Imprese e mercato

Il farmaco generico accelera ma non soprassa le griffe. Assogenerici: «Rivedere il pay back per garantire più concorrenza»

di Rosanna Magnano

Il generico puro conquista lentamente nuovi spazi sul mercato e avanza «in direzione ostinata e contraria», anche se sul vasto terreno dei farmaci fuori brevetto la parte del leone continuano a farla le griffe. È quanto risulta dalle ultime rilevazioni di Assogenerici, che segnalano comunque trend positivi. A settembre 2016 il mercato dei farmaci generici continua la sua graduale crescita, soprattutto sotto la spinta delle nuove scadenze brevettuali, arrivando a coprire una quota del 20,5% sul totale in volumi e dell’11,2% in valori (a settembre 2015 i valori si attestavano rispettivamente su 19,9 e 10,9 per cento).

Con un sell in che in volume è cresciuto del 4%, e un sell out del 4,4%. In valori sempre a settembre 2016 il sell in è salito del 2,3% (a quota 930,6 milioni di euro) e il sell out del 2,7% (pari a 1,7 miliardi).

Ma l’Italia è divisa in due anche sui medicinali generici con i cittadini del Sud che restano indietro rispetto al Nord decidendo di pagare di tasca propria il differenziale sul reference price. E il trend del mercato complessivamente positivo non basta a garantire lo stato di salute del comparto. La diffusione dei generici rispetto al totale dei farmaci fuori brevetto (il 72,11% del totale a volumi) ha ancora ampi spazi da esplorare, con una situazione in continuo miglioramento e trend accelerati rispetto ad altri mercati Ue.

Tuttavia ben il 71,55% dei prodotti senza protezione brevettuale è ancora brand e solo il 28,45% è generico puro. Analoghe le proporzioni sul mercato a valori: dove il 79,7% del mercato fuori brevetto resta prerogativa degli originator. «Senza una radicale revisione dei meccanismi di governance che risolva il nodo del pay back - cruciale per tutta la filiera farmaceutica - dichiara Enrique Häusermann, presidente Assogenerici - le nostre aziende rischiano di non poter continuare a garantire l’effetto benefico di quella concorrenza rivelatasi fondamentale per la sostenibilità del Ssn».

Tra i farmaci equivalenti rimborsati dal Ssn, ricorda Assogenerici, il 24% (corrispondente al 30% dei principi attivi in lista di trasparenza) ha un prezzo al pubblico inferiore ai 4 euro e il 5% scende addirittura sotto i 2 euro.

«Questi dati fanno il paio con le evidenze sulle gare ospedaliere - continuaHäusermann - che lo studio Nomisma di ottobre ha portato alla luce: negli ultimi 5 anni il numero delle aziende che partecipano alle gare ospedaliere per molecole fuori brevetto sta progressivamente riducendosi. Questi sono i segnali di un rischio evidente: davanti a un sistema che chiede concorrenza, esercitando una pressione spasmodica sui prezzi, ma la penalizza con il payback, sempre più spesso le aziende rinunciano a partecipare alle gare per le forniture ospedaliere. Senza un deciso cambio di rotta si rischierà di mettere una seria ipoteca alla capacità pro concorrenziale che il nostro settore può garantire».

La partita non è di poco conto anche sul fronte della sostenibilità della spesa farmaceutica.

«Le scadenze brevettuali attese per gli anni dal 2017 al 2023 - conclude il presidente di Assogenerici - sono relative a farmaci che generano complessivamente una spesa di oltre 3,7 miliardi di euro annui. Nei prossimi 24 mesi l’avvento degli equivalenti di diverse molecole in scadenza di brevetto garantirà un contributo di oltre 600 milioni di euro. Sono risorse che il Ssn non può permettersi di sciupare».

Va specificato che il segmento più rilevante sul totale dei generici puri è quello dei farmaci di classe A, che totalizza l’88,9% del mercato. A seguire la fascia C con il 9,7% e i prodotti da banco (1,4 per cento). E sul fronte dei prodotti rimborsati dal Ssn sottoposti a prezzo di riferimento (brand off patent e generici), Assogenerici rileva «un’erosione costante del valore del mercato».

I trend regionali e quel gap Nord-Sud : Trento in pole position, Calabria e Basilicata fanalino di coda
Nel periodo gennaio-settembre tutte le regioni fanno segnalare una diminuzione della spesa farmaceutica netta rispetto al 2015 (-1,4% in numero di confezioni e -4,3% in valore).

Per quanto riguarda l’incidenza dei generici, le Regioni dove si consumano più confezioni sono la Provincia di Trento, con un’incidenza del 41% (28% in valore) seguita dalla Lombardia che mette a segno il 37% di generici, dall’Emilia Romagna (34%) e dal Friuli Venezia Giulia (33%).

La maglia nera va a Calabria e Basilicata, dove il generico copre solo il 18% del mercato totale. Un divario Nord-Sud con un Mezzogiorno che si colloca complessivamente al di sotto della media italiana del 28 per cento ed è ben lontano dai valori raggiunti al Nord. Un paradosso che si consuma proprio nell’area economicamente più depressa del Paese, dove i cittadini scelgono di pagare di più i farmaci, optando per l’originator e sborsando di tasca propria il differenziale con il prezzo di riferimento.

Un fenomeno difficilmente spiegabile e che pesa sempre di più: secondo i dati Aifa aggiornati a ottobre 2016 la compartecipazione del cittadino sul capitolo reference price è infatti in aumento (+2,6% rispetto al periodo gennaio-ottobre 2015) toccando quota 847,18 mln, quasi il doppio del ticket per ricetta.

D’altra parte continuare a optare per il farmaco di marca a brevetto scaduto è sempre una scelta anti-risparmio, anche perché non ci sono ex originator allineati al prezzo di riferimento. Sono tutti sopra, anche se di poco: il prezzo medio degli equivalenti è circa 4 euro e il differenziale pagato dal cittadino si aggira intorno ai 50 centesimi o un euro. Pochi all’apparenza, ma la somma totale rilevata da Aifa è di tutto rispetto. Insomma il cittadino meridionale paga di più per curarsi, ma questa volta per sua scelta.

Italia divisa in due quindi. Con un gap attribuibile a una molteplicità di ragioni, tra le quali prevale la scarsa informazione insieme a una possibile responsabilità dei medici prescrittori, pregiudizi e diffidenze ancora duri a cedere il passo.

D’altro canto anche la produzione è concentrata prevalentemente nel Nord Italia, con l’82% degli stabilimenti. Il 10% delle aziende associate ad Assogenerici si trova al Centro e solo l’8% nel Sud Italia. Su un totale di 37 siti produttivi, il 44% è a capitale italiano, il 37% a capitale europeo e il 19% extra Ue.


© RIPRODUZIONE RISERVATA