Imprese e mercato

Concorrenza, Federfarma: una cura di aggregazione per il settore

di Rosanna Magnano

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24 Esclusivo per Sanità24

L’invasione delle grandi catene non c’è stata, ma a un anno dall’approvazione della legge sulla concorrenza - che ha aperto alle società di capitali la titolarità delle farmacie - il risultato è che lo “spauracchio” ha dato una sferzata al settore accelerando processi di aggregazione ed efficientamenti che stanno portando a cambiamenti virtuosi e possibili vie di sviluppo della redditività. Puntando anche su nuove partnership con l’industria farmaceutica e l’ospedalità privata. Che si aggiungeranno alla definizione, in corso d’opera nell’ambito della nuova convenzione, del ritorno degli innovativi in farmacia. Ne abbiamo parlato con il presidente di Federfarma, Marco Cossolo.

Partiamo dalla concorrenza: perché secondo lei i grandi player internazionali di fatto sono rimasti alla finestra?
Queste grandi catene al momento non sono ancora entrate perché non hanno interesse a comprare una o due farmacie, ma blocchi di migliaia e poi una certa fetta, come quelle nei grandi centri. Ma quelle sono tutte farmacie che vanno discretamente bene e non hanno nessun interesse a vendere. C’è stato invece un impatto della legge su parte delle farmacie, che hanno operato delle trasformazioni societarie. Alcuni farmacisti hanno cioè trasformato società di persone o individuali in società di capitali per far entrare parenti o per aggregarsi fra di loro. O magari gruppi di farmacisti hanno comprato quote di un’altra farmacia. Quindi devo dire che lo spauracchio delle grandi catene ha accelerato tutte le forme di aggregazione. Dalle reti più leggere, in cui vengono condivisi solo gruppi di acquisto, a reti più strong - e più serie dal mio punto di vista - in cui vengono condivisi anche posizionamenti strategici e forme di servizio aggregate alla clientela.

In questa direzione va anche l’iniziativa di Federfarma sulla rete delle reti?
Certamente. Federfarma ha costituito a giugno una società che è “Sistema farmacia Italia” - di cui è socia al 50% con l’altro 50% in capo a Federfarma servizi - che vuole andare a intercettare tutte quelle attività che possono essere fatte nel settore privato, che però hanno bisogno di un certo numero di punti vendita e devono avere una forma di contrattualizzazione. Federfarma è un sindacato, non poteva sottoscrivere questi contratti, c’era bisogno di una società di capitali, anche per sottoscrivere a nostra volta contratti con i singoli farmacisti.

Su quali servizi punterete?
La società ha visto la luce a giugno, ci stiamo confrontando con le industrie, che ben prima della parte pubblica, purtroppo, si sono accorte delle enormi potenzialità del ruolo del farmacista nella cosiddetta aderenza alla terapia. L’industria è disposta a contrattualizzare il farmacista perché faccia delle attività di stimolo al paziente verso una corretta aderenza alla terapia. Anche perché l’industria farmaceutica subisce un danno, se il farmaco non funziona perché il paziente non lo assume correttamente. Poi su un altro fronte, abbiamo registrato anche un interesse da parte dell’ospedalità privata nei nostri confronti per fare attività di referral, proponendo ai nostri clienti servizi di prenotazione e informazioni su prestazioni che vengono offerte dall’ospedalità privata. Non in ambito convenzionale ovviamente, ma a pagamento. Parallelamente stiamo lavorando per aggregare cooperative di farmacisti finalizzate a fare proposte di acquisto comune e a creare economie di scala, che è la seconda parte del progetto. Un processo che ha un suo corso, anche spontaneamente sul territorio, tra aggregazioni e cooperative di farmacisti.

