnovamento di una fetta significativa della rete ospedaliera, specie in alcune Regioni, quali Lombardia, Veneto e in parte Emilia Romagna e Toscana.

Oggi i contratti di Ppp si stanno trasformando verso soluzioni “light”. Da un lato, quelli relativi alla costruzione di nuovi ospedali dovranno affidare all’operatore privato solo progettazione, costruzione, manutenzioni e gestione energetica. Dall’altro, sta crescendo l’interesse per contratti di Ppp finalizzati all’efficientemento energetico e alla gestione e rinnovo delle tecnologie sanitarie.

Proprio con riferimento a quest’ultimo ambito, il 18 maggio scorso, presso Expo Sanità, l’Associazione italiana Ingegneri clinici (Aiic) ha organizzato in collaborazione con Sda Bocconi un workshop sui modelli di finanziamento delle tecnologie sanitarie, il cui stato di obsolescenza, determinato dalla carenza del necessario rinnovo periodico, rappresenta uno degli anelli più deboli della sanità italiana.

La situazione della vetustà del patrimonio tecnologico è stata recentemente messa in evidenza all’interno del rapporto Oasi di Cergas - Università Bocconi, secondo cui l’età media di tutte le tecnologie biomediche in Italia è pari al 75% del loro percorso di ammortamento, il che è un dato molto alto considerando che si tratta di una media e che vi sono molte apparecchiature che sono ben oltre la soglia di obsolescenza. Particolarmente significativo il dato pubblicato a fine 2015 dal Centro Studi di Assobiomedica con il dettaglio sulle apparecchiature di diagnostica per immagini (radiologia, ultrasuoni e medicina nucleare), che per costo e impatto sui percorsi assistenziali costituiscono un segmento tescnologico particolarmente rilevante. Per molte classi tecnologiche (es. mammografi convenzionali, risonanze magnetiche, sistemi radiografici fissi e mobili...) l’età funzionale limite di riferimento è stata mediamente superata di diversi anni, con un elevatissimo numero di apparecchiature che hanno superato tali limiti in modo inaccettabile (con età riscontrate di 20 anni e più). Il profilo di vetustà delle apparecchiature non è omogeneo, confermando che in Italia, nel corso degli anni passati, non sono stati adottati politiche e provvedimenti sistematici volti al rinnovo del parco tecnologico più obsoleto, con un approccio alla sostituzione e al rinnovo delle apparecchiature non pianificato e strutturato. Come sottolineato dal rapporto di Assobiomedica, adottare nuove apparecchiature significa ridurre i tempi di attesa per analisi e risultati, ma soprattutto aumentare la capacità di diagnosi con notevoli benefici in termini di produttività dei sistemi, tempi e costi di ospedalizzazione e di qualità di cura dei pazienti.

La nuova formulazione del Codice dei Contratti in materia di Ppp offre grandi opportunità alle aziende sanitarie per concepire contratti finalizzati a ottimizzare la spesa per l’approvvigionamento e la gestione delle tecnologie, trasferendo all’operatore economico il rischio di disponibilità delle macchine, la loro performance coerentemente alle esigenze in evoluzione delle aziende e quello tecnologico.

I contratti di Ppp generalmente includono la fornitura delle attrezzature, la loro manutenzione nel tempo, la formazione del personale utilizzatore, il rinnovo tecnologico; in taluni casi è possibile includere anche la gestione del servizio clinico o diagnostico, come per esempio avviene per la dialisi. In questi casi, comunque, il governo clinico rimane sempre in capo all’azienda sanitaria.

In Europa questi contratti sono fortemente incentivati, direttamente o indirettamente. Nel Regno Unito, l’incentivo è fiscale: i contratti di Ppp nel settore tecnologico, chiamati Mes (Managed equipment aervice), beneficiano di una Iva agevolata sul canone corrisposto dall’azienda rispetto a quella dovuta sullacquisto delle singole tecnologie. In Francia, l’incentivo è indiretto: gli ospedali vengono remunerati con Drg decrescenti in funzione del tasso di obsolescenza delle tecnologie.

