In parlamento

Decreto Energia/ Per supplire ai concorsi deserti va giocata la carta del contratto di somministrazione

di Stefano Simonetti

S
24 Esclusivo per Sanità24

In questi giorni sono febbrili le manovre politiche legate alla conversione in legge del Dl 34/2023 – il cosiddetto "decreto energia" - che deve avvenire entro il 29 maggio. Lo scorso martedì 11 si sono svolte presso la Commissione Affari sociali della Camera le audizioni degli stakeholder interessati ad alcune parti del decreto e, in particolare, agli artt. 8-16. Sono così stati ascoltati molti sindacati e ordini professionali che hanno rappresentato le loro istanze. Inoltre, le Regioni hanno presentato una serie di emendamenti, molti dei quali appaiono di buon senso mentre altri potrebbero addirittura peggiorare il testo del decreto. I contenuti degli artt. 10-16 sono stati commentati su questo sito il 3 aprile scorso ma ora vorrei porre l'attenzione su una proposta di modifica strettamente connessa alla famigerata questione dell'affidamento dei servizi istituzionali ai medici a gettone. Altri interessanti aspetti delle norme da convertire saranno analizzati nei prossimi giorni. Si diceva dell’art. 10, rispetto al quale un emendamento vorrebbe addirittura eliminare i paletti temporali nonché estendere la platea dei servizi. Molto più interessante è, invece, la ipotesi di un articolo aggiuntivo che, per supplire ai concorsi deserti, preveda il contratto di somministrazione invece dell'affidamento alle cooperative.
Il tema è molto complesso e chi scrive già dal 2020, al momento dell'entrata in vigore del Ccnl della dirigenza sanitaria, aveva ritenuto che la mancanza di una norma omologa a quella del comparto (art. 59 di allora) fosse un errore strategico. Infatti, si deve tenere conto che nei confronti delle figure professionali del comparto esiste un vincolo stabilito dal contratto collettivo – assente, come detto, in quello dell’Area della dirigenza sanitaria – che è il comma 9 dell’art. 72 del Ccnl del 2 novembre 2022 (già presente, peraltro, nel contratto del 2018) che testualmente afferma che "è fatto divieto alle Aziende ed Enti di attivare rapporti per l’assunzione di personale di cui al presente articolo con soggetti diversi dalle agenzie abilitate ai sensi della vigente normativa in materia di lavoro somministrato". Dalla clausola contrattuale si dovrebbe, dunque, dedurre che l’unica forma di esternalizzazione per il personale del comparto sia il lavoro in somministrazione: perché allora non utilizzare questa opportunità anche per i medici? Le mie considerazioni di qualche anno fa trovarono poi un avallo nel "bando Arcuri" con il quale vennero reclutati in somministrazione migliaia di medici per la campagna vaccinale contro il Covid.
L’emendamento di cui si parlava consentirebbe alle aziende sanitarie di acquisire personale sanitario per garantire l’erogazione dei Lea, nell’ipotesi di oggettiva impossibilità di reclutare personale dipendente, ricorrendo a contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, ai sensi degli artt. 30 e segg. del d.lgs. 81/2015 - come già consentito per il personale del comparto - in deroga al divieto posto dall’articolo 36, comma 2, quinto periodo del decreto 165/2001. La norma del Tupi citata, parlando delle forme di lavoro flessibile, afferma che "... Non è possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro per l'esercizio di funzioni direttive e dirigenziali". Quest’ultima affermazione necessita di un approfondimento e di essere contestualizzata. Infatti, il vigente Ccnl per il comparto, all’art. 72, disciplina il lavoro in somministrazione e lo esclude espressamente per il personale dell’area di supporto e, per le aree 3 e 4, non è consentito per i dipendenti addetti a vigilanza e ispezione. Il contenuto sostanziale di questa clausola è uguale al precedente art. 59 del Ccnl del 21.5.2018.
È molto difficile interpretare la locuzione usata dal 165 di "esercizio funzioni direttive" alla luce dei contratti che sono seguiti. Anche nel Ccnl delle Funzioni centrali del 12.2.2018, all’art. 56 (non riformulato nel 2022) si prevede l’esclusione del personale che esercita attività di vigilanza nonché dei profili delle aree iniziali.
Non ho alcun dubbio che debba essere applicato quanto previsto dal contratto collettivo, perché la norma è chiara ed esplicita mentre quella del 165 - oltre a risalire a 15 anni fa – è troppo indistinta e generica. Sul contratto di somministrazione, dal 2015 sono in vigore le norme di cui agli artt. 30-40 del d.lgs. 81/2015 che sulla questione non dicono nulla. Inoltre, entrambi i contratti del 2018 e del 2022 che consentono di avere collaboratori amministrativi in somministrazione – cioè coloro che sarebbero in teoria i titolari di "funzioni direttive" - sono passati al controllo della Corte dei conti: possibile che un abbaglio così grande non sia stato notato dall’Organo contabile?
Questo per ciò che concerne il personale direttivo; veniamo all’altra fattispecie, quella delle "funzioni dirigenziali". Innanzitutto la collocazione sistematica della norma e i riferimenti generali non possono che far valere il divieto per i dirigenti delle amministrazioni centrali dello Stato, la cui disciplina contenuta negli artt. 13-29 del Capo III del decreto 165 è soggetta al principio dell’adeguamento da parte delle altre amministrazioni, come sancisce l’art. 27. Inoltre, la dirigenza sanitaria è, come noto, una dirigenza che gode di una normativa speciale per moltissimi aspetti, quella contenuta nel d.lgs. 502/1992. In buona sostanza, il divieto di ricorrere al contratto di somministrazione per medici che dovrebbero svolgere funzioni assistenziali non ha ragione di essere, in quanto la ratio del divieto è collegata alla particolare sfera di autonomia e di prerogative della dirigenza, caratteristiche che non possono considerarsi assolute proprio alla luce del ricordato principio dell’adeguamento. Va, inoltre, considerato che tali prerogative non sussistono pienamente nei confronti dei dirigenti medici dipendenti che svolgono esclusivamente funzioni professionali riconducibili a quelle descritte nel secondo comma, lettera d) dell’art. 18 del Ccnl del 19.12.2019, cioè la maggioranza dei dirigenti medici e sanitari. Resta ovviamente escluso il ricorso al contratto di somministrazione per tutti i dirigenti cui sono affidati gli altri incarichi. In conclusione, anche a legislazione vigente, secondo me è possibile ricorrere al contratto di somministrazione per funzioni assistenziali prive di carattere gestionale; tuttavia se si ritiene necessaria una precisazione legislativa che espliciti la deroga all’art. 36, ben venga l’emendamento che, tra l’altro, ipotizza anche una stabilizzazione del personale interessato.


© RIPRODUZIONE RISERVATA