Imprese e mercato

Prezzo dei farmaci: presente e passato di una fase decisiva per i pazienti

di Alessandra Sinibaldi*

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24 Esclusivo per Sanità24

Si parla molto, e spesso, criticamente, del prezzo dei farmaci oncologici, soprattutto di quelli di ultima generazione. In realtà, nell’Unione Europea i farmaci antitumorali rappresentano meno del 30% della spesa diretta per l’oncologia. E se è vero che è cresciuta, nel 2015 la spesa per i farmaci oncologici in Europa rappresentava soltanto l’1,7% del budget totale del settore sanitario. Comunque, in oncologia, si continua a spendere meno rispetto ad altre patologie ad alta incidenza, quali ad esempio le malattie cardiovascolari. Dati recenti rivelano che negli Stati Uniti il tasso di sopravvivenza a 5 anni, considerando tutte le tipologie di tumore, è aumentato del 47% nel periodo 1975-2011. I farmaci hanno giocato un ruolo rilevante in questo successo. Sono numeri importanti: oggi due persone su tre, cui è stato diagnosticato un cancro, sopravvivono per almeno cinque anni. Non si può, perciò, affrontare il problema del prezzo dei farmaci senza tenere conto dei risultati raggiunti.

Ma vediamo meglio come nasce il “prezzo” di un farmaco: non viene deciso dall’azienda che lo produce, ma è il risultato di un processo condiviso cui partecipano le agenzie governative, preposte a valutare e gestire le risorse del sistema sanitario nazionale, e le aziende farmaceutiche che sviluppano le nuove terapie. In questo dialogo, le parti in causa si confrontano a partire da dati clinici, evidenze economico-scientifiche e calcoli statistici, sulla base dei quali gli enti regolatori stabiliscono il valore economico del nuovo trattamento. Alla fine, il prezzo viene definito dalle agenzie regolatorie nazionali in base al valore che la terapia dimostra di apportare alla società e ai singoli pazienti.
Un primo punto da chiarire è che l’Italia non è un paese a prezzo libero, come gli Stati Uniti. Quando si parla di un farmaco rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale, il suo prezzo non è stato deciso in autonomia dall’azienda farmaceutica, ma deriva da una discussione lunga e approfondita con il pagatore, l’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco. Tutto il processo è ben regolamentato: l’azienda presenta un dossier con una serie di evidenze del valore clinico e economico del farmaco. Poi, nella maggior parte dei casi vi è una vera e propria negoziazione in cui le parti si confrontano e giungono ad un accordo.

Nonostante esista un ente regolatorio europeo, il prezzo del farmaco viene deciso a livello nazionale con criteri anche molto diversi da Paese a Paese. In Germania, ad esempio, il giorno stesso in cui un farmaco viene approvato a livello europeo, l’azienda può commercializzarlo a carico del Servizio Sanitario a prezzo libero per un anno, e solo al termine di questo periodo avviene la contrattazione del prezzo. Paesi più piccoli, invece, stabiliscono il prezzo semplicemente in base alla media di quanto è stato già contrattato negli altri Paesi europei; in pratica, ci si basa sui quattro prezzi più bassi in Europa.
In Italia per attribuire un prezzo, si va a vedere come si colloca quel farmaco all’interno del sistema salute, quindi il suo valore clinico ed economico, cercando di analizzare anche, in senso più ampio, gli aspetti sociali - quello che il farmaco porta alla società.
A chi vanno poi i proventi? È importante sottolineare che il guadagno dell’industria farmaceutica è il prezzo con il quale il farmaco esce dallo stabilimento di produzione, ma per arrivare al prezzo di listino a questo vanno aggiunte le tasse e, dove previsto, i margini di guadagno della distribuzione, quindi del grossista e del farmacista. Fatto 100 il prezzo di un farmaco, circa 66 va all’industria farmaceutica, il resto alla filiera di distribuzione: grossista e farmacia.

Sul tema dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale un altro aspetto importante da considerare è che lo stato quando li acquista non paga il prezzo di listino. Nella definizione del prezzo di rimborso tra azienda farmaceutica ed Aifa vengono concordati dei meccanismi di riduzione del prezzo per garantire la sostenibilità del sistema.
Questi possono essere rappresentati da semplici sconti che vengono applicati dall’azienda farmaceutica ogni volta che vende ad una struttura pubblica (ad esempio ad un ospedale), fino ad arrivare a meccanismi finanziari più complessi, quali ad esempio i cosiddetti accordi prezzo/volume: lo Stato garantisce un prezzo del farmaco che diminuisce all’aumentare dei volumi di vendita.
Ci sono, infine, meccanismi di rimborsabilità dei farmaci ancora più sofisticati che si basano sulla performance: con variabili di costo di acquisto, dove l’azienda farmaceutica e lo Stato si dividono il rischio e lo Stato può arrivare a pagare il farmaco solo per i pazienti su cui funziona. Si definisce durante la discussione una percentuale di successo attesa per quella terapia; se il paziente ottiene un risultato, lo Stato effettivamente sostiene la spesa; altrimenti no.
Oggi i pazienti italiani, grazie a questo tipo di accordi, che contribuiscono a garantire la sostenibilità del sistema, riescono ad avere accesso ad alcuni trattamenti importanti e innovativi in tempi più rapidi che in passato, in linea con gli altri paesi europei.

* Regulatory Affairs & HEMAR Director di Janssen Italia (J&J)


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