In parlamento

Orario di lavoro, Calabrò (Ap): «Cure a rischio. Elasticità sul blocco assunzioni»

di Raffaele Calabrò (Capogruppo Ap, Commissione Affari sociali)

L'obbligo di adeguarci alla normativa europea sugli orari dei medici ci ricorda in qualche modo che stiamo deragliando da quegli standard necessari di sicurezza sul lavoro del personale sanitario, di qualità dei servizi erogati, il tutto a garanzia del paziente. Viene inevitabilmente da chiedersi se la Ue sa della difficoltà del nostro Paese di dare d'emblée seguito alla direttiva. Che ne sanno a Bruxelles di bilanci sforati delle aziende sanitarie, del blocco del turn over, del ricorso selvaggio alle forme più varie di precariato e dell'utilizzo dello straordinario per potere continuare a garantire i livelli essenziali di assistenza? Certo, la necessità di conformità al diritto europeo potrebbe essere un'occasione per prendere di petto alcuni punti nodali: quali la presenza massiccia di precari nel Servizio sanitario nazionale, l'assenza di programmazione piante organiche e la carenza insostenibile di personale soprattutto in quelle Regioni del Centro-sud, sottoposte a piano di rientro e quindi al blocco delle assunzioni.

L'Europa c’impone a questo punto di trovare la quadra per trovare l'armonia tra il sacrosanto diritto del lavoratore ad orari più umani, il rispetto del contratto con i cittadini che obbliga lo Stato a garantire l'equità e l'universalismo del Servizio Sanitario nazionale. Peccato che se il 25 novembre tutte le aziende sanitarie si adattassero al nuovo orario, soprattutto al Sud rischieremo di assistere alla chiusura di ambulatori e sale operatorie, al caos più totale nei Pronto Soccorsi, all'allungamento senza fine delle liste d'attesa con consequenziale esodo massiccio nella sanità privata. Tanto vale decretare la sospensione dei Lea in alcune regioni italiane.
Sia chiaro, nessuno auspica una proroga infinita che equivarrebbe sostanzialmente a una non volontà di risolvere i problemi suddetti, in fondo, ammettiamolo, in questo Paese la mancata programmazione sanitaria ha prodotto molti dei mali che oggi stiamo cercando di risolvere.
Allora si potrebbe, in un biennio, mettere a punto una revisione rapida delle piante organiche che risponda adeguatamente agli emergenti bisogni epidemiologici; iniziare, già in questa legge di stabilità, a prevedere la stabilizzazione dei precari, con i dovuti paletti relativi ad anni di lavoro, partecipazione ad avviso pubblico, etc, ma senza un'ingiusta distinzione tra le diverse forme di contratto; nonché bandire al più presto, ove necessari, i concorsi in stand by. Ovviamente a nulla servirebbero gli step precedenti senza una realistica valutazione dello sblocco del turn over che fermo ad una percentuale del 10 per cento non ha consentito a nessuna Regione del Sud di controbilanciare l'esodo massiccio dei pensionati che si sono succeduti nell'ultimo quinquennio con nuove assunzioni. Nessuno chiede l'abolizione totale del blocco del turn over, ma una maggiore elasticità per poter consentire ai nostri medici il diritto ai dovuti riposi senza però mettere a repentaglio l'erogazione delle cure per gran parte della popolazione italiana. Meditiamo e in fretta.


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