Imprese e mercato

Generici, le imprese chiedono aiuto allo Stato e alla Ue per rilanciare la competizione. Tria (Mise): «Farmaceutica strategica come la Difesa»

di Barbara Gobbi

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«Senza aiuti di stato o meccanismi di controllo della domanda, assieme a politiche di acquisto più sostenibili nel tempo e a una sostanziosa sburocratizzazione delle procedure, difficilmente potrà nascere una impresa di dimensioni tali da poter competere contro i colossi asiatici». Così Michele Uda, direttore generale di Egualia (già Assogenerici), alla presentazione dell'edizione 2021 dell'Osservatorio sul sistema dei farmaci generici, realizzato da Nomisma per conto della stessa Egualia. Sotto la lente, le strategie per il recupero delle produzioni delocalizzate e l'equilibrio nell'aggiudicazione delle gare di farmaci in ospedale. «Il controllo delle nuove materie prime e delle produzioni primarie da parte dei Paesi asiatici è diventato ormai un’arma di competizione letale - avverte Uda -. Per questo uno degli obiettivi primari della nuova Pharmaceutical Strategy europea è diversificare le catene di produzione e di approvvigionamento, promuovendo gli investimenti produttivi all’interno dell’Unione». Il tema è cruciale sia dal punto di vista sanitario che economico: l’Europa produce il 75% dei farmaci equivalenti utilizzati a livello mondiale. Per quanto riguarda l’Italia, le imprese associate ad Egualia generano un volume d’affari di 4,3 mld (+ 8% medio annuo) e un impatto complessivo pari a circa 8 mld in valore produzione e oltre 39 mila occupati, ma con un Ebitda su ricavi inferiore ai livelli del 2014, segno della complessa sfida della sostenibilità delle imprese di equivalenti.
«Serve un'azione nazionale ed europea indifferibile e radicale - afferma il chief economist di Nomisma Lucio Poma, che ha curato il Rapporto 2021, basato anche sul coinvolgimento degli stakeholder -. Una proposta concreta è estendere la durata del Temporary Framework ben oltre l’attuale limite, per disporre di un lasso temporale adeguato all’implementazione di azioni strutturali di medio termine, prolungando anche le scadenze previste per il completamento dei progetti, prevedendo almeno 3-5 anni e rimuovendo il limite degli aiuti, oggi erogabili solo per i prodotti rilevanti per il Covid. Quanto al reshoring per la produzione in Italia di principi attivi farmaceutici scaduti di brevetto, servono aiuti diretti alle imprese anche sotto forma di sovvenzione - in fase d'avvio - mentre parte della domanda pubblica va orientata sui farmaci che utilizzano i principi attivi prodotti nell’Ue».
A mettere i classici "puntini sulle 1", Giovanni Tria, consigliere del ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, intervenuto al convegno di Egualia: «Su Temporary Framework e reshoring - ha detto - va fatto un duplice ragionamento. Il primo andrebbe ampliato al di là delle deroghe sugli aiuti di Stato concesse dall'Ue in occasione della pandemia - e questo Governo ci sta ragionando così come a livello europeo è probabile una proroga di sei mesi fino a giugno 2022 - come sostegno a componenti strategiche per il Paese, analogamente a quanto accade nel settore della Difesa. Penso alla produzione dei vaccini ma anche di farmaci così come di tutti i prodotti strategici per cui va mantenuta una preparedness nazionale. Quanto al reshoring, più che pensare di riportare in Italia le produzioni che ormai si realizzano in Asia, si tratta di creare le condizioni per promuovere ricerca e sperimentazione sul nostro territorio, per produrre principi attivi innovativi qui da noi. Questo significa realizzare una serie di condizioni, dalla deburocratizzazione dei processi alla riforma dell'Agenzia del farmaco, dalla revisione del meccanismo di formazione dei prezzi fino alla creazione di un soggetto istituzionale che sia in grado di intervenire in modo strategico. Penso ad esempio alla piattaforme per i vaccini a mRna che vorremmo realizzare in Italia - ha affermato Tria -: non abbiamo un'Agenzia centrale che sia in grado di farlo, a fronte di una disponibilità del Mef che c'è e in un contesto internazionale di competizione feroce in cui c'è la corsa ad accaparrarsi gli investimenti delle grandi multinazionali, che sulla base delle caratteristiche e dei problemi delle catene del valore stanno valutando dove piazzarsi».

