In parlamento

Il futuro del sistema sanitario tra i bisogni della «persona» e le scelte economiche

di Mariapia Garavaglia

Un “vecchio” ministro, che ha collaborato alla crescita della sanità italiana ed, ancor prima, ai passi iniziali della riforma del 1978, guarda con apprensione alla condizione che oggi caratterizza il sistema che deve garantire la salute dei cittadini italiani.
Di seguito riassumo in modo schematico i principali aspetti critici, partendo da un’esperienza personale che ha molti limiti, ma che permette confronti con un passato caratterizzato complessivamente da un segno positivo. Non come una «ladatrix temporis acti», ma come lettrice serena di quanto è stato fatto nel recente passato per portare l'Italia ai vertici mondiali per quanto riguarda lo stato di salute della popolazione.
Al fondo, peraltro, continua ad accompagnarmi una visione della sanità fondata sulla persona e sui suoi bisogni multipli; recentemente è stato coniato il termine “personomics” per definire la complessità degli ambiti che devono essere rispettati per garantire la salute (biologici, clinici, psicologici, sociali, relazionali, economici, organizzativi, ecc.). Questa visione rispecchia in modo maturo l'approccio culturale che ha sempre caratterizzato la mia azione politica, e che mi auguro possa continuare a fondare le scelte di chi oggi deve decidere per il bene del paese e dei singoli nostri concittadini. Il sistema sanitario non può farsi carico delle fragilità sempre più diffuse nel mondo contemporaneo e che ogni giorno sembrano sempre più gravi; ha però un ruolo importantissimo, sia sul piano oggettivo che rispetto alla soggettività delle persone che vivono vicino a noi.

Il peso delle scelte economiche
Una prima considerazione critica rispetto al presente-futuro riguarda il fatto che oggi la maggior parte delle indicazioni si fonda su considerazioni economiche; sembra che i risultati di salute interessino poco a chi deve decidere e programmare. Sia a livello macro (il finanziamento nazionale) sia a livello locale si procede fondandosi sui costi storici di un servizio, senza considerare eventuali indicazioni al cambiamento, con il fine di raggiungere migliori (o almeno sufficienti) risultati di salute. In questa prospettiva il Piano Sanitario Nazionale del '94-'96 aveva rappresentato un esempio innovativo, perché per la prima volta collegava direttamente la quota capitaria con le azioni necessarie al raggiungimento di obiettivi di salute. Nel tempo si è purtroppo perduta questa modalità di lavoro politico e programmatorio, preferendo interventi settoriali, nell'ambito di una progressiva riduzione dei finanziamenti.La mancanza di collegamento tra mezzi e risultati impedisce anche valutazioni sulla sostenibilità; infatti, se queste sono solo economiche non garantiscono un futuro al sistema e rischiano di diventare un terreno di valutazione tra economisti, alla quale non partecipano gli operatori sanitari e tanto meno i cittadini. Con il risultato che molto spesso restano dichiarazioni inapplicate, che portano all'unico effetto di intralciare il sereno svilupparsi dell'azione clinica.

L’evoluzione dello scenario sanitario
Infine si deve considerare che, rispetto al recente passato, sono intervenuti numerosi fattori che hanno modificato profondamente lo scenario; tra i principali, cito la diffusione delle malattie croniche, in maggior parte legate all'invecchiamento, e lo sviluppo delle nuove tecnologie, sia a livello diagnostico che interventistico e terapeutico. Gli altissimi costi indotti da questi eventi richiedono un controllo forte dell'appropriatezza, esercitato non per via burocratica, ma direttamente da operatori colti, con sensibilità di sistema e quindi in grado di decidere in base ad una visione che consideri globalmente il bene del paziente. Ciò però richiede una formazione seria, indipendente, con un fondamento culturale che consideri la complessità come caratteristica che oggi accompagna la realtà a qualsiasi livello. Purtroppo su questi temi dobbiamo rilevare un forte ritardo delle istituzioni che hanno il compito di formare le nuove generazioni di operatori, che quindi sono ancora legati al singolo dato e spesso privi di una visone sistemica, l'unica che permette di dare risposte efficaci.

Il ruolo delle Regioni
La logica del rapporto tra finanziamento e risultati si applica anche all'attuale dibattito sul ruolo delle Regioni. La tematica non è tanto quella degli sprechi, argomento di scarsa rilevanza concreta, ma riguarda l'esigenza assoluta che alle Regioni sia chiesto di onorare i diritti dei cittadini rispetto ad un servizio che difende la salute; non vi è alcuna motivazione per derogare da certi obblighi, che non sono peculiari di un'area, ma hanno valenza generale ed anche costi che possono avere solo lievi oscillazioni. A questo proposito non propongo un ritorno indietro al vecchio centralismo, ma affermo che i diritti dei cittadini, diritti reali su tematiche delicatissime come la salute, non possono essere posposti rispetto alla difesa di autonomie che hanno solo fondamenti formali.


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