In parlamento

Niente obbligo, avanti tutta su prevenzione e farmacovigilanza. Ecco i vaccini secondo Dirindin

di Barbara Gobbi

Esclusiva. «Imporre un obbligo vaccinale per l’ingresso a scuola potrebbe apparire semplice, ma siamo sicuri che sia la strada giusta per ridurre lo “scetticismo vaccinale”?». È questo dubbio amletico la cifra distintiva del disegno di legge “Disposizioni in materia di malattie infettive prevenibili con vaccinazioni”, prima firmataria la senatrice Nerina Dirindin (Art. 1-MDP), che approccia il tema vaccini con tutt’altra ratio, rispetto a quella adottata dal Governo nel decreto legge, varato due settimane fa dal Consiglio dei ministri, che introduce l’obbligo vaccinale a scuola per 12 profilassi. Pena l’impossibilità di iscrivere il bambino a nidi e materne e sanzioni salatissime, per le famiglie inadempienti: potenzialmente fino alla perdita della potestà genitoriale e al pagamento di 7.500 euro di multa.

Nei suoi 8 articoli, il Ddl Dirindin riparte in pieno da prevenzione e informazione, guarda alla sinergia con Regioni e genitori, ripensa la stesura del Piano nazionale vaccini, rilancia una farmacovigilanza strettissima, basata sui dati raccolti e inviati costantemente per via telematica dalle Regioni, prevede interventi d’urgenza e di coercizione “con il bisturi”, cioè solo in caso di emergenza effettiva e certificata, abroga le precedenti norme sull’obbligo vaccinale, relative ad antidifterica, antipolio, anti epatite B e antitetanica. Ricordando come questa attenga, tra l’altro, a una malattia che non è contagiosa e per la quale, quindi, non ha senso prevedere imposizioni.

La premessa al Ddl è assolutamente pro vax: «Le vaccinazioni - si legge nell’introduzione all’articolato - costituiscono uno degli interventi più efficaci e sicuri a disposizione della Sanità Pubblica per la prevenzione delle malattie infettive (e non solo)». Peccato però che «nell’attuale dibattito sulle vaccinazioni sembrano purtroppo prevalere fattori (pseudo)culturali, economici e di appartenenza che rischiano di aver più peso delle evidenze scientifiche. Negli ultimi mesi, abbiamo infatti assistito a un susseguirsi di dichiarazioni, anche contrastanti e prive di robuste motivazioni, provenienti da soggetti che per il loro ruolo dovrebbero sentirsi invece tenuti, soprattutto su un tema così delicato, alla massima obiettività, evitando facili slogan, guerre ideologiche e inutili allarmismi. Il presente disegno di legge si propone quindi di riportare il dibattito entro i confini delle evidenze e del buon funzionamento dei servizi di sanità pubblica».

A mancare, secondo gli estensori del testo, sarebbero gli stessi presupposti epidemiologici: «i dati riportati nel Piano vaccini 2017-2019 - scrivono - non fotografano una condizione di eccezionale emergenza per tutti i vaccini e in tutto il territorio nazionale». Né sarebbero state indagate le motivazioni alla base della reticenza dei genitori a vaccinare. Mentre «è solo riflettendo sulle motivazioni di tali comportamenti che può essere condotta una valutazione seria delle misure (...) che possono essere adottate per contrastare con efficacia la mancata adesione alla pratica vaccinale». La ricetta? «Ascoltare i genitori, produrre informazioni facilmente comprensibili, oggettivare i benefici e i rischi delle vaccinazioni». Ingredienti che, sottolineano i senatori, «non possono essere trascurati né tanto meno improvvisati». «Buoni risultati» si otterrebbero invece con un approccio «che favorisca l’adesione consapevole e responsabile al programma vaccinale, evitando per quanto possibile un approccio prescrittivo e sanzionatorio». La Regione Veneto ne sarebbe testimone, a dieci anni dall’abolizione dell’obbligo vaccinale.

Da qui la scelta di intervenire con l’obbligatorietà solo se questa si rivela effettivamente necessaria, «con strumenti proporzionati e utili rispetto agli obiettivi di prevenzione delle malattie infettive che tutti condividiamo». L’articolo 5 regola le «situazioni conseguenti a eventi eccezionali o di difetto di copertura vaccinale, prevedendo un ruolo di stimolo e all’occorrenza di supllenza da parte del Governo, che adotta i provvedimenti necessari o nomina un commissario ad acta». In caso di emergenze locali su tassi di copertura o situazioni epidemiologiche per determinate malattie, può intervenire il sindaco su segnalazione della Asl, in base al ruolo che gli è già attribuito dalla legge.

Nel frattempo, la fiducia delle famiglie si riconquista a suon di informazione, che è vero e proprio “tempo di cura”, e grazie alla definizione di standard di qualità delle attività vaccinali da parte del ministero della Salute. Mentre efficaci politiche di sorveglianza e di contrasto degli eventi avversi deriverebbero dalla sinergia Aifa-Regioni. Con tanto di indennizzi equi, per danni irreversibili da vaccino.


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