In parlamento

Rischio professionale, ecco la nuova responsabilità civile

di Barbara Gobbi

Con il via libera della commissione Affari sociali all’emendamento 7.50 del relatore Federico Gelli (Pd) sulla Pdl 259 in materia di responsabilità professionale del personale sanitario , si delinea il nuovo profilo della responsabilità civile dei professionisti: netta la distinzione tra natura contrattuale della responsabilità - in capo alla struttura sanitaria, pubblica o privata, che si avvalga di medici o infermieri «nell’adempimento della propria obbligazione» - e natura extracontrattuale, in capo all’esercente la professione. «Ciò che conta - spiega il relatore - è l’ambito nel quale viene erogata la prestazione, che poi interessa il 90% della casistica, includendo anche le cure svolte in regime intramurario o attraverso la telemedicina». Resta inteso, ma è bene ricordarlo, che per i liberi professionisti che operano privatamente nel loro studio (dentisti, oculisti o altri) continuerà a configurarsi una responsabilità di natura contrattuale.

Sul “risk” la commissione sta procedendo a gonfie vele. In attesa di “chiudere” esaminando, la prossima settimana, gli articoli 8, 10 e 11, rispettivamente sul ruolo delle assicurazioni, sul Fondo di solidarietà per i cittadini danneggiati e sulla composizione degli albi dei periti, domani toccherà agli emendamenti su azione di rivalsa e conciliazione (in arrivo i sub emendamenti). Quanto all’azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti del professionista sanitario, il nuovo articolo 7-bis (sempre del relatore) prevede innanzitutto - in linea con la norma sulla responsabilità civile approvata oggi - che essa possa essere esercitata, e comunque entro un anno dall’avvenuto risarcimento, solo in caso di dolo o di colpa grave. Ancora: condizione sine qua non per cui la rivalsa sia esperibile, è che la struttura abbia dato comunicazione all’interessato dell’instaurazione del giudizio risarcitorio nei suoi confronti, mediante notifica nell’atto di citazione.
La norma prescrive paletti ben precisi sia sotto il profilo economico che delle sanzioni professionali: la rivalsa non potrà comunque superare un quinto della retribuzione, mentre - esclusi i casi di dolo - le “promozioni” saranno inibite nei limiti dei tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione pronunciata nel giudizio di rivalsa. In ogni caso, un eventuale esercizio dell’azione erariale da parte della procura presso la Corte conti rende improcedibile la domanda di rivalsa in sede civile della struttura pubblica.

L’altra proposta di rilievo è quella che prescrive il tentativo obbligatorio di conciliazione, ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile. «Un elemento fortemente innovativo - tiene a precisare Gelli -: si introduce con forza il principio che prima dell’avvio di qualunque procedimento si deve esperire attraverso l’azione tecnico-preventiva affidata al perito tutti i tentativi possibili». Di più: la mancata partecipazione obbliga il giudice a condannare, con il provvedimento che definisce il giudizio, le parti che non hanno partecipato, al pagamento delle spese di consulenza e di lite (a prescindere dall’esito del giudizio), oltre che ad una pena pecuniaria, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione.


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