In parlamento

Dal risarcimento all'indennizzo. Così cambia un diritto!

di Tonino Aceti (coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva)

Il Ddl sulla sicurezza delle cure e sulla responsabilità professionale si appresta ad essere votato dalla Camera dei Deputati. Dopo alcuni miglioramenti apportati al testo grazie anche all'impegno profuso dalla nostra Organizzazione, ancora permangono importanti ombre e comunque la sfida che attende tutti è quella di un'applicazione della Legge che non sia a due velocità: cioè più veloce su tutta la partita dei profili di responsabilità professionale civile e penale, molto più lenta per quanto riguarda la parte della sicurezza delle cure.

La prevenzione e la gestione del rischio clinico rappresentano le questioni che maggiormente stanno a cuore ai cittadini e che qualificano l'assistenza, visto che l'obiettivo finale di molte segnalazioni che riceviamo e di Cittadinanzattiva è “perché non accada ad altri”. L'altro banco di prova sarà quello di garantire nella pratica clinica di tutti i giorni il perfetto bilanciamento tra la necessità del rispetto delle linee guida richiamate dalla Legge e la garanzia della personalizzazione dell'intervento sanitario in grado di riconoscere l'unicità della persona che si ha davanti, e questo sarà un aspetto sul quale tutti dovranno porre il massimo dell'attenzione.

Sarà necessario inoltre “misurare” gli effetti che la Legge dovrà produrre rispetto ai suoi obiettivi dichiarati nel corso del dibattito parlamentare e cioè: ridurre i costi delle assicurazioni per il Ssn e per i professionisti; migliorare le coperture assicurative; ridurre la medicina difensiva e quindi i relativi costi a carico del Ssn; diminuire l'incidenza degli eventi avversi; aumentare il livello di trasparenza e accesso alle informazioni da parte dei cittadini rispetto alla qualità e sicurezza delle strutture sanitarie.

Per quanto riguarda il nostro Movimento tutta l'attenzione è già puntata sul come garantire e rendere effettive quelle parti della Legge che intervengono positivamente sui diritti dei cittadini (es. sicurezza delle cure, trasparenza, fondo di garanzia) ma nello stesso momento capire come possiamo modificare, anche attraverso il ricorso a cause pilota, quelle misure del testo che li penalizzano. Vigileremo su questa Legge attraverso l'attivazione di un Osservatorio ad hoc in grado di rilevare e denunciare in tempo reale le criticità che rileveranno cittadini, Istituzioni e professionisti, con l'obiettivo di proporre azioni per il loro superamento, insieme a tutti quei soggetti che vorranno collaborarvi.

Le ombre che rimangono
L'assunto della “moda del risarcimento del danno” che sta alla base del Ddl nella parte che rivede i profili della responsabilità civile del personale sanitario non trova un riscontro nei dati istituzionali più aggiornati. Infatti, se 1000 persone su 10.000 che entrano in ospedale (10 su 100) vanno incontro a un evento avverso (dato OMS 2016), stando ai dati Agenas 2015, le richieste di risarcimento del danno per lesioni personali e decessi è molto più basso: 9,79 su 10.000 dimissioni, vale a dire lo 0,1%. Di questi vengono liquidati il 2,7%.

La vera priorità sulla quale è necessario lavorare è la prevenzione e gestione del rischio clinico. Dal risarcimento all'indennizzo! Attraverso il richiamo alle tabelle del codice delle assicurazioni private il Ddl consolida il principio secondo il quale il danno cagionato ad una persona è “indennizzabile” anziché “risarcibile”. Mentre il risarcimento pone al centro la lesione prodotta al cittadino senza limitazioni nell'accertamento, le tabelle alle quali si fa riferimento nel testo e la conseguente idea di indennizzo è invece un modo per fissare un tetto rigido alla quantificazione del danno. Si afferma quindi una tecnica risarcitoria che sposta l'attenzione dall'interesse del cittadino (diritto alla riparazione del torto subito) a quello di chi liquida il danno (contenere al massimo le “uscite”). Un paradigma questo che ci preoccupa molto.

Se l'onere della prova a carico del cittadino è stabilito dalla Legge. Decidere con Legge che il rapporto tra cittadino e professionista sanitario (pubblico, convenzionato e in regime di libera professione intramoenia) è di tipo extracontrattuale vuol dire teoricamente porre l'onere della prova a carico del primo e dimezzare da 10 a 5 anni i termini di prescrizione dell'azione risarcitoria. Obiettivi questi che potrebbero però non essere raggiunti cosi facilmente per due motivi.

