In parlamento

Gelli (Pd): Basta tagli alla sanità. La difenderemo con le unghie e con i denti. Anche per questo vanno tutelati i dipendenti del Ssn

di Roberto Turno

«Basta tagli, la sanità ha già dato. La difenderemo con le unghie e con i denti. Con i tagli si mette a rischio il Ssn». Federico Gelli, responsabile Pd per la sanità, relatore in commissione Affari sociali della Camera sulla responsabilità professionale, non si sottrae alle domande. Anzi, rilancia. Sulla riforma della responsabilità dice che la strada maestra è quella del Parlamento, ma pochi articoli, anche con le proposte del ministero, potrebbero finire nella Stabilità. Sulla concorrenza sostiene che per i capitali in farmacia il nodo è quello delle quote rispetto ai farmacisti, ma sui farmaci C con ricetta crede che debbano restare nelle farmacie. Sul ruolo dei Fondi non sbarra la strada: «Ma integrativi, mai sostitutivi». Poi spezza una lancia per il personale del Ssn: va difeso e tutelato: «Non fare tagli al Ssn anche per andare incontro a professionisti capaci e decisivi per la salute degli italiani e per la tenuta del servizio pubblico».

Federico Gelli, come relatore del provvedimento sulla responsabilità professionale in commissione alla Camera, sarà subito alla ripresa dei lavori alle prese con uno dei problemi più avvertiti. Dai medici ma insieme dal sistema sanitario nel suo complesso, data la pesantezza dei costi della medicina difensiva. Come pensate di procedere? Aspettate gli emendamenti del Governo?

Non stiamo aspettando nulla. Abbiamo approvato in commissione il testo base in cui tutti i gruppi si sono riconosciuti. E già questo è un aspetto molto importante. Lasciare ancora in sospeso il provvedimento non sarebbe stato più accettabile. Un testo sicuramente ancora migliorabile, ma una base di partenza fondamentale. Abbiamo dato tempo ai gruppi di presentare i propri emendamenti entro fine mese. Poi si aprirà il dibattito.

Non aspettate la proposta o gli emendamenti del Governo?

Non aspettiamo emendamenti del Governo. Ho chiesto al ministro di inviarci il lavoro della sua commissione, che sarà esaminato da tutti i gruppi. E' anche mia intenzione proporre al professor Alpa di intervenire in commissione per esporci il documento.

Ma c'è un'ipotesi che il capitolo della responsabilità e della medicina difensiva faccia poi parte della prossima legge di stabilità.

Questa è un'ipotesi del ministro. Io sono rispettoso dei ruoli istituzionali. Ma la strada maestra resta quella del Parlamento. Se poi, d'accordo con la maggioranza, ci sarà la possibilità di inserire nella legge di Stabilità 2016 una parte del testo, pochi articoli, per un'approvazione rapidissima, se ne discuterà senz'altro tra le forze politiche. Intanto, proprio per andare veloci, nell'iter del provvedimento in Parlamento, c'è già un accordo con la commissione del Senato, con la quale avremo presto degli incontri per per definire meglio il percorso del provvedimento.

Gelli, ma qual è ad oggi l'idea di sanità pubblica che ha il Pd?

Esattamente il dettato della Costituzione. Il Servizio sanitario nazionale è un baluardo fondamentale, non solo perché il diritto alla salute dev'essere garantito, ma anche perché il nostro è un buon sistema, come è riconosciuto da tutti. Migliorabile, certo, compatibilmente con le risorse date. Ma che va difeso con le unghie e con i denti, al di là di quanto - citando una massima renziana – dicono i gufi sulle presunte voglie di tagliare la sanità.

E invece non è così?

Non pensiamo e non vogliamo alcun taglio alla sanità, ma un miglioramento un efficientamento, una migliore organizzazione del sistema nel suo complesso. Dire che ci vogliono più soldi per dare più servizi non sempre è vero. Abbiamo Regioni che spendono molto più di altre, ma sono purtroppo in cattive condizioni per la qualità dei servizi e per la garanzia di erogazione dei Lea. Altre Regioni che, invece, hanno realizzato, e per tempo, riorganizzazioni e politiche di rigore, danno di più ai loro assistiti spendendo meno. Questo per dire che non si parla di tagli ma di riorganizzazione del sistema.

Come vede un ruolo più marcato dei Fondi sanitari integrativi?

