In parlamento

Farmacie, cosa cambia con il Ddl concorrenza per distribuzione e punti vendita

di Riccardo Fruscalzo ( counsel del dipartimento di Proprietà Intellettuale di Hogan Lovells)

Dopo una lunga e tormentata gestazione, il Senato ha definitivamente approvato ieri il Disegno di Legge sulla concorrenza (Ddl n. 2085-B). La nuova legge raccoglie alcune delle raccomandazioni dell'Autorità garante per la concorrenza e il mercato (Agcm) volte ad aumentare la concorrenza nel settore della distribuzione farmaceutica. Sebbene taluni suggerimenti dell’Agcm al non siano stati accolti, la nuova disciplina sulla proprietà delle farmacie potrebbe avere conseguenze non meno dirompenti. Ecco cosa cambierà nell'ambito della distribuzione farmaceutica.

Un sistema al tramonto?
L’Agcm, nella proposta di riforma concorrenziale inviata al Parlamento nel 2014, aveva rilevato che, tra gli altri aspetti, i limiti legali alla proprietà delle farmacie limitava la concorrenza nel settore della distribuzione dei farmaci. Secondo la normativa previgente, la proprietà di una farmacia poteva essere intestata unicamente a persone fisiche, a società di persone o a società cooperative a responsabilità limitata. I proprietari dovevano inoltre essere necessariamente farmacisti che avessero conseguito l'idoneità in un concorso per sedi farmaceutiche. Le società di capitali non potevano pertanto avere la proprietà di una farmacia. Inoltre, ciascun farmacista non poteva essere proprietario di più di una farmacia, mentre le società cooperative a responsabilità limitata non potevano superare il limite di quattro farmacie. Infine, la gestione della farmacia doveva essere necessariamente affidata a uno dei soci (ossia a un comproprietario).
Queste limitazioni si inserivano in un contesto normativo restrittivo, che peraltro non è stato toccato dalla disciplina appena approvata. Ci riferiamo, in particolare, alla possibilità di aprire nuove farmacie e all'attribuzione di sedi divenute vacanti, al numero e alla distribuzione territoriale, alle procedure previste per l'assegnazione delle nuove sedi e per il conseguimento dell'idoneità a divenire titolare di una farmacia.
Visto il quadro normativo previgente, non sorprende che sinora in Italia non vi sia stato lo spazio per lo sviluppo di catene di distribuzione al dettaglio nel settore farmaceutico. Catene che costituiscono invece una realtà molto importante in altri Paesi, come il Regno Unito o gli Stati Uniti. I limiti alla proprietà hanno poi determinato inevitabilmente una riduzione delle possibilità d'investimento in questo settore. Ciò ha inevitabili ricadute sul ventaglio di prodotti e servizi che sono offerti ai consumatori e sugli orari di apertura al pubblico. La dimensione a carattere personale dell'attività svolta dalle farmacie riduce l'efficienza, con il conseguente aumento dei costi che ricadono in ultima analisi sull'utente finale.

Come la nuova legge cambia il settore
La normativa ora approvata prevede che d'ora in avanti una società di capitali potrà essere proprietaria di una farmacia e delle relative autorizzazioni al suo esercizio. Vengono inoltre meno i limiti quantitativi al numero di farmacie che possono essere detenute da un unico soggetto. Perciò, una società di capitali potrà essere proprietaria di un numero virtualmente illimitato di farmacie sul territorio nazionale, salvo il rispetto del limite, introdotto dalla nuova legge, di un massimo del 20% delle farmacie presenti nella stessa regione o provincia autonoma.
Accanto alla disciplina sulla proprietà, la legge prevede ora la piena libertà della farmacia nello stabilire gli orari di apertura. Infine, viene meno l'obbligo che il gestore della farmacia sia uno dei soci, ossia un proprietario della farmacia. Rimane tuttavia ferma la necessità che la gestione della farmacia sia assegnata a un professionista che abbia conseguito l'idoneità in un concorso per sedi farmaceutiche, così da tutelare il consumatore.
L'eliminazione del vincolo alla gestione è coerente con il nuovo assetto sulla proprietà delle farmacie. La società di capitali che sia proprietaria di più farmacie sparse sul territorio dovrà infatti dotarsi di una struttura di gestione e organizzazione del tutto indipendente dai soggetti che ne detengono la proprietà. Al contempo, l'organizzazione dovrà essere idonea a fornire le stesse garanzie, stabilite in precedenza, di tutela degli interessi pubblici e di professionalità richiesti nella gestione del servizio di distribuzione farmaceutico.

La tutela dei consumatori è comunque assicurata
Lo svolgimento del servizio di distribuzione farmaceutica rimane infatti sottoposto alla previgente normativa, intesa a garantire la qualità e la professionalità del servizio a tutela dei cittadini. Rimangono ferme le norme che garantiscono la copertura territoriale e le modalità di prestazione del servizio. Perciò, a fronte della proprietà di una farmacia detenuta da una società di capitali, sarà sempre un farmacista ad occuparsi della vendita dei medicinali e del servizio di assistenza ai consumatori.

