In parlamento

Nel Ddl Lorenzin va dato spazio non solo alla medicina di genere ma anche al riequilibrio di genere nella rappresentanza della professione

di Annarita Frullini (già Coordinatrice Osservatorio FNOMCeo professione femminile)

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24 Esclusivo per Sanità24

Come si può non associarsi alla generale soddisfazione espressa per l’approvazione del Ddl Lorenzin «Norme varie in materia sanitaria» da parte della Commissione Igiene e Sanità del Senato? Anche perché, nelle bozze pervenute, spicca il termine medicina di genere. In particolare nei primi due articoli del Ddl si parla sia di specifico riferimento alla medicina di genere, sia di approccio metodologico di medicina di genere, sia di un’adeguata rappresentatività di genere sia di specifiche esigenze della medicina di genere.
Entro dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge è prevista una legge delega per l'attuazione della sperimentazione, avendo già ben introdotto come concetto fondante la medicina di genere. In linea con gli orientamenti del ministero della Salute che, con il Quaderno n. 26 pubblicato pochi giorni fa e titolato “Il genere come determinante di salute”, ha inteso sottolineare come lo sviluppo della medicina di genere possa garantire equità e appropriatezza della cura.
Nel Ddl l’articolo 3 affronta il riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie. Il tema riguarda, secondo il sottosegretario De Filippo, oltre un milione di professionisti, che occupandosi di un bene/diritto salute, costituzionalmente garantito, necessitano di specifiche garanzie per il mantenimento della qualità professionale.
Si sarebbero potuto inserire nella norma legislativa dell'articolo 3 una dicitura per affermare, da un punto di vista generale, la garanzia dell’equilibrio di genere nella rappresentanza, concetto ormai ben presente nella legislazione e nella cultura?
Vorrei ricordare che il Decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato Dlgs CPS 233/46 che ricostituì gli Ordini delle professioni sanitarie, fu approvato dall'Assemblea Costituente nel 46, un anno prima dell'approvazione/promulgazione della Costituzione italiana del dicembre 1947.
È necessario quindi che venga subito disciplinato il principio dell'equilibrio della rappresentanza, in sintonia con il lungo percorso fatto dal 46 ad oggi, percorso che ha portato al riconoscimento/garanzia della parità di genere ad ogni livello legislativo, ordinario, costituzionale e comunitario.
Successivamente sarà necessario vigilare sui regolamenti attuativi.
Faccio appello a Valeria Fedeli e alla presidente della commissione Sanità del Senato Emilia Grazia De Biasi perché in Aula a Palazzo Madama siano apportate le necessarie integrazioni.
L'argomento della equilibrata rappresentanza di genere è stato uno dei temi fondanti delle donne medico e dell'Osservatorio. Sul portale della Fnomceo è presente una storica intervista, a Torino alla fine del 2011, a Roberta Chersevani allora Coordinatrice dell'Osservatorio: «C’è una evidente discrepanza tra le poche donne elette negli ordini e le iscritte sempre più numerose. C'è realismo nel nostro chiedere, come un bene per tutta la categoria e la società, che già da questa tornata elettorale venga rispecchiata nell'organo di autogoverno dei medici la reale composizione degli iscritti». Nel 2013, quando si ricominciò a lavorare per la riforma degli Ordini, vennero inoltrate ai vertici della Fnomceo tutte le Disposizioni per il riequilibrio delle rappresentanze di genere allora esistenti. Si chiedeva di tener conto dei cambiamenti avvenuti e della particolare attenzione, sia a livello nazionale sia a livello regionale/locale, al tema della parità tra uomini e donne nei luoghi della rappresentanza politica. Ci fu detto che questa riforma era attesa da tanto, che non era opportuno inserire possibili ostacoli ed eccessive variabili. Ci fu detto che ci sarebbe stato tempo per occuparci di equilibrio di genere nella rappresentanza in fase di approvazione di regolamenti.

Nel vedere che a livello generale nel Ddl Lorenzin vi è spazio per l’inserimento del concetto di medicina di genere, ci si chiede cosa sia ostativo all’inserimento del concetto di equilibrio di genere nella rappresentanza? Nella professione medica, secondo dati Ced – FNOMCEO al 18 /5/2015, vi sono 208.035 medici uomini e 150.367 medici donna. I medici donna quasi al 40% nella fascia di età 55/59 oltre il 50% al di sotto dei 49 anni...vi sono 18 mila fra i 63 e i 72 anni, 4.000 donne medico che hanno superato i 73 anni. Vi sono tante donne e tanti giovani che, con dedizione e passione, vogliono esserci nella vita della professione medica, per garantire una piena parità di genere sia nella composizione degli ordini, sia negli esecutivi degli ordini.
Chiediamo che vi sia alleanza fra la forze delle donne elette in politica e le donne che hanno scelto la professione e lo chiediamo in particolare a Valeria Fedeli vicepresidente del Senato perché non è possibile aspettare ancora e perdere questa occasione.
Qualche anno fa scrissi “Donne nella medicina: ieri, oggi e domani” parlando di donne medico nella storia e nella storia della Federazione. I passi compiuti sono significativi ma lenti. La presenza di Roberta Chersevani, eletta presidente Fnomceo in un Comitato centrale tutto maschile, non può da sola essere sostitutiva dell’equilibrio nella rappresentanza. Serve un equilibrio di genere nel governo della professione. Lo si vuole perché si crede che questo possa garantire equità, giustizia e migliore funzionamento degli ordini enti pubblici non economici sussidiari dello Stato, capaci di tutelare gli interessi pubblici connessi all'esercizio professionale, dotati di autonomia patrimoniale, finanziaria, regolamentare e disciplinare.


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