Io sono aperto a molte delle possibilità che ci prospettino un futuro sempre migliore per l'assistenza sanitaria pubblica. Una sanità pubblica non può non tenere conto di una società che cambia e delle nuove esigenze, come dell'incremento dei costi e del fabbisogno finanziario-economico del sistema, dell'aumento dei costi dei farmaci innovativi, dell'invecchiamento della popolazione. A mio avviso, a patto che si preservi il cardine fondamentale della gestione- programmazione-controllo in capo al sistema pubblico, si può guardare con interesse ad altre forme integrative di assistenza. Badi: integrative, mai sostitutive, complementari al finanziamento pubblico, come appunto i Fondi sanitari integrativi. Valutiamo, cerchiamo di capire di cosa si parla. Ci sono tanti modelli, tante possibilità. Valutiamo, appunto. Io non sono contrario a priori a questa ipotesi.

Confindustria parla di universalismo selettivo per il Ssn.

Vediamo la proposta. Si possono fare tante ipotesi a tavolino. Ma ripeto: si parla di integrazione, mai di sostituzione del Ssn.

Tutti dite no ai tagli. La sola parola fa salire l'adrenalina a tanti. Eppure quei 3,5 mld in più del Fondo sanitario per il 2016, fanno gola a qualcuno. Penso a via XX Settembre… Perché quella sembra essere la partita, o almeno una delle partite, per la prossima legge di Stabilità.

E' evidente a tutti quanto la sanità ha già dato, ancora con l'ultima manovra, alla finanza pubblica attraverso il mancato incremento del Fondo. Utilizzare ulteriormente il criterio del “fare cassa” con le risorse del Ssn, sarebbe molto pericoloso. Le stesse Regioni che per la prima volta hanno condiviso il mancato aumento del Fsn, non comprenderebbero e non accetterebbero mai una scelta del genere. A questo punto, affrontare ancora una decurtazione delle risorse sarebbe molto difficile, complesso e metterebbe a rischio il Servizio sanitario nazionale. Questo non lo vogliamo.

Intanto tra spending review di Gutgeld, progetti per gli ospedali in rosso, centrali d'acquisto, Prontuario farmaceutico, appropriatezza delle prestazioni, i risparmi di sicuro non mancheranno. E fanno molto rumore: cioè paura.

Certo, i risparmi arrivano. E se qualificano la spesa senza ridurre i servizi, sono i benvenuti. La centralizzazione degli acquisti, la definizione delle macro categorie merceologiche per gli acquisti magari anche individuando delle regioni guida-benchmark, dimostrano che ci sono ampi margini di miglioramento della spesa sanitaria. Soprattutto in quelle realtà in cui, ad esempio, la centralizzazione degli acquisti è rimasta molto indietro. Così come si può, e si deve, risparmiare con la digitalizzazione della sanità, che sarà uno strumento importante non solo per l'efficientamento dei servizi e del sistema, ma appunto ancora una volta per spendere meno e meglio.

Che strada si seguirà per le centrali uniche d'acquisto? Si parla di una stretta ulteriore…

Si sta lavorando in linea di massima a una centrale per regione, forse una anche per le aree metropolitane. Presto sarà tutto chiaro. Ma non è un problema di quante saranno le centrali d'aqcuisto. L'importante è aver imboccato questa strada e percorrerla. Andare avanti come è stato finora non è più possibile. Basta.

Il commissario Gutgeld avrebbe anche un progetto sui piani di rientro per gli ospedali in rosso. Che sono parecchi…

Se è per questo, anche con la “legge Madia” sulla Pa sono state introdotte regole più forti, fino alla rimozione, per i direttori generali che non rispettano i bilanci delle loro aziende. A proposito del risanamento delle aziende sanitarie in deficit, esistono margini importanti di intervento anche su singole aziende. Ma in accordo con le Regioni per riportare sotto controllo quegli ospedali o asl che non ce la fanno. Sarebbe un aiuto anche per le Regioni.

Lei sarà relatore in commissione Affari sociali nel parere sul testo del Ddl concorrenza delle commisisoni riunite Finanze e Attività produttive. Come pensa che finirà la partita del Ddl sulla concorrenza al capitolo “farmacie, catene, farmaci C con ricetta”?

Vede, intanto già col decreto Monti il tema delle liberalizzazioni in farmacia era già stato affrontato. Per circa 3mila esercizi in più…

Non ancora tutte aperte, peraltro. Anzi.

