In parlamento

Droghe, giro d’affari vicino ai 23 miliardi. La repressione costa 2,5 miliardi. Ma i consumi aumentano

di Manuela Perrone

È un mercato che “tira”, quelle delle droghe in Italia, con una platea di 6,2 milioni di consumatori complessivi stimati: 4,5 milioni di cannabis, 1,1 milioni di cocaina e 530mila di oppio e derivati, eroina compresa. Per un giro d'affari di decine di miliardi di euro: oltre 22,5 miliardi secondo uno studio di Tor Vergata per un progetto europeo (scarica il documento) ; 12,7 miliardi secondo l'Istat, di cui circa la metà attribuibili al consumo di coca. Nel 2011 le attività connesse alla droga hanno rappresentato il 60% delle attività illegali stimate dalla contabilità nazionale e hanno pesato per circa lo 0,8% sul Pil. I numeri arrivano dalla relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze in Italia, appena presentata in Parlamento dal Dipartimento politiche antidroga della presidenza del Consiglio. Un dossier da oltre 700 pagine che fa il punto su domanda e offerta di sostanze, quadro giuridico e interventi, repressivi e sanitari. Lanciando l'allarme sulla diffusione di nuove sostanze: sconosciute e pericolose per la salute.

Operazioni antidroga in calo dell'11,4%
Le operazioni antidroga nel 2014 sono state 19.449, l'11,47% in meno rispetto all'anno precedente. I denunciati sono stati 29.474, il 13,25% in meno. Colpa, si legge nella relazione, del «susseguirsi degli interventi sulla disciplina normativa in materia di stupefacenti» e sulle modifiche ai poteri sanzionatori delle forze dell'ordine. Il giudizio è severo: l'evoluzione normativa, secondo gli esperti, può aver rappresentato un «fattore di regressione» nel contrasto alle dipendenze, soprattutto al “piccolo spaccio”. Sensibili, però, gli aumenti dei sequestri per l'hashish (+211,29%), la marijuana (+15,93%), l'eroina (+5,3%) e le droghe sintetiche in dosi (+23,99%). Calano invece i sequestri di cocaina (-21,9%), di droghe sintetiche in polvere (-56,32%) e di piante di cannabis (-86,4%).

Le rotte del narcotraffico
Le rotte sono quelle classiche: i narcotrafficanti di cocaina si riforniscono soprattutto sul mercato colombiano, trasportano la sostanza attraverso alcuni Paesi del Sud e del Centroamerica e arrivano in Italia attraverso Spagna e Olanda. I gruppi criminali più coinvolti sono la ‘ndrangheta, la camorra e le organizzazioni balcaniche e sudamericane e il porto di Gioia Tauro si conferma «la principale area di ingresso» della coca nel nostro Paese. Diversa la provenienza dell'eroina, che dall'Afghanistan attraversa la penisola balcanica, con un traffico saldamente nelle mani della criminalità campana e pugliese in stretto contatto con le organizzazioni albanesi e balcaniche. Per l'hashish i sodalizi criminali (criminalità laziale, pugliese e siciliana, insieme a gruppi maghrebini, spagnoli e albanesi) usano le rotte che passano dal Marocco.

Il “costo” della repressione
La relazione stima in 2,5 miliardi di euro nel 2012 la somma che complessivamente lo Stato spende per il contrasto e la repressione del fenomeno: la parte del leone la fa il costo dei detenuti per droga, pari a oltre 1,19 miliardi. Negli ultimi vent'anni circa un detenuto su tre che entra in carcere lo fa per violazione dell'articolo 73 del Dpr 309/1990, il Testo Unico sulla droga. Il trend (l'impennata dal 2006 al 2011 e la diminuzione dei detenuti nel 2013 e nel 2014) riflette prima gli effetti della legge Fini-Giovanardi e poi quelli della sentenza della Consulta 32/2014 che ha bocciato la legge nella parte in cui non distingue tra droghe leggere e droghe pesanti.

Nuove sostanze: è allarme
Nel 2014 le segnalazioni di nuove sostanze al Sistema nazionale di allerta precoce e risposta rapida per le droghe sono state 229, il 275% in più rispetto a soli cinque anni prima ma in lieve calo (-7%) rispetto al 2013. Tra le informative trasmesse al network c'è l'identificazione di sostanze del tutto sconosciute in Italia in materiali sequestrati o acquistati on line ma anche in droghe tradizionali, a mo' di tagli o diluenti. Così sono usati alcuni antibiotici, ad esempio, ritrovati in campioni di eroina e cocaina. Ma anche alcuni materiali di origine vegetale contenenti sostanze psicoattive. Dal 2009 a marzo 2015 sono state in tutto 456 le molecole registrate dal sistema, di cui 138 cannabinoidi sintetici, 77 catinoni sintetici, 90 fenetilamine e 19 triptamine. Un'emergenza che è anche di salute pubblica: 256 i casi di intossicazione registrati lo scorso anno, dieci i decessi.

I consumatori aumentano
Da un'indagine di popolazione condotta dal Dipartimento antidroga emerge in generale un aumento dei consumatori di droghe nel 2014, soprattutto per la cannabis e per le sostanze stimolanti, come ecstasy o amfetamine e metamfetamine. Si confermano, come elementi favorevoli al consumo, la conoscenza di persone che fanno uso di stupefacenti, aver fumato tabacco o assunto bevande alcoliche almeno una volta nei 12 mesi precedenti l'intervista, essere giocatori patologici e la giovane età. Se è la cannabis la droga più diffusa (il 32% dei 15-64enni l'hanno provata almeno una volta nella vita, poco più di 12,5 milioni di persone), al secondo posto c'è la cocaina: per la quale si stimano 3 milioni di italiani che l'hanno usata almeno una volta.

La mappa dei servizi
I Serd (Servizi per le Dipendenze) nel 2014 risultano 581, quasi tutti a gestione esclusivamente pubblica. L'offerta ambulatoriale, si legge nella relazione, risponde nella maggior parte delle regioni alla domanda di cura della popolazione che soffre di dipendenze, senza distinzione tra le diverse tipologie di sostanze di abuso: qui, dunque, i servizi contro le droghe coincidono con quelli contro l'alcolismo, a parte équipe di lavoro dedicate. Residenze e semiresidenze (comunità e simili) garantiscono 13.700 posti sul territorio nazionale, quasi totalmente gestita dal privato. La relazione difende l'organizzazione italiana: l''architettura del sistema – si legge - «è solida e pone l'Italia in una posizione di rilievo anche nel panorama internzionale». Ma altrettanto chiaramente sottolinea l'urgenza di uno sforzo comune per ridefinire i modelli e i trattamenti, il più possibile omogenei in tutto il Paese. Perché il panorama delle sostanze e dei consumi è cambiato e cambia molto più velocemente di quanto i servizi non siano stati capaci di fare.


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