Imprese e mercato

Novartis: 200 milioni di investimenti in Italia e 100 assunzioni di under 30

di Ernesto Diffidenti

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24 Esclusivo per Sanità24

Duecento milioni di investimenti in ricerca e sviluppo e 100 assunzioni di giovani under 30. E' l'impegno di Novartis in Italia annunciato oggi nel corso della presentazione di uno studio sull'innovazione realizzato da The European House–Ambrosetti. «Il nostro Gruppo vuole essere protagonista della trasformazione che sta conoscendo l’innovazione medico-scientifica, dalla digital health alla terapia cellulare e genica - sottolinea Pasquale Frega, Country president di Novartis in Italia -. E ciò potrà tradursi in altri 200 milioni di investimenti in R&S nei prossimi tre anni». Questo impegno per i pazienti e per la società, tuttavia, ha bisogno di approcci nuovi soprattutto in direzione di «un forte sviluppo delle partnership pubblico e private e soprattutto un concreto sostegno all’innovazione, a partire dalla revisione della governance del settore, che non appare più adeguata a rispondere alle nuove esigenze».

Il mondo della sanità non è un problema economico
«Per questo chiediamo alla politica - continua Frega - di non affrontare il mondo della salute come un problema economico ma come volàno per la crescita del Paese. Più si fa innovazione e si accetta la tecnologia più si aiutano i pazienti e si sostiene l'economia». L'Italia, invece, continua a soffrire «in maniera endemica» di un'assenza di stabilità: un pilastro di cui avrebbe bisogno l'industria farmaceutica «i cui cicli di ricerca sono molto lunghi». Novartis è impegnata in Italia con 250 studi che coinvolgono 11mila pazienti e più di mille centri. «Crediamo fortemente nel potenziale di ricerca del nostro Paese - spiega Frega - ma il governo e la manovra, che al momento non offre spunti specifici, non devono creare disaffezione». E proprio nel clima di fiducia si collocano le assunzioni di 100 under 30, previste per il prossimo anno: «stiamo selezionando anche attraverso i social giovani laureati nelle materie scientifiche, creativi e innovati, che saranno di supporto nelle informazioni ai medici».

Il contributo di Novartis al Pil italiano è di 1,1 miliardi
Secondo lo studio realizzato da The European House–Ambrosetti presentato oggi a Roma il contributo complessivo al Pil nazionale della multinazionale svizzera «è di 1,1 miliardi di euro» attivando «una filiera italiana di 2.300 imprese, 4,6 posti di lavoro aggiuntivi per ognuno degli oltre 2.400 dipendenti diretti, investimenti per oltre 390 milioni di euro negli ultimi 5 anni». Insomma, Novartis «gioca un ruolo chiave nello sviluppo economico del Paese, apportando benefici per le finanze pubbliche pari a circa 450 milioni di euro».

«Sappiamo che esiste una relazione positiva diretta tra investimenti in R&S e crescita del Pil del Paese - sottolinea Valerio De Molli, managing partner e Ceo di The European House–Ambrosetti -. Diventa ancora più importante quindi parlare di innovazione a livello di Sistema Paese».

L’industria farmaceutica italiana campione in Europa
L’industria farmaceutica italiana, ricorda lo studio Ambrosetti nel 2018 ha superato i 31 miliardi di euro per valore della produzione diventando «campione europeo» e confermandosi tra i più internazionalizzati, con un’elevata propensione alle esportazioni e tra i maggiori contributori di Pil tra i settori hi-tech. «Occorre ora lavorare per introdurre nuovi modelli di governance - afferma Enrico Giovannini, ordinario di Statistica economica dell’Università di Roma Tor Vergata e portavoce dell'Alleanza nazionale per lo sviluppo sostenibile (ASviS) - orientati alla sostenibilità, unica via per garantire crescita e benessere nel lungo periodo a tutti gli attori del sistema».

Sidoli: le imprese a capitale estero cruciali per la crescita economica
In questo scenario, dunque, le imprese a capitale estero giocano un ruolo cruciale, «investondo come nel caso di Novartis e Philip Morris più del 90% nei fornitori italiani e il 25% del totale in ricerca e sviluppo occupando 1,3 milioni di addetti, il totale di un settore cruciale come l'automotive». Lo ha ricordato Eugenio Sidoli, coordinatore dell'Advisory Board Investitori Esteri di Confindustria nonché presidente e amministratore di Philip Morris, sottolineanche che «il 45% di imprese a capitale estero è in Italia da più di 25 anni». «Ciò significa - ha spiegato - che chi ha investito ha creduto nel Paese perché ha scoperto quella ricchezza che serve a rendere produttivo il suo ciclo sviluppando filiere dedicate sulla base di competenze, creatività e innovazione"» Per Sidoli, quindi, «l’agenda della crescita del Paese comunque sia disegnata non potrà prescindere dalle imprese estere che, come dimostra il caso Novartis, per ogni euro di valore aggiunto ne creano 3 nella filiera».


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