Il raccordo delle nuove norme con la disciplina previgente
La cautela del legislatore, che ha deciso di non intervenire sugli aspetti della disciplina non collegati direttamente alla proprietà della farmacia, potrebbe tuttavia dar luogo a talune difficoltà di coordinamento con le norme che non sono state modificate. In particolare, appare discutibile la decisione di non modificare la disciplina applicabile al trasferimento della titolarità delle farmacie, perché i limiti posti dalla legge non sembrano coerenti con la finalità della nuova disciplina, rendendo inutilmente difficoltosa la circolazione dei diritti di proprietà, e di conseguenza, riducendone il valore a discapito dei titolari. Tale disciplina appariva invece coerente con il precedente assetto, che vincolava la proprietà e la gestione della farmacia alla persona del farmacista. Titolarità che pertanto non era ordinariamente cedibile se non a determinate condizioni.
La nuova legge stabilisce che la partecipazione alle società di capitali proprietarie di farmacie è incompatibile con qualsiasi altra attività svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonché con l'esercizio della professione medica. Alle società di capitali si applicano inoltre, per quanto compatibili, le disposizioni previgenti. Sebbene sia chiaro il divieto per le società farmaceutiche di detenere partecipazioni di società di capitali proprietarie di farmacie, meno chiaro è fino a che punto tale divieto si applichi nel caso in cui la partecipazione non sia diretta. Inoltre, non è di immediata comprensione come tale disciplina sulle incompatibilità trovi applicazione nel caso di società di capitali a partecipazione diffusa presso il pubblico, non potendosi escludere che una partecipazione non di controllo sia detenuta da un soggetto che determina l'insorgenza del conflitto. Il richiamo alle incompatibilità previgenti, disciplinate nell'articolo 8 della Legge n. 362 dell'8 novembre 1991, poi, appare alquanto problematico, trattandosi di ipotesi che presuppongono un'attività personale (ad esempio, di lavoro dipendente, o di gestione o collaborazione con altra farmacia), non facilmente riferibile a una società di capitali.
Altre previsioni della vecchia disciplina, non modificate dalla legge in esame, riguardano il caso di successione mortis causa del proprietario farmacista e non è chiaro fino a che punto tale normativa potrebbe applicarsi nel caso di liquidazione de della società di capitali, o nel caso di altri eventi che riguardino tale società, come una fusione o incorporazione in altra società. Lo stesso può dirsi della norma che regola il venire meno della pluralità dei soci, o che stabilisce la sanzione di sospensione del farmacista dall'albo professionale per un periodo non inferiore ad un anno. Se si può ipotizzare che tale sanzione si applichi al farmacista gestore incaricato dalla società di capitali, tale interpretazione analogica di una fattispecie sanzionatoria appare problematica.
Benché si comprenda l'opportunità politica ravvisata dal legislatore di intervenire il meno possibile su aspetti della disciplina diversi dalla proprietà della farmacia, la cui modifica avrebbe probabilmente determinato un'opposizione più ferma delle categorie interessate, non v'è dubbio che ciò determina alcuni problemi di interpretazione.

Nuove opportunità per i consumatori e gli investitori in Italia
Lo scorso anno ha visto un notevole incremento degli investimenti esteri in Italia, anche nel settore farmaceutico. Ciò è certamente molto positivo. La nuova normativa sulla proprietà delle farmacie apre a possibili scenari di riorganizzazione della distribuzione del farmaco in Italia, sia attraverso l'adozione di strumenti di organizzazione societaria da parte degli attuali proprietari di farmacie (ad esempio, favorendone l'aggregazione), sia da parte di investitori esteri già attivi con successo in questo settore in altri Paesi. Nel medio termine, è ragionevole ritenere che la nuova disciplina possa contribuire a un miglioramento dell'efficienza della distribuzione farmaceutica nel mercato italiano, a un ampliamento dei servizi offerti al pubblico da parte delle farmacie e, infine, a una riduzione dei prezzi dei prodotti farmaceutici.
Sebbene in Italia la riduzione del costo dei medicinali sia stata spesso collegata al numero delle farmacie presenti sul territorio, l'esperienza di altri Paesi dimostra che la riduzione del costo dipende dall'efficienza del sistema di distribuzione più che dal numero di esercizi commerciali. Le piccole dimensioni di tali esercizi si dimostra infatti non raramente un ostacolo insuperabile alla riduzione del costo oltre una determinata soglia.
Le nuove norme, andando a incidere sul presupposto fondamentale della proprietà della farmacia, eliminano uno dei principali limiti allo sviluppo di una distribuzione farmaceutica organizzata su larga scala. Ciò nonostante, il mantenimento di importanti restrizioni al numero e all'apertura di nuove sedi, imporrà inevitabilmente una transizione graduale a un nuovo assetto distributivo, ove l'acquisizione di farmacie e la costituzione di reti distributive potrà attuarsi essenzialmente attraverso l'acquisizione di attività esistenti, determinando nel breve termine un'opportunità in più soprattutto per gli attuali proprietari di farmacie presenti sul territorio.


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