Imprese e mercato

Assobiotec: incentivi fiscali per la genomica

di Ernesto Diffidenti (da Il Sole 24 Ore di oggi)

Sono dinamiche e all'avanguardia ma le aziende che sviluppano biotecnologie made in Italy rischiano di rimanere al margine della rivoluzione che sta caratterizzando la medicina di precisione e le terapie geniche. Sulle “scienze della vita” si concentrano gli interessi dei governi e delle multinazionali ma anche la speranza dei troppi pazienti ancora senza cura: sono biotech il 20% dei farmaci oggi in commercio e il 50% di quelli in sviluppo. E potrebbe non bastare avere un numero di aziende (451 per un fatturato di 10,5 miliardi) in linea con i principali competitor, come Francia, Germania e Gran Bretagna ed eccellenze che spaziano dai vaccini alle malattie rare. La frammentazione del tessuto industriale, accompagnato da un decrescente numero dei ricercatori e un livello insufficiente di investimenti, fino alla ridotta capacità di brevettare (4.166 le richieste nel 2016 in crescita del 4,5% ma lontane dalle 25mila tedesche, 10mila francesi e 7mila svizzere) potrebbe relegare l'Italia al margine dello sviluppo. «Sono elementi – commenta Riccardo Palmisano, presidente di Assobiotec, l'Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, che fa parte di Federchimica - che fanno delle biotech un settore di aziende piccole e micro, che non riescono a cogliere l'opportunità offerta dai modelli di Open Innovation, e che alla fine dei conti riescono ad attirare una quota del tutto marginale del venture capital a livello mondiale».

Per non perdere altro terreno e cogliere le opportunità del mercato («nel mondo girano più soldi che idee», precisa Palmisano) Assobiotec propone la creazione di un'Agenzia per l'innovazione in grado di mettere in rete competenze e conoscenze, nonché attirare gli investitori. «È un passo da compiere senza esitazioni – sottolinea Palmisano –. Le università estere incamerano ricche royalties con i brevetti ceduti ma per far questo occorre avere dei ricercatori che sappiano illustrare il loro lavoro e business plan convincenti». In Italia, invece, si occupano di ricerca 81 enti pubblici, 4 ministeri, 21 Irccs, 54 università attive nelle life sciences. Un panorama variegato che non riesce ad attrarre capitali. Secondo uno studio elaborato da Assobiotec con The European House-Ambrosetti, infatti, la maggior parte delle piccole e medie aziende sono autofinanziate (il 56%), circa un quarto ha ricevuto accesso a contributi pubblici e privati in conto capitale, il 16% ha fatto ricorso a capitale di debito e solo il 4% ha ricevuto investimenti in venture capital.

È tempo di mettere ordine, secondo Assobiotec, e di rilanciare gli incentivi fiscali, sul modello irlandese o svizzero, per calamitare i fondi esteri. «L'Italia brilla nella produzione e nell'export della farmaceutica – sottolinea Palmisano – ma si tratta per lo più di prodotti chimici fuori brevetto mentre cresce la domanda di stabilimenti innovativi per produrre anticorpi monoclonali, proteine ricombinanti o terapie geniche cellulari. La vera sfida è offrire alle multinazionali un pacchetto chiavi in mano per la ristrutturazione degli stabilimenti che insieme al valore riconosciuto a livello internazionale ai nostri biotecnologici, bioingegneri e chimici possa garantire lo sviluppo del settore e rappresentare un volàno per l'occupazione».


© RIPRODUZIONE RISERVATA