In parlamento

Legge di Bilancio/ Pisauro (Upb) in audizione: «Da rinnovo contratti aggravio di costi per il Ssn». E poi: «Quali risorse per il 2020?»

di Red.San.

I contratti, il Fondo sanitario che verrà, il contributo del “Rei”, il Reddito d’inclusione, nel contrasto alla povertà. Questi, tra gli altri, i temi affrontati dal presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro, durante l’audizione sulla manovra davanti alle V commissioni riunite di Camera e Senato. «È evidente che il rinnovo del contratto comporta un aggravio di costi per il sistema sanitario, ma vale per tutta l’area delle amministrazioni locali», ha spiegato Pisauro, rispondendo alle domande di deputati e senatori. Nella legge di Bilancio per il prossimo triennio, osserva, «c’è lo stanziamento per il rinnovo per lo Stato mentre i rinnovi di tutti gli enti esterni devono essere finanziati con le risorse proprie». È chiaro «che questo renda situazione della sanità più complessa, più difficile». Peraltro il Fondo sanitario «non compare in questo ddl, perché è confermata l’evoluzione prevista dalla normativa vigente. Sorge il dubbio di quale sarà il finanziamento per il 2020».

Il Rei non scongiura la povertà. La manovra del 2015 da cui origina il Rei, si ricorda poi nel documento che l'Upb ha consegnato alle commissioni Bilancio di Senato e Camera, ipotizzava di agganciare il sostegno economico alla distanza dei redditi del beneficiario dalla soglia di povertà assoluta. Già sulla definizione, osserva Pisauro, c'è un problema visto che l'Istat valuta «la soglia di povertà in termini di consumi, il Rei in termini di reddito». Se il beneficiari del Rei rappresentano circa il 44% dei poveri assoluti registrati dall'Istat, «le soglie previste per l'importo del ReI, raffrontate con quelle Istat per la povertà assoluta (diversificate a seconda del tipo di famiglia e del luogo di residenza), oscillano - si legge ancora nel documento - tra il 45 per cento del nucleo monocomponente al Nord e il 55 per cento del nucleo monocomponente e della coppia con due figli al Sud». L'importo massimo dell'assegno, si ricorda, viene aumentato con la legge di Bilancio, ed è parametrato sulla differenza tra il reddito disponibile e la soglia, pari a 3mila euro per nucleo monocomponente e che varia secondo il numero dei componenti del nucleo in base alla scala di equivalenza dell'Isee al netto delle maggiorazioni, ed è ridotto del 25 per cento in prima applicazione. Il beneficio massimo è pari a 187,5 euro mensili per un componente, 294,38 euro per due componenti, 382,5 per tre componenti, 461,25 per quattro componenti e circa 534 per cinque o più componenti. Anche la platea viene ampliata di circa 200mila famiglie - con i paletti che cadono del tutto da metà 2018 - arrivando a interessare 700mila nuclei e 1,8 milioni di persone. Nell'ipotesi che il Rei raggiunga esclusivamente i nuclei considerati in povertà assoluta, si precisa ancora nel documento, l'introduzione del Rei non dovrebbe indurre modifiche nel head count ratio dei poveri, in quanto «il reddito di riferimento del Rei, pari alle risorse di cui il nucleo potrà disporre dopo aver ricevuto il beneficio, appare generalmente inferiore alle soglie di povertà assoluta dell'Istat».
L'impatto del Rei, conclude l'Upb, «appare dunque rilevante, ma lo strumento resta ancora insufficiente a superare il problema della povertà assoluta in Italia».


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