Imprese e mercato

Florenzano (Sandoz): «Obiettivo comune per tutta la filiera: curare più pazienti e risparmiare risorse da reinvestire sulle nuove terapie»

di Rosanna Magnano

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24 Esclusivo per Sanità24

«L’impegno di Sandoz nel biosimilare ha radici antiche, perché noi siamo stati i pionieri e siamo leader a livello europeo e in Italia. Abbiamo quindi avuto l’onere e l’onore di portare questi prodotti all’interno della pratica clinica. Con un ruolo quindi fondamentale nell’informazione. Sia per far capire le caratteristiche di questi prodotti sia per far emergere il valore intrinseco di questi farmaci per la società». Sono queste le parole usate dall'Amministratore delegato di Sandoz SpA, Manlio Florenzano, per definire la missione dell'azienda che dirige.

Il mercato dei farmaci biologici è in continuo mutamento, tra grandi innovazioni e rebus sostenibilità. Ci spieghi qual è il ruolo dei biosimilari in questo scenario?
Gli aspetti fondamentali sono due. Il primo è quello dei risparmi, che possono essere reinvestiti sulle terapie innovative. Fino a ieri le terapie di sintesi chimica avevano efficacia e costi contenuti. Ora l’innovazione ha effetti molto più dirompenti sia dal punto di vista clinico sia sul fronte dei costi. In questo contesto i biosimilari rappresentano prodotti sicuri ed efficaci a costi sostenibili. Con un ulteriore effetto, osservato per certe aree, ancora non validato nell’oncologia, dove generalmente il paziente viene sempre ben trattato: quello dell’ampliamento dell’accesso alle terapie. È stato il caso dell’eritrpoietina, un prodotto fondamentale: da quando è arrivato il biosimilare sono stati trattati il 40% dei pazienti in più.

La penetrazione dei biosimilari in Italia è a macchia di leopardo. Chi ha in mano il pallino?
Recentemente, due anni fa, è stata fatta la legge 232. Che cosa è cambiato? Che quando ci sono quattro medicinali confrontabili, tra originator e biosimilari, va in onda una gara, si fa un accordo quadro in cui la preferenza va data al prodotto meno costoso ma una certa quota di pazienti continua ad avere la terapia che stavano già assumendo. Il presupposto è quindi che tali prodotti sono sostanzialmente intercambiabili, ma la decisione resta nelle mani del medico. Ed è giusto che sia così. Questo significa però anche avere una responsabilità di tipo economico.

Il medico non sempre è l'anello più forte e non sempre è realmente libero di scegliere, tra originator o biosimilare. Quale può essere la soluzione?
Non c’è nessuno all’interno della filiera - le industrie con l’applicazione di prezzi responsabili, il Governo che deve contribuire all’impianto normativo per favorire la diffusione di questi prodotti, le regioni che devono dare linee di indirizzo che lascino da un lato la libertà prescrittiva e dall’altro tengano conto della economicità del prodotto e anche gli operatori sanitari - che possa sottrarsi all’obiettivo comune che è quello di trovare soluzioni per curare più pazienti e risparmiare risorse.

Nella realtà cosa accade?
Ci sono professionisti che hanno compreso fino in fondo il valore dei biosimilari e fanno da driver, in altri casi sono le regioni. Ma la legge è molto chiara. La decisione è nelle mani del medico e bisogna tener conto dell’economicità.

Come Sandoz punterete su formazione e informazione?
I biosimilari non sono farmaci nuovi e Sandoz ci lavora da 12 anni e ha sempre fatto informazione scientifica. Tradizionalmente abbiamo sempre promosso iniziative che hanno messo insieme tutti gli attori interessati, se vogliamo anche con un approccio anticipatore. I il clinico, il payer, il farmacista e l’azienda in una stanza, con l’obiettivo di collaborare tutti affinché l’utilizzo del biosimilare sia equilibrato, virtuoso, nel giusto paziente e con il giusto approccio. La cosa più sbagliata è che tra questi interlocutori ci sia divisione. Infatti abbiamo regioni in cui l’utilizzo del biosimilare non arriva al 10 per cento. E dove il network funziona bene si arriva al 50 per cento e a picchi anche superiori.

Che cosa chiederebbe al nuovo Governo «Jamaica»?
Innanzitutto che ci sia comprensione. E che l’impianto normativo cui si è arrivati con un lungo processo di concertazione sia mantenuto. Ora L’Aifa con il suo secondo position paper sull’intercambiabilità completa tra originator e biosimilare ha dato una validazione scientifica da tempo attesa a ciò che la legge di fatto già prevedeva. Quindi ora non manca nulla. Bisogna solo far funzionare un impianto normativo che si è rivelato molto efficace, per garantire da un lato la presenza del biosimilare dall’altro, laddove serve, la continuità terapeutica.


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