Imprese e mercato

Farmaci orfani, un modello vincente che va difeso

di François Beaubien (Associate di Sectoral Asset Management)

La diagnosi di qualsiasi malattia è un’esperienza terribile e destabilizzante, ancora di più quando si tratta di una malattia sconosciuta dal paziente e dalla sua famiglia. Perché è una patologia che colpisce solo poche migliaia o addirittura poche centinaia di persone in tutto il mondo. Questa è la realtà delle malattie rare.

Sebbene nel 75% dei casi le malattie rare colpiscano i bambini e rappresentino la causa del 35% dei decessi nel primo anno di vita, per decenni le società farmaceutiche e di biotech hanno dedicato loro solo una piccola parte del budget di ricerca e sviluppo, concentrandosi invece sui farmaci “blockbuster”, ossia quelli destinati alla cura di malattie “comuni”.

A seguito dell’approvazione nel 1983 del Orphan drug act negli Stati Uniti, la comunità internazionale ha preso lentamente sempre più coscienza della necessità di realizzare programmi di ricerca strutturati per non abbandonare completamente i pazienti colpiti da malattie rare.

Il paradosso delle malattie rare
Quanto rara deve essere una malattia per essere classificata come “orphan disease”? Dipende dal Paese ove si vive. In Europa sono classificate come malattie rare quelle che colpiscono meno di 5 casi su 10mila (meno di 250mila pazienti, sulla base di una popolazione europea di 506 milioni).

Molti Paesi dell’America Latina - come Messico, Argentina, Cile, Colombia - hanno adottato la definizione Ue. In America si guarda al numero assoluto dei casi, definendole come quelle con di meno di 200mila pazienti (meno di 6 casi ogni 10mila, in base alla attuale popolazione degli Stati Uniti). Ciascun Paese asiatico utilizza una propria metrica.

Per contestualizzare questi numeri, si pensi che il diabete nei diversi Paesi del mondo colpisce dalle 300 alle 900 persone ogni 10mila. Tuttavia sebbene ogni singola malattia rara affligga solo un piccolo numero di persone, il totale di pazienti con malattie rare è molto grande, circa 350 milioni di individui in tutto il mondo (Usa e Ue contano circa 65 milioni di pazienti colpiti da orphan diseases).

La varietà delle malattie rare riflette la complessità della biologia umana
La stima attuale è di circa 8mila diverse patologie. Questo numero è in costante aumento, con una media di cinque nuove malattie rare scoperte ogni settimana e riportate nella letteratura medica.

La finanza e la buona società
Non è necessario aver frequentato studi avanzati di economia e gestione delle società farmaceutiche per cogliere il problema fondamentale: lo sviluppo dei farmaci è estremamente costoso, quindi le aziende farmaceutiche e biotech preferiscono concentrarsi sulle malattie più comuni. Per incentivare e sostenere la ricerca e lo sviluppo di terapie per le malattie rare era indispensabile una legislazione come l’Orphan drug act americano.

Misure volte a promuovere lo sviluppo di farmaci per malattie rare (orphan drugs) sono state emanate in molti Paesi, e pur nella loro diversità, la maggior parte degli interventi pubblici includono il rilascio di brevetti ed esclusive per un lungo periodo, crediti d’imposta e detrazioni fiscali per la R&S e una stretta collaborazione tra innovatori e agenzie di regolamentazione del farmaco.

Di conseguenza il costo della fase III dei test clinici per le orphan drugs è stimata essere circa la metà di quella degli altri farmaci. Inoltre, i tempi di sviluppo possono essere più brevi con mirati programmi di test clinici che richiedono un numero inferiore di studi pilota, con un numero più ridotto di pazienti. Secondo stime elaborate da EvaluatePharma®, negli studi clinici di fase III occorre una mediana di 538 pazienti per testare le orphan drugs, rispetto a una mediana di 1.558 pazienti per i farmaci tradizionali.

Scelte politiche, come l’Orphan drug act, hanno prodotto ottimi risultati
Negli Stati Uniti dal 1983, anno di promulgazione della legge, sono stati approvati oltre 350 nuovi farmaci. Nell’Unione europea circa 200. È sorprendente che oggi quasi la metà dei nuovi farmaci nel mondo occidentale sono destinati alla cura delle malattie rare.

