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Confindustria Dispositivi Medici: 2 italiani su 3 fiduciosi sul Ssn ma pessimisti sui fondi Ue

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Gli italiani preferiscono ricorrere alle strutture pubbliche (63,9%) per usufruire di prestazioni medico-sanitarie, ma dopo il lockdown un 10% di loro si fida più del privato. Si tratta di giovani soprattutto del Sud (10%), mentre prediligono la gestione statale gli anziani del Centro e del Nord. Grande pessimismo nella gestione dei fondi europei da investire nel sistema sanitario: per oltre il 60% saranno sprecati o ne arriveranno pochi alla strutture ospedaliere. Sebbene per il 30,4% degli italiani la Sanità pubblica dovrebbe essere a regia esclusivamente statale, quella regionale guadagna quasi il 10% di preferenze in più rispetto allo scorso anno. Questo quanto emerge dall'indagine della collana Tech4Life "Salute e sanità al tempo della pandemia. Gli italiani, il servizio sanitario nazionale e le condizioni di salute" promossa da Confindustria Dispositivi Medici e realizzata da Community Research & Analysis.
L'indagine ha analizzato il sentiment degli italiani nei confronti del Sistema sanitario nazionale mentre l'emergenza Covid-19 in Italia e nel mondo si affacciava alla seconda ondata, mettendo a confronto le risposte date nel 2019.

La preferenza per la gestione nazionale delle prestazioni medico-sanitarie accomuna la fascia più anziana della popolazione (73%) e chi ha un titolo di studio più elevato, mentre decresce da Nord verso Sud e tra i più giovani: se nel Nord Ovest raggiunge il 69% dei consensi, nel Sud Italia si ferma al 40%, 69% per il Centro.

A guadagnare fiducia è la gestione regionale della sanità pubblica: nel +10,1% degli italiani aumenta il desiderio di autonomia sull'anno passato. Se nel 2019 a volere una gestione esclusiva della sanità pubblica da parte delle Regioni era il 42,2% dei rispondenti, la percentuale attuale si assesta al 52,2%. Resta un 30,4% di italiani che ritiene che la Sanità pubblica dovrebbe essere gestita esclusivamente a livello centrale dallo Stato. A prediligere per una gestione regionale della Sanità sono soprattutto i residenti del Nord Est, dove le percentuali hanno raggiunto il 70%, con picchi del 93% in Friuli Venezia Giulia. Predilige l'accentramento il 46,6% dei meridionali.

Il 39,4% degli intervistati ritiene che il servizio sanitario della propria regione non sia cambiato negli ultimi 5 anni, mentre quasi il 33% lo considera peggiorato. Solo il 21,6% ritiene che il servizio sanitario della sua regione sia migliorato, dato in crescita rispetto alla risposta data nel 2019 quando a promuovere la Sanità regionale era il 17%. Il Nord Est è l'area del Paese dove la valutazione positiva è più ampia (28%). All'opposto nelle isole si registra il dato più alto rispetto a chi ha notato un peggioramento negli ultimi 5 anni (39,8%) segue il sud con il 38%. Su questo versante, la Calabria è la regione dove i delusi sono il 61%, mentre in Campania solo il 21,6% dichiara di aver notato un peggioramento dei servizi sanitari negli ultimi 5 anni.

Guardano al futuro, il 54,3 %, in crescita rispetto al 2019, ritiene che per migliorare la Sanità in Italia dovrebbe essere gestita soprattutto dal pubblico e il 16,6% dai privati. Resta un 5% di delusi post lockdown che oggi ritengono il SSN non vada bene così com'è ora, quando nel 2019 erano più ottimisti.

Pessimismo per il 60,3% degli intervistati sulla gestione dei fondi europei: il 48,6% ritiene che la maggior parte delle risorse andranno sprecate e alle strutture sanitarie ne arriveranno poche, dato che si aggiunge all'11,7% che ritiene dall'Europa arriveranno pochi soldi. Il 39,7% pensa che serviranno sicuramente a migliorare tutte le strutture sanitarie del Paese e soprattutto quelle che già oggi sono all'avanguardia.

"La nota di pessimismo sulla gestione dei fondi europei – commenta Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria Dispositivi Medici – dovrebbe rappresentare una sfida per il Governo per rilanciare un piano di investimenti forte per la Sanità del Paese, attingendo subito al Mes. Nuovi bisogni di salute si possono affrontare solo investendo velocemente nel parco tecnologico infrastrutturale, per poter garantire una più capillare assistenza sul territorio per essere vicini alle persone con una cura per patologia e non per prestazione attraverso tecnologie per il monitoraggio a distanza, la telemedicina, le app. Questa indagine ci aiuta a comprendere come la pandemia da Coronavirus ci abbia cambiati. I cittadini sono confusi: da una parte mantengono la propria fiducia nel settore pubblico, ma dall'altra vorrebbero una Sanità regionale. Sono convinto – ha concluso Boggetti - che questo dato regionale più che in chiave politica vada letto come un'esigenza di medicina del territorio, che stia più vicino alle persone e ai loro bisogni di salute. Uno dei problemi di questa pandemia è stato proprio quello che molti cittadini non si sono sentiti completamente seguiti e la presa in carico del paziente spesso è stata gestita in modo disorganico e disorganizzato".


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