Il focus sulle gare ospedaliere. Non solo scenario internazionale: messe all'angolo dalla scarsità delle materie prime e dei principi attivi, appannaggio di Paesi extra-europei, le imprese di farmaci generici equivalenti e di biosimilari sono in difficoltà anche sul fronte della gare ospedaliere, oggetto del secondo focus realizzato da Nomisma per Egualia nel Rapporto 2021. Prima nota dolente sono i fabbisogni "sballati": «Nella maggior parte dei casi - spiega Poma - la stima viene effettuata sulla base dello storico degli anni precedenti, spesso ricostruito a partire da flussi informativi sui consumi poco strutturati a livello di rete». «Siamo alla quinta edizione del Report e uno dei primi temi che abbiamo affrontato dall'inizio è la difficoltà di produrre stime di fabbisogno ragionevoli. Per questo cerchiamo la collaborazione con i provveditori economi e con i farmacisti ospedalieri ma in generale tra la parte pubblica e la parte privata. Anche dopo l'esperienza Covid, le due parti hanno quasi l'obbligo di collaborare pur essendo portatori di interessi diversi che devono confluire nel risultato di migliorare i servizi offerti», afferma Massimiliano Rocchi, Ad Accord Healthcare Italia e vicepresidente Egualia).
ll disallineamento rispetto agli ordinativi effettivamente avanzati - si legge nel Report - si traduce in danni elevati per le imprese (costi organizzativi, di stoccaggio, riduzione della capacità di risposta rapida alla domanda ecc.) disincentivando ulteriormente la partecipazione alle gare da parte delle imprese, fenomeno reso già grave dalle gare basate sul solo ribasso di prezzo, che ad alcuni anni dalla scadenza del brevetto conducono ad un progressivo assottigliamento della concorrenza (il numero di imprese che partecipano si riduce drasticamente così come aumentano i lotti andati deserti).
Tra le "strategie operative" suggerite dalle imprese, la creazione di un algoritmo previsionale a livello nazionale, utilizzabile e personalizzabile dalle diverse regioni, in grado di sistematizzare i dati di consumo con i profili epidemiologici, attuali e prospettici, della popolazione;la valutazione congiunta di fattori di prezzo assieme ad elementi qualitativi che «aggiungano valore, misurabile, all’offerta in base alle categorie di farmaci», tra cui la disponibilità di dosaggi; eventuali device per la somministrazione/trasporto; la disponibilità di più fonti di approvvigionamento, la maturità o meno della catena del valore del principio attivo, l’affidabilità del fornitore/rating d’impresa non discriminatorio); accordi quadro che permettano la compartecipazione di più imprese per l’aggiudicazione delle forniture, salvaguardando la presenza di più operatori sul mercato e mitigando i rischi di interruzione di approvvigionamento dei prodotti; la previsione dell’obbligatorietà di riaprire il confronto competitivo tra le imprese all’ingresso del primo equivalente sul mercato (come accade sui biosimilari), invece di contrattare unicamente con l’originator allineamenti di prezzo ai livelli più bassi vigenti; paletti al carico di documenti necessario per partecipare alla gara, lasciando al solo vincitore l’onere di presentazione della documentazione completa; la fissazione di un tetto minimo oltre il quale l’ente appaltante non può scendere nella richiesta di ordinativo effettivo all’impresa.
Proposte su cui le altre categorie interessate rilanciano con una serie di osservazioni e correttivi: «Ben venga l'inserimento del fattore qualità nel bando di gara - afferma il presidente Fare (economi e provveditori) Salvatore Torrisi - anche perché la logica del prezzo ha comportato storture notevoli evidenziate da ultimo dalla pandemia, ma perché ciò sia fattibile servono parametri chiari, ad esempio la valutazione di dove e come quel farmaco viene prodotto. Devo poter dare un punteggio, ad esempio, alla sede di produzione, trovando una serie di strumenti che consentono di "premiare" le produzioni con un certo standard come quelle che vengono fatte in Italia in Europa. Altrimenti il sistema non può che essere basato sul prezzo». Altro fattore da superare è la farraginosità del sistema, che incide sui tempi delle gare: «Siamo in difficoltà nel valorizzare sempre e comunque la qualità - avvisa il vicepresidente Sifo Alessandro D'Arpino -: il sistema è eccessivamente burocratizzato e mi riferisco in questo caso non ai farmaci generici ma ai nuovi, che escono con una Aic concessa al produttore, con un prezzo stabilito dalla contrattazione con Aifa e per cui è inutile essere costretti a fare delle manifestazioni d'interesse che portano via del tempo. Sono procedure inutili che sottraggono tempo per ottenere un risultato che già si conosce a priori. Questa parte amministrativa potrebbe essere eliminata o semplificata magari delegando una sola centrale d'acquisto e non venti come sempre avviene, consentendoci così di dedicarci a procedure di offerta economicamente più vantaggiosa che sono estremamente complesse e necessitano di una base valutativa più attenta».


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