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Cittadini (Aiop): Ssn malato di long Covid, riportare l’interesse dei pazienti al centro del dibattito

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"Il Ssn soffre ancora del long covid. I dati parlano chiaro: a due anni dalla pandemia non solo non si riscontra il recupero atteso delle prestazioni mancate nel corso della fase pandemica più acuta, ma i volumi di attività e la qualità delle cure non sono tornati ai livelli pre-Covid né per le prestazioni programmate né per quelle urgenti". Lo dice Barbara Cittadini, presidente nazionale Aiop, l’Associazione italiana ospedalità privata, in occasione della presentazione del 20° Rapporto sull’attività ospedaliera in Italia. "Le forze centrifughe dal Ssn - aggiunge - sono sempre più evidenti, con sempre più utenti che, per ovviare alle liste d’attesa, si trovano costretti, se possono, a pagare le prestazioni o, in caso di indisponibilità economica, a rinunciare alle cure". Per questo Cittadini lancia un appello "per riportare l’interesse del malato al centro del dibattito sulla sanità pubblica, troppo spesso orientato da visioni parziali".

La spesa sanitaria pubblica italiana in rapporto al Pil, sottolinea la presidente dell'Aiop "continua a restare fortemente al di sotto della media dei Paesi Ocse e G7 e si continua a paralizzare l’erogazione di servizi alla salute, attraverso il meccanismo dei tetti di spesa, imponendo alle Regioni un limite massimo all’acquisto di prestazioni presso il privato accreditato e sacrificando i bisogni assistenziali dei pazienti sull’altare di una illogica predilezione per la proprietà pubblica degli asset". Si tratta di "dinamiche conflittuali" tra la componente di diritto pubblico e quella di diritto privato del Ssn "che non interessano ai malati". "È necessario comprendere – conclude Cittadini – che ogni euro impiegato in sanità è un investimento per il progresso del Paese e che è indispensabile procedere ad un’alleanza di sistema, basata su un approccio collaborativo/competitivo tra la componente di diritto pubblico e la componente di diritto privato del Ssn".

Il report Aiop evidenzia, dunque, che non solo non sono state recuperate le prestazioni 'perse' nella fase acuta della pandemia, ma ad oggi i volumi di attività non sono tornati ai livelli pre-pandemici né per le prestazioni programmate né per quelle urgenti. In particolare, i ricoveri urgenti 'persi' nel biennio post-pandemico sono stati circa 900mila, quelli programmati sono stati 740mila e 470mila rispettivamente nel 2020 e nel 2021. Anche i volumi delle prestazioni ambulatoriali restano fortemente al di sotto dei valori pre-Covid, con variazioni 2019-2021 che raggiungono scarti anche del -70% (Basilicata) e del -46% (Pa di Bolzano). Il fenomeno dei tempi di attesa anomali, che già era una criticità rilevata nel nostro Ssn - prosegue il report Aiop - si incrementa ulteriormente: ai ritardi 'ordinari' pre-pandemici, si aggiungono quelli 'straordinari' del 2020 e quelli provocati da un urto pandemico che stenta a esaurirsi.

Dal punto di vista della domanda, l'indagine condotta da Ermeneia su un campione di 4.020 soggetti (rappresentativo della popolazione adulta italiana) rivela come, ancora nel 2022, il 73% degli intervistati senza esperienza di contagio e il 66% di quelli con una o più esperienze Covid abbiano dovuto sostenere blocchi o rimandi di prestazioni diagnostiche per patologie di gravità medio-alta. Rispetto ai due sottogruppi (mai contagiati e contagiati), ostacoli all'accesso e rinvii per terapie periodiche e controlli obbligatori sono stati sperimentati, rispettivamente, nel 89% e 97% dei casi. Lo 'straordinario', quindi - sottolinea l'Aiop - non riesce ad essere assorbito in un 'ordinario' che già prima dell'avvento del Covid evidenziava criticità strutturali. Tempi di attesa incongrui rappresentano uno degli elementi di maggiore iniquità nell'ambito di un sistema a vocazione universalistica, dal momento che determinano una divaricazione tra coloro che possono rivolgersi al mercato delle prestazioni sanitarie - al di fuori del Ssn - e coloro che, per ragioni economico-sociali, non possono ricorrere alla spesa out-of-pocket. Per questi ultimi l'alternativa è tra un'attesa suscettibile di compromettere, in tutto o in parte, il proprio stato di salute e la rinuncia alle cure. E proprio la spesa sanitaria pagata dai cittadini - che storicamente rappresenta circa un quarto di quella totale - è in progressiva crescita: è aumentata dai 37,3 miliardi di euro del 2017 al 38,4 del 2019 fino al 38,5 del 2021. E ancora: si registra un'evidente ripresa, nel 2021 rispetto al 2020, del valore dei ticket pagati dagli utenti per prestazioni intramoenia negli ospedali pubblici e, più in generale, dei consumi sanitari out-of-pocket delle famiglie italiane, che tornano ad essere più elevati non solo rispetto al 2020 ma anche al 2019, anno immediatamente precedente la pandemia.

Dall'indagine emerge, infine, che nel 2022 (sempre in riferimento a prestazioni/diagnosi serie-gravi) il 28% degli intervistati con almeno un episodio Covid e il 13% di quelli mai contagiati si sono rivolti al privato puro; mentre alle prestazioni a pagamento all'interno delle strutture pubbliche (intramoenia) hanno rispettivamente fatto accesso il 31% e il 9% degli intervistati. Il fenomeno di rinuncia alle cure, che nel 2021 ha coinvolto circa un intervistato su 20, si è lievemente ridotto nel 2022.

Secondo Ugo Cappellacci, presidente della Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati, "il Rapporto fotografa una situazione che ormai era chiara da molto, purtroppo le cifre sono drammatiche ed è necessario invertire la rotta. La spesa sanitaria deve necessariamente diventare un investimento, passando dal concetto di Prodotto interno lordo a quello di Benessere interno lordo e comprendendo che in sanità spendere meno prima significa spendere di più dopo. I limiti riscontrati dal Servizio sanitario nazionale durante la pandemia si possono recuperare solo tramite un'integrazione vera tra pubblico e privato. Dobbiamo, quindi, intervenire sul tema dei tetti per arrivare a recuperare i ritardi che rischiano di mettere in ginocchio il Paese. Rompiamo assieme questo tetto".

Il Sistema Sanitario Nazionale "è in gravissima crisi- ha aggiunto Davide Faraone, Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei Deputati- e il Covid ha peggiorato tale situazione. Il contributo del privato, dunque, è fondamentale per supportare il sistema e recuperare tutto ciò che è rimasto arretrato. Occorre però investire, stanziando risorse per almeno 10 miliardi di euro, di cui almeno 8 per il privato accreditato e intervenire con nuove assunzioni. È necessario superare gli steccati ideologici: pubblico e privato stanno seguendo la stessa identica missione ed è arrivato il momento di riconoscerlo".


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