In parlamento

Ddl Bilancio: con un fondo specifico e prestazioni Lea, prima vittoria per i disturbi dell'alimentazione

di Leonardo Mendolicchio *

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24 Esclusivo per Sanità24

Circa dagli anni 2000 l’epidemia dei disturbi del comportamento alimentare ha attirato l’opinione pubblica attraverso la stampa e la tv.
Infatti, all’inizio dello scorso ventennio ci fu un’impennata di casi di giovani donne affette da anoressia e bulimia; epidemia che seguì quella dei primi anni ‘90 che fu caratterizzata dalla polemica sull’ enfasi da parte del mondo della moda per la magrezza estrema.
Dal 2000 in poi In Italia c’è sempre stato un’importante gap tra i bisogni di cura di giovani adolescenti affetti da disturbi alimentari e l’offerta sanitaria presente sul territorio. Tale gap non ha fatto altro che peggiorare la qualità della vita dei pazienti che da allora soffrivano di questo tremendo male, s ia coloro che negli anni successivi avrebbero iniziato a soffrirne.
In Italia infatti, sono presenti su tutto il territorio nazionale circa 900 posti letto tra cliniche private convenzionate, ospedali pubblici, comunità terapeutiche pubbliche e convenzionate. Di questi 900 posti letto l’85% è collocato al Nord Italia e di certo non può rispondere ai bisogni di cura di circa tre milioni e mezzo di italiani affetti da anoressia, bulimia e dipendenze da cibo.
La sperequazione tra l’offerta assistenziale e la domanda di cura è stata la grande artefice dell’importante numero di morti che in questi anni si sono verificati a causa dei disturbi alimentari. In media in Italia per disturbi alimentari muoiono circa 3000 ragazzi, nel 2020 a causa nella pandemia da COVID-19 i morti sono stati circa 5000. L’incremento drammatico è dovuto di certo all’aumento della prevalenza della malattia causa covid, ma anche a causa del fatto che l’esile tessuto assistenziale presente sul territorio non ha retto l’emergenza sanitaria.
A causa di queste problematiche erano anni che associazioni di familiari, pazienti e medici cercavano di pungolare l’opinione pubblica e la politica nel tentativo di sensibilizzare sistema per potenziare l’offerta di cura presente sul territorio. In particolar modo negli ultimi tre anni c’è stato un incremento di tale attività di sensibilizzazione come ad esempio la docuserie proposta da RAI3 intitola ta “fame d’amore” che ha riportato alla ribalta il dramma della cura dei disturbi alimentari in Italia. Oppure come l’insistente opera di lobbying da parte delle associazioni dei familiari che ha sensibilizzato in modo costante il mondo politico regionale e nazionale. Questi movimenti hanno fatto si che settimana scorsa il Parlamento e il Governo nazionale abbiamo recepito l’allarme sui disturbi alimentari inserendo in legge di bilancio un capitolo di spesa specifico per tali patologie. Sono stati infatti stanziati 25 milioni di euro che verranno ripartiti tra le Regioni e in più sono stati estesi le prestazioni LEA (livelli essenziali di assistenza) dei disturbi alimentati che saranno individuati al di fuori del capitolo della “salute mentale” . Questo è un primo passo che probabilmente inverte la tendenza che va avanti da circa vent’anni, caratterizzata da pochi strumenti e molta solitudine vissuta dalle famiglie, dai i pazienti ed agli operatori del settore. Invertire la tendenza vuol dire innanzitutto iniziare ad immaginare una cura diffusa sul territorio, inclusiva e innovativa con l’obiettivo di ridurre drasticamente la mortalità di tale patologia e di iniziare a lavorare su programmi preventivi che nell’arco di un lustro possano ridurre la prevalenza e l’impatto dei disturbi alimentari.

* Direttore U.O. Riabilitazione dei Disturbi Alimentari e della Nutrizione - Auxologico Piancavallo
Direttore Centro Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA)


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