In parlamento

Per la manovra correttivi alla Camera entro il 4 dicembre

di Carmine Fotina e Marco Rogari

La manovra riparte alla Camera proprio nel momento in cui sembra chiudersi la lunga querelle sul decreto territorio (Expo-Giubileo-Bagnoli-Terra dei fuochi). Dopo non poche tensioni nel consiglio dei ministri di domenica con i dicasteri coinvolti nella rimodulazione degli accantonamenti 2015, ieri è stata trovata la quadratura del cerchio per le coperture. Con un contributo dei ministeri non inferiori ai 700 milioni, a carico tra gli altri di Lavoro (circa 150 milioni) e Mise (circa 100), il decreto “happy days” dovrebbe approdare oggi al Quirinale e probabilmente già in serata essere disponibile sulla Gazzetta ufficiale.

I prossimi passaggi
Quanto alla “stabilità”, il testo ieri è stato formalmente assegnato insieme al Ddl di Bilancio alla commissione Bilancio della Camera, che oggi fisserà la scadenza per la presentazione degli emendamenti da parte dei gruppi parlamentari (probabilmente il 4 dicembre) e deciderà la tempistica del dibattito. I relatori a Montecitorio sono Fabio Melilli (Pd) e Paolo Tancredi (Ap). Domani poi la Conferenza dei capigruppo della Camera indicherà il momento in cui il testo dovrà approdare in Aula per il secondo via libera. Con conseguente ritorno a Palazzo Madama per l'ok definitivo quasi sicuramente prima della pausa natalizia.
Tra i ritocchi già certi c'è il pacchetto Sud. Anche se il Governo non ha ancora scelto tra le due opzioni proposte dalla maggioranza al Senato: mini-credito d'imposta sugli investimenti nelle aree svantaggiate e prolungamento di un anno della proroga delle decontribuzione nella misura del 40% già prevista dalla manovra. Molto dipenderà dalle risorse disponibili tenendo anche conto che il Governo appare intenzionato a destinare alla sicurezza e all'intelligence non meno di 200-300 milioni. Altri fondi dovranno essere trovati per consentire agli enti di area vasta di garantire al meglio alcuni servizi essenziali come scuole e strade (nodo Province). Ci sono poi la partita sulle pensioni, con i sindacati (Cgil in testa) rafforzare le misure su esodati e opzione donna , e sul “salva-delibere” comunali legata alla tassazione sulla casa.

Il Fondo di garanzia
Una platea più ampia, rating per le imprese e la necessità di un quadro di risorse certe per il prossimo triennio. Il Fondo centrale di garanzia torna al centro di grandi manovre, con novità che partiranno nel 2016, e non è escluso che, dopo la mancata approvazione di una serie di emendamenti al Senato, il tema torni anche nella discussione sulla legge di stabilità che si apre oggi alla Camera con riflettori puntati su quattro grandi capitoli: Sud e imprese, sicurezza, province, pensioni.
Per il Fondo di garanzia che copre i finanziamenti alle Pmi, come rilevato anche dal dossier del servizio Bilancio del Senato, potrebbe servire un chiarimento sulle risorse. Secondo le ultime ricognizioni degli operatori, i 700 milioni già stanziati per il 2016 non sarebbero sufficienti alla luce della crescita dei finanziamenti garantiti che potrebbero toccare alla fine del prossimo anno 16 miliardi. Il disegno di legge stabilità ha alimentato una sorta di fondo unico per le garanzie dello Stato, con 1,5 miliardi per ciascuno degli anni 2016 e 2017 e con 1,7 miliardi per il 2018, ma senza assegnare una quota precisa al Fondo Pmi. I tecnici del Senato hanno annotato in proposito la mancanza di una «dettagliata illustrazione» di ciascuna garanzia statale che la norma va a finanziarie. Alla base della scelta di governo ci sarebbero le nuove regole Eurostat sulla contabilizzazione delle garanzie ai fini dell'indebitamento netto, con possibili riflessi anche sulle soglie di accantonamento di capitale. Ma, al di là degli aspetti strettamente tecnici, senza un rapida ripartizione il rischio potrebbe essere quello di ritrovarsi con un fondo non attrezzato di fronte ai nuovi compiti. Dal 1° gennaio 2016, ad esempio, limitatamente ai portafogli di finanziamenti, coprirà anche operazioni che banche e Confidi siglano con le cosiddette mid cap (fino a 499 dipendenti) e non solo con le micro e piccole e medie imprese.
In attesa di avere un quadro più chiaro sul Fondo (giovedì tra l'altro c'è una riunione al Mise sul rating delle imprese che fanno domanda)


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