In parlamento

Ddl Concorrenza: un’occasione per tutelare e migliorare la lavorazione del plasma italiano

di Gian Franco Massaro*

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24 Esclusivo per Sanità24

Il Disegno di legge sulla Concorrenza, in discussione al Senato, tocca anche il tema della lavorazione del plasma italiano, derivante dalle donazioni di sangue di oltre un milione e mezzo di donatori.
Il Governo, al fine di evitare una possibile procedura d’infrazione, intende rimuovere i limiti attualmente in essere alla possibilità di stipulare convenzioni con le Regioni italiane per la lavorazione del plasma che oggi escludono alcune aziende europee perché hanno stabilimenti in Paesi dove il plasma è ceduto a fini di lucro, o in Paesi dove il plasma non è lavorato in regime di libero mercato.
Va ricordato che il plasma raccolto in Italia, totalmente di proprietà pubblica, è sufficiente per produrre circa il 70% dei plasma-derivati necessari per i pazienti italiani, mentre il rimanente 30% dei prodotti è reperito sul mercato e proviene da plasma raccolto all’estero, di proprietà delle aziende.
La riforma della norma, così come prevista dal Ddl Concorrenza, come dicevamo allarga il campo delle aziende che possono concorrere per aggiudicarsi le gare per lavorare il plasma italiano. Questo allargamento consentirà a tutte le multinazionali e anche alle Aziende di Stato di altri Paesi, e in quanto tali monopoliste, di poter concorrere per la lavorazione del plasma nazionale.
Balza agli occhi, oltre alla necessità di ribadire con nettezza il valore etico della donazione volontaria e gratuita di sangue e plasma, alla base del nostro sistema in linea di principio, che la vera questione da affrontare è una sola: come tutelare i plasma-derivati nazionali dal rischio che un’Azienda che si trova a produrli, e nello stesso tempo a venderne di equivalenti nell’arena commerciale, non privilegi i secondi a scapito dei primi, non fosse altro per i prezzi più alti?
Una possibile soluzione che appare razionale e praticabile - peraltro si vocifera non sgradita a Bruxelles se non direttamente suggerita dalla Commissione Europea – consiste nel separare completamente i due canali, evitando il rischio sopra descritto; non consentendo cioè all’Azienda che stipula una convenzione per frazionare il plasma di alcune Regioni (l’Italia è divisa in 4 raggruppamenti di Regioni e quindi si stipulano 4 diverse convenzioni) di immettere prodotti commerciali nello stesso ambito territoriale.
Questa modifica, di semplice attuazione, metterebbe al riparo da un rischio già esistente con la norma in vigore, ma reso ben più minaccioso dalla modifica prospettata: vogliamo davvero, ad esempio, che l’Azienda di Stato francese, monopolista nel suo Paese, possa lavorare il plasma italiano, e nello stesso tempo vendere in Italia prodotti commerciali? O che una multinazionale possa trovarsi in posizione di forza rispetto al nostro sistema pubblico, privilegiando i propri prodotti rispetto a quelli derivati dai donatori italiani?
L’occasione per trasformare in una buona riforma a garanzia dei pazienti italiani quello che oggi appare solo un adempimento formale ce l’abbiamo: spero che il Governo e il Parlamento la vogliano sfruttare, evitando la procedura d’infrazione con l’apertura a tutte le aziende europee senza alcuna discriminazione, ma, al contempo, legiferando in modo che chi produce plasma-derivati da donazioni italiane sia concentrato sulla valorizzazione del prodotto nazionale, senza perseguire obiettivi commerciali inopportunamente sovrapposti.

*President IFBDO e FIODS


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