Il primo. In più occasioni la Corte Costituzionale ha affermato il principio secondo il quale la qualificazione dei rapporti tra le parti spetta in ultima analisi al giudice che deve valutare il caso concreto.

Il secondo. La giurisprudenza afferma il principio processuale ma anche sostanziale di vicinanza della prova a garanzia del diritto alla difesa sancito dall'Art. 24 della Costituzione. Il principio di vicinanza della prova prevede che l'onere della prova debba essere ripartito tenendo conto in concreto della possibilità per l'uno o per l'altro dei contendenti di provare circostanze che ricadono nelle rispettive sfere d'azione, per cui è ragionevole gravare dell'onere probatorio la parte a cui è più vicino il fatto da provare.

Applicando tale principio al comportamento sanitario significa che la prova (del comportamento dovuto) ricadrà, anche nel caso di responsabilità extracontrattuale ex art 2043 cc, sempre sul soggetto che tecnicamente è in grado di fornirla, nel nostro caso il personale sanitario, che tra l'altro “forma” la prova redigendo la cartella clinica. In conclusione affermare che la responsabilità del personale sanitario è regolata dall'art. 2043 del c.c , non offrirebbe quelle garanzie al personale che lo stesso DDL ha promesso, ingenerando invece possibili e ulteriori confusioni.

La cartella clinica è l'unica prova? L'aver previsto di attivare un giudizio attraverso il procedimento ai sensi del 702-bis significa consentire alla persona che ha subito un danno di utilizzare come strumento probatorio solo le prove documentali, in primis la cartella clinica, e non invece tutti gli strumenti probatori su cui invece potrebbe contare in un giudizio ordinario, come ad esempio la testimonianza. Infatti la cartella clinica e la documentazione sanitaria devono essere letti insieme agli altri fatti che “completano” la vicenda e che potrebbero orientare, od anche ribaltare, la decisione.

Ecco ciò che migliora
È certamente un passo in avanti molto importante quello di aver riconosciuto con legge l'importanza della sicurezza delle cure come elemento qualificante il Diritto alla Salute, prevedendo tra l'altro l'istituzione in tutte le Regioni di un “Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente” con l'obiettivo di raccogliere dati su rischi ed eventi avversi. Bene anche le misure previste in tema di trasparenza e accesso alle informazioni da parte dei cittadini sulla qualità e sicurezza delle cure di ciascuna struttura sanitaria: viene previsto l'obbligo per ogni struttura sanitaria di predisporre una relazione annuale sugli eventi avversi, sulle cause e sulle relative azioni messe in atto, da pubblicare sul proprio sito internet. Tale misura va anche incontro alle indicazioni contenute nella Direttiva Europea sulle cure transfrontaliere e i diritti dei pazienti di rendere accessibili ai cittadini le informazioni sugli standard di qualità e sicurezza che le strutture garantiscono.

Nella direzione giusta l'obbligo di rilascio della cartella clinica entro sette giorni dalla richiesta, ora si può attendere anche trenta, sessanta, novanta e più giorni. Un risultato questo frutto del forte impegno del nostro Movimento per introdurre nel testo “contrappesi” a favore del cittadino. Insieme a questa misura un altro risultato raggiunto da Cittadinanzattiva-Tdm è quello della previsione nel bilancio delle strutture sanitarie di un fondo rischi per dare certezze ai cittadini di accedere al risarcimento del danno riconosciuto, “blindandolo”. In questa stessa direzione anche la previsione del Fondo di garanzia, il sistema di vigilanza e controllo sulle imprese di assicurazione e la fissazione dei requisiti minimi delle polizze assicurative e delle autoassicurazioni.

Queste ultime, quando ben concepite e controllate, consentono di conseguire risultati duplici. Lo mostrano ad esempio le esperienze di regioni che, avendole attivate, hanno previsto nel sistema di gestione in proprio del risarcimento, non solo un “risparmio” nei costi dei premi assicurativi, ma soprattutto una responsabilizzazione e spinta nelle aziende sul fronte della prevenzione del rischio. Questo effetto positivo per “imparare dall'errore”, fondamentale per i cittadini, è favorito dal meccanismo che vede realizzare la valutazione del danno dai medesimi soggetti che hanno poi la funzione di prevenirlo e che, quindi, hanno tutti gli interessi di impedire la ripetizione dello stesso evento per il futuro.


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