Se a remunerare il servizio di aiuto all’aderenza terapeutica saranno le industrie non si rischia di avere interventi isolati su singole fasce di prodotti?
È chiaro che ciascuna industria avrà interesse a remunerare il servizio sui prodotti che fornisce. D’altro canto noi abbiamo sempre proposto questo servizio alla parte pubblica, che ha mostrato un interesse solo a parole. L’industria lo sta dimostrando con i fatti. Questo è uno dei grossi temi della sostenibilità delle cure e della cronicità. La mancata aderenza terapeutica dei pazienti ha impatti indotti, sia economici che sanitari, spaventosi. Le patologie croniche citate nel Piano nazionale cronicità registrano un’aderenza media del 50%. Se si arrivasse all’80 per cento attraverso un’attività integrata tra farmacisti e medici si risparmierebbero 3,5 miliardi riferibili alla riduzione dei ricoveri evitabili, causati dall’ingravescenza della malattia. Non è colpa mia se lo capisce prima l’industria. Di sperimentazioni ce ne sono già tante, fatte dalle industrie con aggregazioni di farmacie. È uno dei grossi vantaggi che si pongono anche le grandi catene.

Che però restano titubanti
Il fatto è che non c’è offerta. Salvo le farmacie che sono in crisi finanziaria. Dall’inizio della crisi nel 2008, con un picco dal 2012 al 2017, ci sono state almeno 600 casi tra concordati o trasferimenti di proprietà in continuità o purtroppo fallimenti e ci sono ancora circa 400 posizioni piuttosto incagliate, che devono essere risolte. Queste sono le uniche che i player internazionali, quando hanno grossisti di proprietà, rilevano per trasformare il credito difficilmente esigibile in proprietà. Ma sono un po’ qua un po’ là. E alcune sono in posizioni insanabili. Perché la venuta meno del Servizio sanitario nazionale sta rendendo il servizio delle farmacie in alcuni posti insostenibile.

Quindi ci sono reali problemi di sostenibilità?
La vera concorrenza è quella dei corner della grande distribuzione. Stiamo parlando di 400 punti vendita che sviluppano fatturati veramente rilevanti.

E operano su fette di mercato, come quello dei prodotti da banco, in cui i farmacisti avevano trovato nuovi spazi per compensare i tagli sulla convenzionata?
Esattamente. Lo Stato deve fare un ragionamento. La farmacia è l’unico presidio del Servizio sanitario nazionale nei piccoli centri. Serve o non serve?

Quindi quali potrebbero essere le nuove strade per le farmacie del futuro?
Intanto con la nuova convenzione dovremmo avere una definizione del ritorno dei farmaci innovativi in farmacia, con una remunerazione sull’atto del farmacista, indipendentemente dal prezzo del farmaco. E poi c’è la farmacia dei servizi, che possono essere una fonte di sviluppo, soprattutto nei piccoli centri, perché sono tanto più importanti quanto più è piccolo il centro. D’altro canto la farmacia dal 2006 a oggi è andata incontro a continui processi di liberalizzazione che hanno eroso i margini.

Quindi la concorrenza non ha fatto bene alla farmacia?
Beh mille farmacie in crisi parlano chiaro.

A che punto è la nuova convenzione?
Ora abbiamo avuto ricevuto la proposta della Sisac ed entro settembre faremo la nostra controproposta.

Poi ci sarà la Legge di bilancio. Cosa vi aspettate?
Lavoreremo perché il progetto sulla farmacia dei servizi venga irrobustito e le procedure siano snellite. E poi chiederemo al Governo provvedimenti di ulteriore agevolazione nelle scontistiche per le farmacie rurali, sennò non stanno in piedi.

Intanto il tavolo sulla governance farmaceutica è partito. Voi ci siete?
La filiera per il momento non è presente, dovrebbe essere convocata in un secondo momento. Sono convinto che se utilizzeranno di più la farmacia nella distribuzione per conto al posto della distribuzione diretta, avranno un contributo notevole per la governance della spesa. Tutta la diatriba sul payback dimostra che la distribuzione diretta non è in grado di produrre dati certi sui consumi e le regioni non riescono a prendere i soldi di payback perché non sono in grado di documentare la spesa. E da qui i contenziosi. Le farmacie hanno invece una misurazione puntuale. È importante che la distribuzione resti in capo alla farmacia per tre ragioni: la prima è la prossimità al cittadino, la seconda è che ha un controllo effettivo al pezzo, su quanto viene consegnato al paziente. E infine perché la presenza costante del farmacista, mediamente dieci ore al giorno, consente al cittadino di avere un counselling adeguato sull’assunzione delle terapie.


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