Supportata dal sostegno pubblico, la spinta alla ricerca sulle malattie rare è stata, ed è ancora, alimentata da un mix di finanziamenti pubblici e privati. Molte aziende biotech quotate adottano modelli di business finalizzati alla ricerca di cure per malattie rare, seguendo l’esempio di successo di società che hanno visto crescere sostanzialmente il proprio valore di mercato grazie alla scoperta di trattamenti che hanno ottenuto o promettono di ottenere significativi volumi di vendita (come Alexion, Vertex e BioMarin).

Secondo il Biotechnology industry organization ogni anno il venture capital finanzia con oltre US$ 500 milioni la pipeline di orphan drugs prodotte da nuove, emergenti società farmaceutiche e biotech americane. Gli investitori nei titoli di queste società hanno beneficiato dalla sostenuta attività di M&A nel settore: esempi recenti includono l’acquisizione di Nps Pharmaceuticals per 5,2 miliardi di dollari da parte di Shire mentre Alexion ha acquisto Synageva per 8,4 miliardi di dollari.

Prezzi e accessibilità delle cure per malattie rare
È inevitabile che, quando il mercato per un nuovo trattamento è molto piccolo, il prezzo per singolo paziente sarà molto alto. Alcuni farmaci per la cura di malattie rare possono costare anche centinaia di migliaia di dollari per paziente all’anno. Ad esempio Soliris, la prima terapia approvata per una gravissima e rarissima malattia del sangue chiamata emoglobinuria parossistica notturna (prevalenza in tutto il mondo: 1-5 casi per milione), ha un costo per paziente di 400mila dollari all’anno.

Eppure molti esperti del settore ritengono che, dato il numero limitato di pazienti, i costi per le cure di malattie rare potranno continuare a sfuggire ai sempre più stringenti controlli dei costi del sistema sanitario. È peraltro indubbio che la tendenza globale sia verso una maggiore attenzione ai costi sostenuti dal contribuente (sia per la spesa pubblica in sanità sia per quella sostenuta dalle assicurazioni private).

Ciò potrebbe comportare un incremento delle spese che restano a carico del paziente, mettendo a rischio l’accesso ai farmaci di cui questi malati hanno disperato bisogno.

Il secondo fronte nella battaglia per l’accessibilità alle orphan drugs è la lista omologazioni nei diversi Paesi. Senza l’approvazione del nuovo farmaco, il paziente è costretto a ricorrere a trattamenti alternativi che di solito offrono benefici limitati, se disponibili. Ad esempio, secondo uno studio pubblicato quest’anno da Gong et al. sul Orphanet journal of Rare diseases, delle prime 315 orphan drugs approvate negli Stati Uniti, solo 119 hanno ricevuto l’autorizzazione alla commercializzazione in Cina.

La strada da percorrere: tra allocazione delle risorse e nuove terapie
Attualmente, le orphan drugs rappresentano circa il 15% del fatturato mondiale di farmaci da prescrizione (esclusi farmaci generici), ma la crescita è molto più elevata in questo segmento di mercato. Inoltre, poiché più del 90% delle malattie rare sono ancora senza un trattamento approvato, è probabile che la ricerca scientifica continuerà a proporre nuove opzioni terapeutiche per i pazienti.

Al fine di ottimizzare questo sforzo, l’ecosistema rivolto alla ricerca di cure per malattie rare deve rimanere in equilibrio, per proteggerne la fragile dinamica grazie alla collaborazione tra associazioni di pazienti, governi, università ed enti privati.

Un’ulteriore sfida è quella di ridurre le differenze a livello mondiale in materia di accessibilità alle cure. La nascita di associazioni internazionali di pazienti, ciascuna dedicata a una singola malattia rara, facilita la condivisione delle conoscenze e delle risorse. Grazie alle relazioni che in tal modo si stabiliscono tra i diversi Paesi si potranno creare nuovi canali di accesso al mercato di questi farmaci anche in aree geografiche finora non adeguatamente coperte.


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