In Italia? Il contratti di Ppp fanno paura e non perché non funzionino. Certamente le criticità generate dai grandi Ppp ospedalieri non hanno aiutato a creare un adeguato clima di fiducia. Tuttavia, quello che manca è il commitment politico verso questo tipo di contratti, il cui sviluppo è lasciato nelle mani di coraggiosi manager pubblici, che si muovono in un contesto di forte incertezza, non normativa, ma istituzionale.

Una delle principali paure è come giustificare questi contratti rispetto all’acquisto della fornitura mediante Consip o altre centrali di committenza.

Si tratta di un prospettiva sbagliata. Infatti, il Ppp non rappresenta certamente una alternativa all’acquisto centralizzato, che può essere appropriato quando l’esigenza è quella di acquistare un singolo macchinario e le gare vengono predisposte rispondendo alle esigenze tecnologiche e qualitative espresse dalle strutture sanitarie e aggiudicate secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e non unicamente al prezzo più basso, tenendo quindi conto del ciclo di vita della tecnologia o non del mero costo di acquisto.

Il Ppp ben si presta, invece, per equipaggiare un nuovo presidio o un nuovo reparto; oppure per dotare l’ospedale di innovazioni tecnologiche adeguate a competere o eccellere in una certa specialità.

Da un punto di vista clinico-tecnologico le competenze del partner privato sono fondamentali per assicurare la disponibilità delle tecnologie secondo i più alti standard richiesti. Da questo punto di vista è indispensabile l’esperienza specialistica degli ingegneri clinici (operanti sia all’interno delle strutture sanitarie dal lato della domanda e della valutazione, sia presso i partner esterni) che, come evidenziato da un recente studio di Aiic, si è evoluta dal tradizionale ambito manutentivo ad attività innovative quali Hta e pianificazione, approvvigionamento e progettazione integrata.

Da un punto di vista economico e finanziario, il Ppp consente una pianificazione degli investimenti nel tempo a fronte di un costo certo, che consente un’ottimizzazione nella gestione delle risorse disponibili.

Un esempio può essere utile per comprenderne i vantaggi economico-finanziari (i dati numerici riportati sono i risultati di sintesi di uno studio sul value for money in un caso reale sviluppato insieme all’ingegneria clinica di una azienda sanitaria, con diversi scenari in termini di acquisti, sostituzioni, manutenzioni).

Si prenda il caso di un’azienda sanitaria che deve aggiornare la dotazione tecnologica di un presidio di nuova realizzazione, per un valore di investimento di poco superiore a 10 milioni di euro. Un contratto di Ppp consente di affidare a un operatore economico la responsabilità di riadeguare in parte le tecnologie già di proprietà, mixandole con l’acquisto di nuove nell’ambito di un contratto che consentirà all’azienda di avere a disposizione un parco tecnologico aggiornato ogni 5/8 anni, in base alle esigenze.

A fronte di questo servizio l’azienda pagherà un canone annuo di 2 milioni di euro all’anno per 14 anni (le durate dei contratti di Ppp possono essere anche inferiori). L’alternativa al contratto di Ppp sono acquisti puntuali di tecnologie e contratti di manutenzione sull’intero parco, soggetti a un rischio tecnico e amministrativo che può essere stimato pari al 3% del valore di acquisto delle tecnologie e che nel caso del Ppp può essere interamente trasferito alla controparte privata. A questi rischi si deve poi aggiungere quello di obsolescenza dei macchinari, come dimostrato dalla vetustà del patrimonio tecnologico medio italiano, sopra descritto.

Il confronto tra un modello tradizione e il Ppp con riferimento al caso specifico porta a un risultato che dimostra inequivocabilmente il value for money del Ppp. Il costo attuale del Ppp è pari a 28 milioni di euro, contro un costo nell’ipotesi tradizionale di 30 milioni se i rinnovi vengono effettuati ogni 12 anni (situazione limite) oppure di 44 milioni se i rinnovi vengono effettuati ogni 8 anni.

Il Ppp è una sfida da cogliere, non solo per l’accesso alle necessarie risorse finanziarie per far fronte al rinnovo e mantenimento del parco tecnologico, ma anche come modalità per integrare le competenze tecnologiche e cliniche per conseguire livelli di maggior efficienza ed efficacia. Serve ora un maggior commitment politico per sostenere alcune sperimentazioni che possano diventare casi da replicare e, perché no, anche migliorare.


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