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Decessi in ospedale, in Italia denunce in calo del 40% malgrado il Covid

di Emanuele Patrini *

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24 Esclusivo per Sanità24

Nonostante i quasi due anni stravolti dall’emergenza Covid, le denunce per decessi ospedalieri in Italia continuano a diminuire facendo registrare sempre meno casi di malasanità su tutto il territorio nazionale. Il trend positivo, che interessa tutto il Paese, trova riscontro nei dati di sette anni consecutivi del nuovo Studio sui decessi ospedalieri. Lo Studio traccia un’Analisi delle denunce relative ai decessi avvenuti in ospedale negli ultimi 11 anni ed è condotto dall’Osservatorio di AmTrust Assicurazioni, leader a livello nazionale nel settore della Medical Malpractice (MedMal).
L’ultimo anno ha visto confermare 1.000 casi su tutto il territorio italiano, convalidando una riduzione del 40% sui valori registrati appena sette anni fa, in un 2013 che, con il picco mai registrato di 1.617 denunce, è stato catalogato come l’anno più critico di gestione per gli ospedali. Ad aumentare di anno in anno è comunque l’incidenza dei decessi sui reclami generali: confrontando due annate, il 2011 e il 2020, entrambe con 1.000 decessi ospedalieri denunciati, nella prima questi costituivano il 13% degli eventi avversi generali, nella seconda raggiungono il 25 per cento.
Solo il 27% delle denunce è caratterizzato dall’innesco successivo di un procedimento penale e, anche se lentamente, le cause vanno sempre più risolvendosi sul piano della responsabilità civile, con oltre il 50% delle pratiche che riescono a chiudersi entro 3 anni dalla data di denuncia, mentre ne servono 6 per arrivare alla conclusione del 93% delle cause.
Correlando invece la data dell’evento avverso con la data di denuncia, il gap è mediamente di due anni e mezzo, con il 30% di denunce innescate nel giro dei primi 6 mesi, al contrario di quanto accade nei casi più controversi, i cui fascicoli giudiziari vengono aperti addirittura 6 anni dopo il decesso.
Il valore aggiunto dell’analisi è rappresentato dall’ulteriore declinazione per tipologia, posizione geografica e dimensione delle strutture esaminate dallo studio. I maggiori protagonisti sono i policlinici universitari, coinvolti con una media di 28 decessi denunciati all’anno per singolo ospedale, seguiti dalle strutture di primo livello con una media di 13 e dagli ospedali di secondo livello, dove se ne contano 8. L’evidente maggior rischio presente nei policlinici, dovuto a una maggior casistica, fa sì che a questi vengano associati tassi di rischio superiori rispetto al dato medio generale.
Guardando invece i dati con una prospettiva territoriale, il Nord Italia risulta essere il meno virtuoso, con circa 23 decessi denunciati all’anno per singolo ospedale. Tra il 2015 e il 2016, il Nord è arrivato a toccare il dato particolarmente critico di 33 denunce per decessi a struttura, poi il trend di riduzione ha innescato un miglioramento diffuso, con un ultimo anno chiuso a 12 decessi medi a struttura. Il tasso di rischio, tuttavia, essendo calcolato rapportando il numero medio annuale dei decessi al numero medio di posti letti/ricoveri ordinari, risulta il migliore nazionale: 1,43 di risk rate. Alle strutture del centro Italia è invece applicato un risk rate doppio (2,86) e ancora più alto è al Sud, con un valore di 3,06.
L’area chirurgica e l’area di emergenza, in linea con il maggior rischio presente in questi dipartimenti, vedono il proprio personale coinvolto nel 65% delle denunce. Mentre per alcune specialità mediche, che ci si trovi in ospedali pubblici o privati, ci sono degli importanti gap in termini di liquidato medio in fase di risarcimento del danno. Uno su tutti è la specialità di gastroenterologia ed endoscopia digestiva, dove il liquidato medio è di 934 mila euro nelle strutture private e di 278 mila euro nelle pubbliche. Al contrario, tra i dipartimenti che registrano valori superiori nel pubblico rientrano cardiochirurgia, urologia e anestesia.
* Head of Internal Audit of AmTrust


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