Imprese e mercato
Il sotto-utilizzo dei farmaci equivalenti in Italia. Il Position Statement Gimbe
di Antonino Cartabellotta, Corrado Iacono
Il Rapporto Gimbe sulla sostenibilità del Ssn 2016-2025 — presentato in Senato lo scorso giugno — ha indicato come strategia fondamentale per garantire la sopravvivenza della sanità pubblica il processo di disinvestimento (da servizi e prestazioni dal basso value) e la riallocazione delle risorse recuperate in servizi essenziali e innovazioni dall'elevato value. Secondo l'Osservatorio sulla sostenibilità del Ssn, recentemente lanciato dalla Fondazione Gimbe, nell'ambito dei farmaci a brevetto scaduto il sotto-utilizzo dei farmaci equivalenti (e il corrispondente sovra-utilizzo dei farmaci di marca) rappresenta una priorità rilevante, perché lo shift da brand vs equivalenti è una strategia concreta per aumentare il ritorno in termini di salute del denaro investito in sanità (value for money).
Purtroppo i farmaci equivalenti (più noti come generici) vengono spesso percepiti da medici, farmacisti e pazienti come un prodotto disponibile sul mercato esclusivamente per esigenze di risparmio economico, ma inferiore ai farmaci di marca per qualità, efficacia e sicurezza. Infatti, le limitate campagne istituzionali destinate a promuovere l'uso consapevole degli equivalenti hanno spesso sortito un paradossale effetto boomerang, generando più perplessità che cultura su questi prodotti. Di conseguenza, anche se negli ultimi 15 anni la quota di mercato degli equivalenti si è progressivamente espansa, in Italia rimangono ampiamente sotto-utilizzati rispetto agli altri paesi (figura 1): nel 2013 hanno infatti rappresentato solo il 19% del mercato farmaceutico totale in consumi (media OCSE 48%) e l'11% della spesa (media OCSE 24%) ei farmaci equivalenti in Italia
Il sotto-utilizzo dei farmaci equivalenti è un fenomeno che non riflette i progressi della ricerca scientifica, che negli anni ha prodotto tre incontrovertibili evidenze: innanzitutto, il farmaco equivalente è altrettanto efficace e sicuro del farmaco di marca; in secondo luogo può contare su robuste evidenze di sperimentazioni e utilizzo (almeno 10 anni) del corrispondente farmaco di marca, che gli garantiscono un profilo rischio/beneficio molto più definito di qualunque nuovo farmaco; infine, il sotto-utilizzo degli equivalenti aumenta la spesa out-of-pocket e riduce la compliance terapeutica, in particolare nelle malattie croniche, con ulteriore aumento dei costi sanitari.
© RIPRODUZIONE RISERVATA