Un percorso non ancora completato, è vero, in alcuni casi anche con i concorsi da fare e con Regioni che devono completare gli iter. Siamo in marcia, però. A regime avremo circa 21mila farmacie. e credo che in questo settore ci sia necessità comunque di una regolamentazione come in tutta Europa. Devono essere un elemento cardine di un approccio innovativo e liberale, ma mantenendo il criterio di programmazione e di regolamentazione.

Ma per le catene di capitali, come va a finire?

Io credo che la norma rimarrà. Si tratterà di capire quale quota percentuale alla fine verrà controllata dall'investitore rispetto al farmacista. I soci di capitale saranno interessati, è chiaro, se avranno il controllo della società. Credo che sia questa la partita ormai a proposito dell'ingresso dei capitali.

E i farmaci C con ricetta resteranno esclusiva o no delle farmacie o approderanno anche nelle parafarmacie e nei corner dei supermarket? Si dice: le catene, acquistando le farmacie, non vorranno certo perdere i farmaci C con ricetta…

Secondo me e meglio che i farmaci C con ricetta restino nelle farmacie, con i loro sistemi di controllo e di monitoraggio della spesa così importanti per il Ssn. Se alle farmacie chiedi un ruolo diverso e una maggiore collaborazione come presidio sanitario, e lo fai esplicitamente col Patto per la salute, e poi gli togli quei prodotti, che senso ha? Se alle piccole farmacie, poi, chiedi di restare un presidio sanitario e insieme levi loro la possibilità di avere un ritorno economico di mercato, come vanno avanti? Non si può chiedere un ruolo da una parte e dall'altro piano piano erodergli margini economici che per le aziende più piccole o periferiche sono fondamentali.

La ministra Lorenzin ha accusato duramente le Regioni che in Conferenza stanno bloccando i provvedimenti di attuazione del Patto per la salute. A partire dai Lea. Questo del ruolo delle Regioni d'altra parte è uno dei temi politici dirimenti, a partire dalla prossima riforma costituzionale e del titolo V, con quella Conferenza Stato-Regioni che tanti vedono in disarmo nel prossimo futuro.

Certo, è un tema cruciale. Voglio solo dire: le riforme si fanno attraverso un percorso di condivisione. E nella modifica della Costituzione definiamo i ruoli di Stato e Regioni. Facendo chiarezza sulle competenze. Sparisce la materia concorrente, sparisce il contenzioso e si costruisce una nuova impalcatura.

Bene, ma questo vale per il futuro. Lorenzin parla per l'oggi, posto che la riforma costituzionale deve aspettare prima di diventare legge.

Capisco. Dico solo che, per quanto mi è dato capire, i governatori hanno una preoccupazione di fondo: quali saranno le risorse per il futuro.

“Vedere soldi, dare cammello”, insomma. A conferma, direi, della preoccupazione sull'aumento (o meno) del Fondo sanitario. Ma a proposito di preoccupazioni, c'è l'universo dei dipendenti del Ssn in fibrillazione, come dei medici convenzionati del resto. Tra contratti fermi, tagli vari… Un universo in fibrillazione.

La mozione approvata in Parlamento sulle risorse umane in sanità è stata già una prima risposta. Se qualcuno pensa di fare spending su rinnovi contrattuali, scatti di anzianità, stop agli straordinari, eccessi di precarizzazione di professionisti e operatori strategici, e decisivi per la salute degli italiani, non si va da nessuna parte. L'impegno preso in aula dal Governo dovrà tradursi in risposte future. Non va ridotto il finanziamento 2016 anche per venire incontro a loro. E poi, voglio dirlo ancora una volta: siamo assolutamente favorevoli a un'area contrattuale autonoma per la dirigenza sanitaria. Quella è la strada da imboccare. Anche se altri nella Pa storcono il naso.

Nella disfida sulle competenze, chi ha ragione tra medici e infermieri?

Tutt'e due. Per questo ritengo che il comma 566 sia un saggio punto d'equilibrio. Chi vuole strattonare la giacchetta in un senso o nell'altro, a mio avviso non deve avere spazio. Tutto è discutibile e perfettibile, ma il giusto equilibrio tra tutte le figure sanitarie è la scommessa presente e futura per la sanità. Non possiamo pensare che la sanità di oggi sia quella di 40 anni fa. E i ruoli di infermieri e medici sono molto diversi da quelli di 40 anni fa. Quel punto di equilibrio del comma 566 va mantenuto e garantito. E credo vada anche ribadito nel Ddl sulla riforma delle professioni sanitarie che ora è al Senato.


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